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Il vento fresco dell’Albania. Intervista alla poetessa Luljeta Lleshanaku

Luljeta LleshanakuDall’altra sponda dell’Adriatico – e in generale dall’Est Europa – arrivano novità interessanti, almeno sotto il profilo letterario. L’exploit di Nikola Savic, primo vincitore di Masterpiece che ha raccontato in Vita Migliore edito da Bompiani una storia ambientata all’indomani dello sgretolamento dell’ex Jugoslavia, è solo l’ultima conferma di una vivacità culturale e di un fermento che – per ovvie ragioni – non si erano mai visto prima da quelle parti e che stanno dando i loro frutti. Il blasonato Nicolaj Lilin o Anilda Ibrahimi sono solo la punta di un iceberg, ma c’è una folta schiera e una ricca produzione che si affaccia all’orizzonte. La poetessa albanese Luljeta Lleshanaku ha esordito nel 1993 con la raccolta di versi Occhi di sonnambula, seguita nel 1994 da Le campane della domenica, nel 1996 da Semicubismo e infine nel 1999 da Antipastorale. Una sua antologia dal titolo Il midollo giallo le è valsa “La penna d’argento” del Ministero della Cultura. Nel 1996 ha vinto il premio annuale “Vision international” con il poeta traduttore statunitense Henry Hisraeli, e nel 1967 è entrata a far parte della Anthology of American Verse & Yearbook of American Poetry. Nel maggio 2002 è apparsa una sua antologia dal titolo Fresco, favorevolmente recensita dalla critica newyorkese. Èconsiderata la pioniera dei poeti albanesi della generazione del post-totalitarismo. Tra i numerosi premi vinti fin dai primi anni Novanta, annovera il prestigioso premio internazionale Kristal Vilenice Prize nel 2009, già assegnato a Milan Kundera. Ha vissuto lunghi periodi negli Stati Uniti. Ridvan Dibra ha detto di lei: «Quando chiudi il suo libro, le immagini non ti lasciano, ma si propagano a macchia di leopardo e una volta dentro si creano una propria vita, totalmente differente dall'originale. Cosa possiamo aspettarci di più dalla vera arte?». Le sue poesie sono state tradotte italiano, francese, tedesco, macedone e rumeno

 

La sua poesia è fatta di ricordi e immagini, "un ricamo di dettagli", di nostalgia e memorie di famiglia che si aprono a riflessioni universali sugli uomini e sulla vita…

La mia generazione spesso rifiuta radicalmente ogni lezione proveniente dell’intero cinquantennio comunista e prende invece a modello la tradizione occidentale, autori e opere un tempo inavvicinabili. Ho provato a rievocare comunque tutto ciò che ho di più caro e che appartiene alla storia della mia famiglia, paesaggi che rievocano l’infanzia trascorsa a Kruja, città dei pozzi numerosi, i cortili di rose selvatiche e il rigido inverno. Non mi va di commentare direttamente sulle vicende politiche e sociali.

 

Per l’opposizione della sua famiglia alla dittatura di Hoxha, non ha potuto frequentare l’università fino alla caduta del regime…

Dopo la caduta del regime sono andata all’università, ma è stato altrettanto importante per me leggere la Bibbia da sola. Non era certamente un obbligo avere una conoscenza della religione, ma senza la conoscenza della religione sarebbe impossibile oggi conoscere la filosofia, la storia, la psicologia. Allora mi sono domandata: Quanto mi sono persa? Come hanno fatto a vivere i miei connazionali in cinque decadi di dittatura? E siamo più liberi ora o prima durante la dittatura? Paradossalmente siamo più liberi quando abbiamo diverse scelte a nostra disposizione o quando non avevamo affatto, o ne avevamo almeno una sola?

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La risposta?

Non lo so e appunto me lo sto ancora chiedendo.

 

La sua è una delle voci più autorevoli per parlare delle ricchezze e dei problemi dell’Albania di cui sappiamo o vogliamo sapere poco. Come vedete l’Italia adesso, a distanza di più di venti anni dai primi sbarchi in Puglia?

Ora gli albanesi sono più interessati alla propria identità e alla propria storia. È il passato che desta più interesse del presente, senza dubbio. E guardano meno la televisione. Io stessa, quando ero più giovane, vedevo molta televisione italiana. Oggi ciò che mi è rimasto è la comprensione della lingua italiana, ma non la parlo. C’è maggiore distanza da questo punto di vista.

 

Che clima respirate voi scrittori, poeti, giornalisti? C’è attenzione a questo fermento culturale?

In questo mondo globalizzato tutti subiamo le medesime influenze. E soprattutto abbiamo gli stessi problemi, come la difficoltà di promuovere i libri, la letteratura, problema che so essere forte in Italia, come da noi e in molte altre realtà.

 

Qual è il suo rapporto con i social network?

Non sono su Facebook e non amo particolarmente questo modo di comunicare. Preferisco impiegare il mio tempo in modo diverso, ho tante cose da fare.

 

Alcuni suoi versi di qualche tempo fa recitano «Donne tradite, come la taglia smessa delle camicia, come colletti inamidati...ma ci sono anche uomini traditi, uomini traditi come angeli neri con spalle sempre minacciose»: il tema della violenza è sempre, purtroppo, assai attuale…

Quando sentiamo al telegiornale le tremende notizie delle donne uccise, maltrattate o tradite, è sempre la stessa storia, purtroppo. Alla base di tutto, credo, però, ci sia un tradimento che le donne fanno principalmente a loro stesse, ai loro sogni, ai loro desideri. Alzano bandiera bianca e poi attribuiscono agli altri la responsabilità del loro fallimento.

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