Il valore culturale dell’acqua
L’acqua, come elemento primordiale e fonte di vita, ha sempre trovato largo riscontro nell’elaborazione letteraria. Già nella mitologia greca la sua importanza biologica veniva riconosciuta nella raffigurazione gioiosa delle ninfe che, pur essendo mortali, erano dotate di longevità, onorate per essere le nutrici delle piante, degli animali e degli uomini e rappresentate come Naiadi, giovani fanciulle dalla fiorente bellezza, Potameidi, signore dei fiumi e dei ruscelli, Creniadi, ninfe delle fonti, o Lèmnadi, signore delle paludi e dei laghi. Nel medioevo, l’acqua era evidentemente venerata dall’uomo in quanto segno della potenza e della bontà divina, ma anche perché indispensabile alla sopravvivenza, definita nelle Laudes Creaturarum di San Francesco d’Assisi «utile et humile et pretiosa et casta». In Chiare, fresche et dolci acque del Petrarca l’acqua, come anche gli altri elementi della natura, vivono la personificazione delle emozioni e dei sentimenti dello stesso autore, diventando al contempo muti testimoni di un conflitto insanabile che potrà comporsi solo con la morte. Permane il concetto di indissolubilità tra uomo e natura anche nella poetica del Foscolo il quale, in A Zacinto, riporta il motivo dell’acqua all’essenza della vita e il greco mar dove la sua Zante si specchia è lo stesso da cui, secondo la mitologia, nacque Venere, dea dell’amore e della vita, che con il suo sorriso rese belle e lussureggianti quelle terre. Ecco che l’immagine dell’acqua rimanda ancora una volta alla nascita e alla vita. Ne La pioggia nel Pineto D’Annunzio ricrea immagini suggestive e atmosfere magiche, coinvolgendo il lettore in un mondo di sensazioni meravigliose, facendogli “sentire” la pioggia, la musicalità del suo suono, facendogli vivere il bosco con la stessa intensità con cui egli stesso, nelle vesti di protagonista, lo vive, lo assapora e lo lascia andare rincuorato dall’abbraccio alla Grande Madre Terra reso possibile dall’acqua che è fonte di vita. Nella poesia di Montale il mare come metafora di vita, come bussola direzionale capace di dare un senso all’agire dell’uomo, come invito a esserci e realizzarsi nonostante le difficoltà dell’esistenza, è immagine frequente. L’analogia acqua-vita si ricollega a quella acqua-radici della poetica foscoliana, e mentre in questa l’acqua rimanda alle origini del poeta, in Montale essa rimanda alle origini profonde dell’io. Marcia Teophilo ci ricorda che oltre a ricoprire il 71% della superficie terrestre, l’acqua, per il 65%, è il costituente fondamentale degli esseri viventi. «È forse proprio per questo, perché l’acqua è vita, che ancora oggi continuiamo a cantarla, ma con un canto diverso, disperato e accorato, perché non più rivolto alle fresche sorgenti, alle fonti d’acqua pura, chiara e limpida, ma a una distesa oscura e torpida, fosca e inanimata, resa tale dall’uomo che, con essa, uccide la sua stessa vita».
Il giorno 22 marzo ricorre la Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day) istituita nel 1992 dalle Nazioni Unite con l’esplicito invito a tutti i Paesi di promuovere attività concrete e sensibilizzare l’attenzione del pubblico sulla critica questione dell’acqua, con particolare riferimento all’acqua dolce e alla sostenibilità degli habitat acquatici. L’Italia anche quest’anno ha risposto all’accorato appello, divenuto anche una direttiva dell’Agenda 21, organizzando svariate iniziative tra cui il Convegno Acqua e Ambiente dell’Accademia Nazionale dei Lincei e dell’Università degli Studi di Trieste promosso con il contributo della Fondazione CR Trieste, durante il quale è stato ampiamente ribadito il concetto dell’importanza dell’acqua come base essenziale per lo sviluppo e l’esistenza della vita stessa e posto l’accento sul fatto che la nostra origine risale a creature unicellulari anaerobiche che si sono evolute nelle acque degli oceani del pianeta Terra circa 3.800.000.000 (tre miliardi e ottocento milioni) di anni fa.
