“Il terzo incomodo” di Elena Marinelli e la speranza di un domani migliore
Il terzo incomodo, romanzo di Elena Marinelli pubblicato di recente da Baldini e Castoldi, prende forma dalla nascita di un’amicizia forzata. Protagoniste sono Teresa e Marianna, due ragazzine che si scelgono. A dire la verità è Marianna a decidere che Teresa sarà la sua grande amica perché entrambe, per i loro modi di essere e apparire, vengono escluse dal resto dei compagni. Le due adolescenti non sono diverse dai loro coetanei tanto per come sono, ma per le drammatiche situazioni familiari che hanno alle spalle.
Mariannaha un fratello minore, Osvaldo, afflitto da gravi allergie. I due vivono con una madre iperprotettiva e ossessiva che li assilla con manie di pulizia e li cresce senza un marito. Il padre dei due ragazzi se n’è andato di casa abbandonandoli. Forse, per sopperire alla mancanza di affetto e per sentirsi più confortata, Marianna si attacca, come la cozza allo scoglio di verghiana memoria, a Teresa che all’inizio non ha molto feeling con “l’amica forzata”. Teresa ha inoltre un vissuto personale ancora più drammatico rispetto a Marianna: è un’orfana, ha perduto entrambi i genitori in un drammatico incidente e vive con la nonna. Quello che più la spaventa non è tanto il fatto di dover verificare se Marianna abbia, per esempio, dei rimasugli di cibo nel suo apparecchio ortodontico; quello che più l’angosciaè rendersi conto di non provare dolore per la morte dei genitori e di non avere, di loro, ricordi netti e definiti.
Marianna e Teresa, pur dalle personalità molto diverse, nonostante tutto sono simili, in quanto si sentono a disagio quando stanno con gli “altri”. Marianna cerca di essere sempre al passo con i tempi e con i suoi coetanei, mentre Teresa è solitaria, pensierosa, silenziosa e incapace di esprimere i sentimenti che prova. La nonna conosce bene la nipote e rispetta il suo comportamento, perché è come se sapesse che, prima o poi, Teresa riuscirà a sbloccarsi e a dare libero sfogo a tutto il dolore che ha trattenuto. La ragazza cerca di reprimere i ricordi per non provare dolore ma quando è sola ha un metodo personale per rivedere con gli occhi della mente brevi episodi di una vita passata e spensierata. Per rivivere queste esperienze Teresa sgombera le stanze dai mobili e rotola sul pavimento come quando era bambina, e mamma e papà erano ancora vivi.
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Ad aiutarla nel doloroso pellegrinaggio di accettazione del dolore è Osvaldo, per il quale Teresa prova un affetto che va ben oltre la semplice amicizia. Lei ne è innamorata e sarà proprio grazie a questo sentimento che seguirà i piccoli indizi che il ragazzo disseminerà nei loro incontri. Il fine di questa sorta di percorso terapeutico, messo in atto dal fratello di Marianna, è quello di aiutare Teresa a fare i conti con il suo straziante passato. Non a caso, proprio grazie a lui la giovane riuscirà ad entrare, dopo anni, nella casa dove viveva con i genitori. Questo sarà per Teresa primo passo verso un tempo rimosso, nel tentativo di ritrovare quella serenità e l’equilibrio perduti nella prima infanzia.
Gli anni passano, Teresa e compagni diventano adulti. Marianna va a studiare in città come suo fratello Osvaldo e Teresa intraprende una carriera di restauratrice nel paesello di sempre. Tutti sembrano aver trovato la loro strada, ma c’è sempre qualcosa – il terzo incomodo – che li spiazza. Marianna, si impegna nello studio ma con scarsi risultati e torna di frequente al paese per assistere la madre malata. Osvaldo studia e lavora lontano da quel mondo dove è cresciuto; cerca di ritornare il meno possibile e quando ricompare non lo fa per la madre e la sorella, ma per Teresa. Tra loro c’è un rapporto che non può essere definito amore vero e stabile, la loro relazione è fatta di incontri fugaci e contraddistinta dalla precarietà, fino a una conclusione del tutto imprevista. Dopo la morte della nonna che l’ha cresciuta, Teresa rimane sola, abita nella casa dei genitori perché è riuscita ad affrontare il suo passato e, a differenza dei suoi due amici sembra – e dico sembra, perché gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo – essere l’unica ad aver trovato un po’ di pace e tranquillità.
Elena Marinelli crea una narrazione nella quale la sofferenza è una sorta di lumino sempre acceso che caratterizza la vita di Teresa e di chi le sta attorno. Lei e i suoi amici vivono un percorso di crescita tipico del romanzo di formazione, all’interno del quale gli ostacoli, ossia le prove per maturare, sembrano non dare loro tregua. La morte, la non accettazione da parte degli altri, il pregiudizio, i pettegolezzi e l’incomunicabilità rendono ancora più fragili i caratteri dei personaggi. Teresa, a differenza di Marianna e Osvaldo, anche se ha timori e paure, dimostra di avere maggiore stabilità, calma e coraggio nel reagire ai drammi della vita e ai torti subiti: «La mia macchina del perdono aveva una caratteristica particolare: non contemplava la furia violenta».
La vita travagliata di Teresa raccontata da Elena Marinelli mi ha ricordato Enrica, la protagonista de L’età del malessere di Dacia Maraini. Tra le due ragazze ci sono delle differenze, perché diverse sono le epoche in cui loro due crescono (anni Sessanta la giovane della Maraini, la fine gli anni Ottanta e primi Novanta per Teresa) e vivono (Roma e un paese di provincia non definito). Ad accomunare le due giovani ci sono però uno stato di abbandono per la mancanza o la scomparsa prematura dei genitori e delle persone care e una difficoltà a trovare l’amore vero e ricambiato e la presenza di ostacoli che mettono a dura prova l’integrità psichica e fisica delle due giovani donne in fase di maturazione. Teresa della Marinelli ed Enrica della Maraini sono simili perché nonostante tutta la sofferenza non smettono mai di sperare in un cambiamento positivo. Il terzo incomodo si rivela, pertanto, una vicenda di dolore ma Elena Marinelli infonde nella vita di Teresa la speranza di un domani, se non migliore, perlomeno vivibile.
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