Il terremoto, un monito inascoltato
Il terremoto in Italia centrale è la nostra tragedia più consueta, nazionale, uno specchio dentro il quale noi tutti ci riflettiamo.
Ogni cinque, dieci anni, l’Italia è percossa da un rapido movimento della terra, che miete vittime in numero sempre superiore a quanto può essere umanamente tollerato. Anche questa volta i morti non sono pochi, le lacrime scorrono copiose e la retorica non tarda a farsi travolgente.
In Italia il terremoto è motivo di cordoglio politico, di affarismo criminale, di lacrimosa apertura di telegiornali. Il terremoto non è mai, o quasi mai, ascoltato come il più potente monito a rifare, a ricostruire, a ridarsi da fare con regole diverse, su terreni diversi, su piani meno fragili e più solidi. E a farlo in fretta.
Adesso che sotto le macerie si scava per estrarre vivi e morti, le pietre lasciate ai margini delle strade, i mattoni trasformati in disordinati cippi funerari, sono la concreta reificazione di quel monito a rifare meglio.
Osservando le fredde e polverose macerie, l’Italia dovrebbe imparare a non produrne più, a non farsi più strappare la vita dalle unghie bestiali della morte più terribile. Dovremmo imparare a sturarci le orecchie per ascoltare il pianto delle vedove e degli orfani; a pulirci gli occhi per guardare il terrore nei volti dei sopravvissuti e lo strazio immortalato su quelli dei morti.
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Subito dopo questi eventi apprendiamo dell’esistenza di un’Italia operosa, la Protezione Civile, e di una oziosa, la politica. I tecnici si prodigano per spiegare gli eventi, i politici si siedono e aspettano che la situazione si plachi. Nel mezzo, nella terra di nessuno che separa tecnici e politici, la cittadinanza italiana vive con rassegnato fatalismo lo scorrere delle immagini dagli scavi, delle fotografie sul sito della Cnn, delle dichiarazioni dei testimoni. Il popolo è chiamato ad addebitare le colpe a un ente superiore, come nel dialogo di Leopardi tra la natura e un islandese.
Le colpe… Ma le responsabilità sono tutte in capo a chi non ha favorito la messa in sicurezza di quella mezzaluna dei terremoti che parte dall’Irpinia e raggiunge le Marche passando per l’Abruzzo e il Molise. Questi colpevoli sono coloro che per primi avrebbero dovuto ascoltare il monito dei terremoti precedenti, affinché Amatrice non fosse rasa al suolo con il suo tragico portato di vittime e affinché quel territorio non fosse straziato nuovamente da un evento prevedibile, perché ripetibile. Ecco allora la colpa più grave: la sordità. Il terremoto in Italia è un monito che resta sempre inascoltato da chi di dovere.
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