Quanto fosse importante l’acqua per la vita e per la sopravvivenza ben lo sapevano le popolazioni primitive che sceglievano i siti per i loro piccoli insediamenti sempre in prossimità di ruscelli o fiumi, aiuto indispensabile per le attività quotidiane oltre che base per il loro sostentamento. Ben lo sanno anche quelle popolazioni che stretti hanno mantenuto i legami con i loro avi, come gli Arara di Volta Grande, abitanti di Belo Monte a Parà, in Brasile. La loro tribù è stanziata da sempre lungo il corso del Rio Xingu, uno dei grandi fiumi che attraversa la foresta Amazzonica, che nasce nello stato di Mato Grosso e confluisce poi nelle acque del Rio delle Amazzoni. La loro è una lotta ad armi impari, ma non vogliono arrendersi e portano avanti la loro protesta contro la costruzione della diga che andrebbe ad alimentare la centrale idroelettrica da 11.300 megawatt all’anno e che da sola coprirebbe il 30% dei consumi domestici brasiliani. Gli Arara non sono tribù isolate o arcaiche, sono persone che scelgono, nei limiti del possibile, di vivere seguendo le tradizioni e di rispettare il passato. I loro villaggi sono forniti di generatore e le capanne di schermi ultrapiatti e antenne paraboliche, ma preferiscono limitare il tempo di impiego di queste apparecchiature elettroniche a poche ore al giorno. Per loro il Rio Xingu è tutto: lo usano per pescare, per bagnarsi e come via di comunicazione, tra l’altro l’unica possibile avendo alle spalle la fitta foresta Amazzonica. Con la deviazione del fiume prevista per la costruzione della diga rimarrebbero completamente isolati anche per un periodo di sei mesi. Inoltre hanno timore che questo rappresenti solo l’inizio e che in futuro si costruiscano altre centrali stravolgendo così totalmente la biodiversità e l’ecosistema dell’area.
In Italia i cittadini e gli attivisti della Valle di Susa si dicono molto preoccupati per l’impatto a livello idrico della grande opera della TAV. Il raddoppio della ferrovia Torino-Modane ha provocato la scomparsa di 13 sorgenti nel territorio di Gravere e di 11 nella zona di Mattie. Le gallerie dell’autostrada tra Exilles e la val Cenischia hanno fatto scomparire 16 sorgenti delle frazioni di Exilles. I lavori della centrale di Pont Ventoux, per una galleria di due metri di diametro, hanno prosciugato il rio Pontet, 2 sorgenti a Venaus, 2 a Giaglione, una decina nel territorio di Salbertrand, tra cui quella che alimentava l’acquedotto di Eclause. Stando ai dati forniti dal Rapporto Cowi redatto per conto della Commissione Europea «i due tunnel principali (il tunnel di base e il tunnel di Bussoleno), le discenderie, ecc. riceveranno un flusso cumulativo di acque sotterranee compreso tra 1951 e 3973 L/s nel caso stabilizzato. Ciò equivale a una portata compresa fra i 60 e i 125 Milioni di m3/anno, comparabile alla fornitura d’acqua necessaria a una città di circa 1 milione di abitanti. Il drenaggio delle acque sotterranee è tutt’altro che trascurabile comparativamente al ricarico totale delle acque sotterranee nelle zone situate lungo il tunnel». Forse temono, gli abitanti della Valle di Susa, che possa accadere quanto già successo per la costruzione della tratta alta-velocità Bologna-Firenze: per ventidue minuti di viaggio in meno sono stati spesi circa 1 miliardo di euro, sono spariti o quasi 81 torrenti, 37 sorgenti, 30 pozzi e 5 acquedotti, per un totale di 100 Km di corsi d’acqua. Tenendo anche in considerazione quali potranno o potrebbero o saranno i rischi idrogeologici conseguenti a drastici cambiamenti di questa portata.
