Il volto femminile del Risorgimento. Intervista a Marco Amato e Valerio Maria Fiori
C’è una parte del nostro Risorgimento che, pur avendo giocato un ruolo da protagonista, viene spesso messa in secondo piano, quando non addirittura fatta passare sotto silenzio. Si tratta delle donne che vi presero parte come e quanto gli uomini e che contribuirono quindi all’affermazione dei movimenti risorgimentali e alla successiva nascita dell’Italia unita.
Un recente romanzo prova a restituire la giusta luce anche a questo volto femminile del nostro Risorgimento. Si tratta di Quelle del quarantanove, pubblicato nell’ambito del torneo letterario IoScrittore, e scritto a quattro mani da Marco Amato e Valerio Maria Fiori.
Il romanzo narra le vicende della Repubblica romana del 1849 attraverso le parole di Cencia e le gesta di Cristina Trivulzio di Belgioioso, rendendo per la prima volta protagoniste proprio le donne.
E da qui siamo partiti nella nostra intervista ai due autori.
Il libro si apre con tre ritratti femminili, di cui due sono reali e il terzo frutto dalla vostra penna. Quale fu il ruolo delle donne nel nostro Risorgimento?
Quando si pensa al Risorgimento, vengono subito in mente figure maschili: Garibaldi, Mazzini, Cavour, Mameli, etc. Al massimo si pensa ad Anita Garibaldi, che però uscì di scena molto presto, nel 1849, e non ebbe modo di partecipare all'ultima fase, quella decisiva, del nostro Risorgimento. In realtà le donne hanno svolto un ruolo tutt'altro che trascurabile nella conquista di un'Italia unita: oltre a Cristina Trivulzio di Belgioioso (una delle protagoniste di Quelle del Quarantanove), vanno ricordate intellettuali come Costanza D'Azeglio o donne “combattenti” come Rose Montmasson e Antonia Masanello (che parteciparono alla spedizione dei Mille), oppure Colomba Antonietti, morta in combattimento durante la difesa della Repubblica romana. Solo in tempi recenti la storiografia ha iniziato a rivalutare il contributo femminile alla costruzione di uno Stato nazionale italiano. Tuttavia, nel nostro immaginario e nei libri scolastici, il Risorgimento resta una cosa da uomini. Ricordiamoci che la nostra Patria ha avuto dei padri, ma anche delle madri.
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A raccontare questo lato femminile del Risorgimento è Cencia, ex prostituta aiutata da Cristina Trivulzio di Belgioiosoa cambiare vita. Cosa vi ha spinto verso questa soluzione?
Volevamo raccontare la breve ma intensa esperienza della rivoluzione romana del 1849 vista dalle retrovie, lontano dai campi di battaglia e dal grande palcoscenico della Storia. Per questo abbiamo utilizzato un punto di vista particolare, quello di una donna semplice e marginale, una giovane prostituta appunto, che non sa niente di politica né di rivoluzione, ma che conosce la durezza della vita e non si tira indietro al momento del bisogno. Cencia è infatti una delle popolane che Cristina Trivulzio di Belgioioso reclutò come “infermiere” negli ospedali destinati ad accogliere i feriti durante il sanguinoso assedio cui fu sottoposta la Città Eterna. Precisiamo una cosa: la Trivulzio coinvolse, tra le altre donne, anche le prostitute non tanto per un moralistico tentativo di redenzione, ma piuttosto per riscattare la dignità e la solidarietà femminili, mettendole al servizio degli ideali patriottici in un momento cruciale. Queste improvvisate ma volenterose infermiere, accudendo i feriti, condussero una lotta silenziosa e misconosciuta, combattuta non per portare la morte ma per la sopravvivenza. Come dice Cencia: «La guerra è una cosa brutta perché l’hanno inventata l’omini. E a noi donne ci tocca sempre rimediare alle coglionerie che fanno loro.»
Cristina è una delle protagoniste del racconto di Cencia. Cosa può dire una donna come la principessa di Belgioioso alle donne e agli uomini di oggi?
All'epoca la Trivulzio, benché fosse una nobildonna, veniva considerata una figura immorale, e fu aspramente criticata per aver reclutato anche delle prostitute. Era una donna che ha sempre pagato di persona per le proprie scelte: prima fu perseguitata come sovversiva dalla polizia austriaca, i suoi beni sequestrati, costretta a fuggire a Parigi, dove visse quasi in povertà; poi, dopo la fallimentare esperienza della Repubblica romana, si rifugiò con la figlia in Turchia, dove per alcuni anni si guadagnò da vivere gestendo una fattoria. Il “messaggio” della Trivulzio forse è proprio questo: la libertà e gli ideali hanno sempre un prezzo.
Quanto può essere utile e importante parlare di Risorgimento nell’Italia nel 2018? Cosa abbiamo perso dello spirito di quell’epoca e cosa dovremmo recuperare?
Quelli erano tempi in cui si era pronti ad andare in esilio o in carcere o addirittura a morire per un ideale. Un ideale che implicava anche inclusione, solidarietà, condivisione. Non dimentichiamo, infatti, che i “patrioti” che parteciparono alla difesa della Repubblica giunsero a Roma dal Granducato di Toscana, dallo Stato della Chiesa, dal Regno di Sardegna, dalla Lombardia austriaca, dal Regno delle due Sicilie; inoltre, contribuirono alla difesa di Roma anche persone provenienti da vari paesi europei e dagli Stati Uniti. Dunque, in un certo senso, erano tutti “stranieri” che, nonostante le rispettive differenze, trovarono a Roma una causa comune in cui riconoscersi e per la quale battersi. Ecco una cosa che potremmo recuperare dello spirito di quell'epoca, magari adattandola a un più ampio concetto di cittadinanza.
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Quelle del quarantanovesi è aggiudicato il Premio Vanity per il miglior personaggio femminile. La storia della letteratura è ricca di scrittori che hanno costruito personaggi femminili che hanno conquistato l’immaginario di tanti lettori. Vi siete ispirati a qualcuno in particolare?
Alcuni aspetti del personaggio di Cencia (la sua schiettezza e, soprattutto, il suo modo di esprimersi) sono ispirati alle popolane dei sonetti di Giuseppe Gioachino Belli: donne umili, ma non per questo sprovvedute; sempre pronte a ribaltare il tragico nel comico e viceversa. Un mix esplosivo di ingenuità e spregiudicatezza.
Questo è il suo secondo romanzo, mentre Valerio Maria Fiori è al suo esordio. Cosa vi ha spinto a mettervi in gioco in IoScrittore?
Il fatto che il nostro romanzo venisse giudicato da lettori per così dire “non professionali” ma al tempo stesso autori o aspiranti tali ci sembrava una sfida interessante. In fondo, ogni scrittore è anche e soprattutto un lettore – e sono proprio i lettori a decretare il successo o comunque l'apprezzamento di un libro. Anche per questo, essere stati selezionati tra i dieci vincitori ci ha dato una grande soddisfazione.
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