Il volto della sofferenza. “L’ombra del vero” di Carla Magnani
L’ombra del vero di Carla Magnani, pubblicato da Le Mezzelane Casa Editrice, è la storia di una donna incapace di sopravvivere. Una vita apparentemente felice, con un marito, due figli, una posizione lavorativa di grande rispetto, una casa e una routine che evidentemente non bastano alla protagonista, che nel corso del tempo è giunta a partorire una decisione incontrovertibile: togliersi la vita, farla finita una volta per tutte. La sua scelta, che ci viene d’altronde raccontata in apertura del romanzo, lascia interdetti, suona stonata proprio in virtù delle fortune che ha dalla sua parte.
Carla Magnani prova allora a giustificare questa presa di posizione, dando la parola al suo stesso personaggio, che in una sorta di flusso di coscienza spiega quali ragioni possono spingere una donna, una moglie, una madre, a voler compiere un gesto del genere. Il lettore viene così calato nella mente di Anastasia, una quarantaduenne che ha attraversato disperati momenti di perdita, superabili soltanto abbracciando quella perdita, abbracciando la morte stessa, facendola propria. Succede così che la morte, figura di nero vestita che, in un’esistenza felice, ci si immagina raramente se non come qualcuno che incontreremo più avanti, assume adesso un aspetto più familiare, inizia a mostrarsi nelle sue fattezze quasi “umane”: è allora che la visione d’insieme inizia a cambiare, come succede ad Anastasia.
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Ciò che sorprende è la sua lucidità, la capacità di raccontare l’atto premeditato di suicidarsi come se riportasse il resoconto di una gita in montagna a cogliere fiori; una lucidità che, dinanzi al fallimento del suicidio, continua ad accompagnarla, anche in ospedale, a dispetto della fissità del corpo in uno stato vegetativo.
«Non mi sorprende che la mente sia così attiva. Sbaglia chi pensa che si arrivi al suicidio in una fase di irrazionalità, di scelta radicale vissuta in assenza di autocontrollo. Forse avviene in coloro che agiscono d’impeto, senza frapporre del tempo tra il pensiero e l’azione, non in quelli come me, scrupolosi nel preparare a tavolino la partita con la vita.»
Nonostante questi presupposti, L’ombra del vero non convince, poiché insiste sulla sofferenza in maniera ossessiva. Non nel lettore, ma solo nella Morte e nel dolore trova il suo unico interlocutore. Un’ostentazione che finisce col canalizzare l’intero andamento della storia, senza offrire al destinatario una contropartita. Sebbene non servano grandi avvenimenti per definire un romanzo convincente, in questo libro l’impressione è che si calchi troppo la mano rispetto a una tematica – quella del suicidio, della depressione – di per sé molto importante.
Pare di assistere a uno spettacolo teatrale in cui l’attore, sul palcoscenico, non guarda negli occhi il pubblico in platea, ma continua a recitare senza creare un contatto visivo. Allo stesso modo, Carla Magnani vuole proporre un racconto dal rilevante carico emotivo senza offrire al lettore gli strumenti per meglio comprenderlo. Non basta mettere nero su bianco il sentimento di una donna che desidera morire per raccontare cosa le sta accadendo: è necessario scavare più a fondo, al di là dei manierismi che negli anni continuano a popolare una parte della letteratura contemporanea.
Con l’incalzare della trama, viene a mancare la plausibilità: la sosta obbligata di giorni e giorni in un letto d’ospedale, lucidissima eppure apparentemente vegetale, è l’occasione per dare voce, ancora di più, a ciò che passa nella testa della protagonista. Ma, di nuovo, il sentimento di non attaccamento alla vita suona stonato, continua a essere incomprensibile al lettore, che ancora si affanna a capire perché questa donna dovrebbe desiderare di morire, perché dovrebbe augurarsi di rendere vedovo suo marito e orfani i suoi figli. Anche l’apparato di personaggi satelliti, dai familiari al personale ospedaliero, convince poco, introdotto nella trama ma mal approfondito, col risultato di presenze evanescenti, cui spettano due o tre battute prima di scomparire nel dimenticatoio.
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Sebbene lo stile dell’autrice de L’ombra del vero sia ben costruito, elaborato ma senza grandi eccessi, equilibrato e scorrevole, questo non basta a conferire al romanzo le qualità che, pur presenti in fase embrionale, purtroppo non sono state ben sfruttate nello sviscerarsi della trama.
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