Impantanati nell’inferno on line
[Sesto Girone della Rubrica All’Inferno, scrittore esordiente!]
Diverse cose dovrebbero farvi rizzare le orecchie:
«Pubblichiamo nuovi autori, anche raccolte poetiche, saremo lieti di leggere il vostro materiale, ci faremo vivi in tempi brevi».
Solitamente il banner è accattivante e compare in ogni pagina in cui sia presente il tag “esordiente”, parolina magica che identifica un sognatore pronto a essere infarinato e fritto. Insomma, vi stanno chiedendo dei soldi.
Inutile dire che alcuni raccontastorie a portafoglio aperto vi faranno credere che la pratica è non solo usuale, ma del tutto corretta. Qualcuno, infatti, cercherà di spiegarvi che i libri a pagamento valgono quanto quelli editi in maniera gratuita.
Il profumo della creatività ce lo rivela — incurante del nostro stupore —, raccontandoci che «spesso si crede che chi è riuscito a pubblicare senza sborsare mai nessun centesimo sia davvero un talento e che ogni sua opera, pertanto, meriti considerazione in quanto di grande valore, per il solo fatto di esser stata incentivata dalla casa editrice di turno piuttosto che dall’autore».
Se le cose stanno così, allora molti di questi autori avrebbero dovuto aderire con convinzione alla lista dei pagautori, andata invece deserta.
Questo dire e non dire, questa velata abitudine alla rottura del salvadanaio, genera qualche incomprensione. Capita di trovarsi davanti al dubbio di uno scrittore in erba che si chiede se sia lecita la richiesta di qualche migliaio d'euro per la pubblicazione di un manoscritto: «E' normale che chiedano una cifra di questa entità oppure mi stanno rifilando una truffa?». Il copia-incolla è fedele e verace, il quesito è autentico ed è quello di molti. Ribadiamolo, quindi:
pubblicare a pagamento significa stampare,
cosa che potete fare dal vostro tipografo a costi più contenuti.
A questo punto qualcuno dirà che un libro privo di ISBN non va da nessuna parte, forse scordando che anche un libro con la targa, ma senza promozione, fa la stessa fine: «Ogni giorno un libro muore», assieme ai sogni di gloria del suo autore.
Il compito dell’editoria a pagamento è far contento uno scrittore — pagante — che può finalmente sfoggiare tale titolo onorifico, ma senza esagerare. Difatti nessuno, dedito alla vanity press, si dimostrerà tanto fiero dell’investimento cartaceo da aggiungere tale hobby ai suoi dati Facebook per sbandierarlo ai quattro venti. Anzi, siamo sinceri, a volte si cercherà persino di scordare questa vicenda, ché avere in curriculum tale esperienza potrebbe abbruttire una promettente carriera, come il buon vecchio Marcello Simoni.
Ovviamente, ognuno ha la propria opinione in materia. Quella di Pensieri d’Inchiostro è che «non c’è comunque niente di male a pagare per pubblicare anche un libro che appartiene a un genere letterario commerciale [...]. Se uno è semplicemente soddisfatto dal raccontare in giro che ha pubblicato un libro e di regalarlo o venderlo alle persone che conosce, ha tutto il diritto di farlo [...]».
È bello sapere che la diplomazia non è morta, ma preferisco l’opinione di Vertigoz: «Il fatto che pubblichiate un libro a pagamento equivale a far sapere al mondo, come se ci fosse scritto in copertina in corpo 36, che il vostro manoscritto è stato rifiutato da 5000 case editrici».
Secondo Affaritaliani.it, siamo un popolo di santi, navigatori e scrittori a pagamento. Meglio allora fare un salto alla lista EAP — sta per editori a pagamento — e a doppio binario sul blog di Loredana Lipperini.
Breve spiegazione sul doppio binario: uno di quei treni che si prendono al volo... per poi accorgersi che il biglietto bisogna pagarlo; no, non sempre, lo decide il controllore caso per caso.
Da cosa nasca il doppio binario ve lo potranno spiegare solo le case editrici che praticano l'arte della morra cinese applicata all'editoria, solitamente sul sito di questi imprenditori trovate scritto qualcosa del genere: «Gli autori delle opere che saranno ritenute idonee per la pubblicazione riceveranno una proposta editoriale, che potrà prevedere o meno una co-produzione». Insomma, vi lasciano il gusto della sorpresa, e non è detto che riescano a sbalordirvi in tempi rapidi.
Prossimi a una pubblicazione free, potreste trovarvi a ricevere un’e-mail che recita: «Abbiamo ricevuto i dati delle prenotazioni delle librerie dopo il giro dei rappresentanti RCS. Sono purtroppo molto basse, il che ci rende veramente difficoltoso procedere nella pubblicazione perché siamo praticamente certi di rimetterci del denaro. Quello che possiamo proporle, a questo punto, è una forma di contribuzione al progetto, o tramite un acquisto copie da parte sua, o tramite un contributo alle spese di stampa. In sostanza dovremmo riuscire a raccogliere duemila euro».
Sono costretta ad ammettere che ci fa una figura migliore la casa editrice che si presenta come a pagamento, senza fare troppe storie. O no?
Dite che non esiste un editore a pagamento così cortese da palesarsi in tali termini? Ebbene, sono lieta di presentarvi la TA.TI. Edizioni, che è a sua volta lieta di presentarsi come «casa editrice a pagamento che si propone di pubblicare autori esordienti e non; che hanno argomenti validi da comunicare da un punto di vista contenutistico; scrittori e poeti che parlano con l'anima, evitando inutili ricercatezze stilistiche».
