Il triste destino del villaggio protostorico di Nola
Nel 2001 gli scavi per costruire le fondamenta di un centro commerciale al confine tra i comuni di Nola e Saviano, in provincia di Napoli, avevano condotto a una scoperta archeologica straordinaria. Erano state infatti rinvenute tre capanne praticamente intatte, corredate da altri elementi come forni e recinti per animali, risalenti all’Età del Bronzo e sepolti dalla lava di una remota eruzione del Vesuvio.
Si trattava insomma di un luogo che aveva subito, molti secoli prima, la stessa sorte di Pompei.
La scoperta aveva destato molto entusiasmo tra gli addetti ai lavori, e portato la Regione Campania a stanziare fondi per avviare quello che sarebbe dovuto diventare, secondo i progetti iniziali, un grande parco archeologico, destinato a incrementare il turismo nella zona.
Purtroppo, dopo alcuni anni di gestioni improvvisate, durante i quali il sito è stato reso accessibile solo grazie al contributo di volontari delle associazioni locali, nonostante lo stanziamento di grosse cifre destinate alla sua manutenzione, l’area è stata chiusa al pubblico perché l’innalzamento della falda acquifera ne ha provocato un inarrestabile allagamento.
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La soluzione finale per risolvere il problema appare quantomeno sconcertante: si è deciso di interrare di nuovo il villaggio protostorico per costruirne poi, nello stesso luogo, una precisa copia in scala 1:1 e farne una sorta di percorso sull’Età del Bronzo, corredato di supporti didattici e scientifici.
Dopo il fallimento di alcuni progetti che si proponevano di ricreare finte Pompei in stile hollywoodiano, eccoci quindi al falso villaggio protostorico, con l’aggravante che, mentre i precedenti erano stati fatti da imprenditori privati, questo porta la firma della soprintendenza archeologica. Che il futuro di monumenti e testimonianze antiche sia nei “copia-e-incolla” inventati dai cinesi, che hanno riempito il loro Paese di false Sfingi, Ponti dei Sospiri e castelli medievali?
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