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Ancora in Italia, in Abruzzo, nell’agosto del 2007 700mila persone si ritrovano senz’acqua e contemporaneamente scoprono di aver bevuto e cucinato per trent’anni con acqua contaminata. Siamo a Bussi e il danno presumibilmente è stato causato dall’ex polo chimico Montecatini Edison e, stando alla Relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, l’acqua «é stata indiscutibilmente, significativamente e persistentemente compromessa per effetto dello svolgersi di attività industriali di straordinario impatto ambientale in aree ad alto rischio per la falda acquifera e per le azioni incontrollate di sversamento» e poi «distribuita senza controllo, anche per fasce a rischio di popolazione e utenze sensibili come scuole e ospedali». Tra le sostanze riscontrate dalle analisi effettuate sui campioni di acqua figurerebbero anche il cloruro di vinile e il tricloroetilene. I periti dell’ISS convengono nel dire che «Ai consumatori delle acque è mancata ogni informazione rispetto ai potenziali rischi per la salute associati al consumo di tali acque e a cui pertanto era preclusa la possibilità di adottare misure specifiche di prevenzione e mitigazione di tali rischi».
La sentenza del 15 novembre del 2000 numero 11710 della Cassazione Penale – sezione III – così recitava: «Lo scarico di sostanze inquinanti o deturpanti in acque pubbliche, quali sono quelle del mare, dei fiumi o dei torrenti, integra certamente gli estremi del delitto di danneggiamento, comportando, anche nell’ipotesi di fatto occasionale e transitorio, il deterioramento di cosa mobile esposta per necessità alla pubblica fede e destinata ad utilità pubblica. Ai fini della ravvisabilità del dolo, nel reato che trattasi, non è necessaria la rappresentazione del fine di nuocere, essendo sufficiente la coscienza e la volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibili cose mobili o immobili altrui». Stando al Rapporto 2010 sull’acqua di rubinetto di Legambiente che riprende le vigenti normative italiane ed europee in merito sono previsti, per le acque destinate al consumo umano, due tipi di controllo analitico chimico-fisico e microbiologico: uno interno, responsabilità del Gestore del Servizio idrico integrato, l’altro esterno, effettuato dalle Asl e dalle Arpa territorialmente competenti. Sempre con riferimento alla normativa vigente è previsto un numero minimo di controlli annui a seconda del volume di acqua distribuito ogni giorno. Viene preso in considerazione un acquedotto che eroga quotidianamente tra i 100 e i 1000 m3 di acqua e serve 5000 abitanti. In tal caso la norma individua 4 controlli all’anno di routine e 1 controllo all’anno di verifica.
È ancora una volta la saggezza di Marcia Teophilo a ricordarci che «l’uomo non è al di sopra della natura ma parte del suo insieme. […] Sono consapevole che la scienza accresce la conoscenza e sviluppa le potenzialità umane. Ma sappiamo anche dell’esistenza di pessimi consiglieri, uomini politici e potere economico, che dirigono un governo diverso da quello delle varie democrazie del mondo. Questi tendono a spingere la scienza e lo sviluppo verso interessi di un mercato oscuro e tragico». Osservando i diversi modi di rapportarsi con l’acqua delle diverse civiltà e culture che popolano o che hanno popolato la Terra, sembra che minore sia il grado di “sviluppo civile e sociale” di un popolo e maggiore sia il suo rispetto per l’acqua. Un proverbio Sioux dice che «la rana non si ingozza mai di tutta l’acqua dello stagno in cui vive» forse perché è consapevole che se lo facesse non avrebbe più un posto dove vivere.
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