Non è il genere di pubblicazione che prediligo, ma ho un debole per chi non si nasconde dietro un dito.
Ci sono alcuni trucchi che vi eviteranno di spedire carta e pdf alle case editrici che proprio non fanno al caso vostro. Il primo è certamente consultare le liste degli editori scartando immediatamente quelli che vi chiedono soldi.
Qualcuno vi dirà di evitare le grandi case editrici per passare immediatamente a quelle piccole, ma certo dipende da quanto pesa il vostro ego. Mentre scartate i grandi e passate ai fratelli minori, ricordatevi di dare un’occhiata alle collane editoriali, un hardboiled non troverà mai spazio alle Paoline.
Vi diranno anche di preferire il telefono all’e-mail, ma, se riuscite a contattare Mondadori, vuol dire che avete scovato online gli orari in cui farlo, oppure avete avuto una fortuna sfacciata.
Così consiglia un utente di Yahoo Answers: «Devi provare a chiamare tra le 9:00 e le 10:30. Se chiami alle 9:29 o alle 10:31, ti dicono che è presto o tardi, a seconda. Per riuscire a metterti in contatto con loro dovrai provare a chiamare parecchie volte, perché il numero lo troverai spesso occupato. Comunque prima o poi troverai libero e ti risponderanno. Sono abbastanza gentili e non hanno fretta di chiudere il telefono».
Sappiate che i tempi di lettura sono lunghi e che non sempre — il mai pare brutto — vi verrà detto perché il vostro lavoro è stato rifiutato. Il consiglio che scovate in rete è quello di mandare il vostro manoscritto a più editori contemporaneamente.
Altri partiranno dall'abc, consigliandovi di scrivere il testo al computer — sono pochi gli autori che si affidano alla stilografica (uno di questi è Pinketts), voi usate Word e non sentitevi sminuiti dal mezzo —, ricordandovi di rileggerlo, stamparlo e rilegarlo. A quanto già detto, si aggiunga di scrutare con attenzione il sito di ogni editore, lì troverete scritto se la lettura di un manoscritto gli procura problemi di stomaco.
Dovessero chiedervi un curriculum, vale la regola del bravo ma breve: tutto quello che può sembrarvi superfluo lo è di certo. In quella scarna paginetta — non andate oltre, non ci crederebbe nessuno — inserite anche i premi vinti ai concorsi letterari.
Partecipare ai concorsi è utile, come ci spiega un sito che si chiama proprio Concorsi Letterari: «per avere conferme della bontà della propria opera, per dare visibilità alla propria opera per arrivare primo e battere tutti gli altri autori, per vincere un eventuale premio in denaro per vincere un eventuale premio in pubblicazione, per “confrontarsi” con altri autori, per “esercitarsi”, per passare il tempo divertendosi».
Molte di queste risposte si adattano anche a Giochi senza Frontiere. Togliete tutto quello che vi puzza di estrema sportività e avrete i motivi reali per cui la gente si iscrive a un concorso letterario: voglio sapere d’aver scritto una cannonata e, possibilmente, intascarmi il premio. Ecco, sì, diciamolo chiaro e tondo, di confronto è rimasto solo quello all'americana e lì nessuno vorrebbe arrivare primo.
Anche Sololibri.net dà la sua visione dei fatti e aggiunge: «Spesso si crede che un concorso letterario gratuito sia necessariamente meno serio di un concorso letterario a pagamento ma non è assolutamente così». La cosa vi ha spiazzati? Bene, allora siete sulla via della guarigione. Succede che anche i concorsi letterari con quota d'iscrizione non siano poi così affidabili, o che quelli con votazione online facciano sorgere dubbi tra i lettori.
Ewrite aggiunge qualche altra nota al nostro calderone: informatevi sugli organizzatori, scegliendo «quei concorsi banditi da comuni, province, regioni o realtà imprenditoriali importanti che offrono una maggiore garanzia nella correttezza dello svolgimento» — così spiega il sito in questione —, «partecipate a concorsi letterari gratuiti, ossia che non prevedono il pagamento di una somma, o meglio, di una quota o l’obbligo di acquisto di eventuali antologie del premio». Insomma, controllate che non ci siano gabelle, ma tenete presente che ormai non esistono più concorsi completamente gratuiti: è una moda che si è spenta da alcuni anni. Ci sono anche ottimi motivi per non partecipare, ma di questo vi dirò nel prossimo girone.
Un’ultima chicca: il bando dovrebbe togliervi ogni dubbio ma a volte non succede; passate oltre e rideteci sopra, a volte anche Mamma Rai toppa alla grande.
Il Settimo Girone della Rubrica All’Inferno, scrittore esordiente! sarà on line il 14/04/2012.
Parleremo di lit-blog, faremo un viaggio nel mondo di Premiopoli e incontreremo i VIP dell'Inferno on line, Loredana Lipperini, i blogger conservativi, i blogger castigamatti (per vocazione e a cottimo), Gamberi Fantasy e Personalità confusa, Gianni Falconieri, Giuseppe Iannozzi, Lucio Angelini, Paolo Ferrucci, Tiziano Terzani, Sebastiano Vassalli, Andrea De Carlo, Erri De Luca, Ozoz.
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