“Il tempo dell’attesa”, la saga dei Cazalet continua
«Il presente era grigio; il futuro era nero. Viveva in una nebbia fatta di paura»: Il tempo dell’attesa di Elizabeth Jane Howard è la descrizione di un tempo incerto, un momento fumoso nelle vite della famiglia Cazalet. Abbandonati i protagonisti della saga quando la guerra era una minaccia imminente ma ancora impalpabile, il lettore apre il secondo volume (pubblicato sempre e con successo da Fazinella traduzione di Manuela Francescon) ritrovando le loro storie adesso sospese negli anni del secondo conflitto mondiale e invischiate nei problemi quotidiani che ne sono inevitabilmente legati.
I Cazalet vivono un momento sospeso, ma non di certo morto. Non è nella penna della Howard scrivere con lentezza, o di una lentezza. La Howard è veloce, è una scrittrice che spennella ambienti, persone, con i tratti veloci della narratrice abile. Gli adulti sono invecchiati, gli adolescenti stanno diventando con fatica adulti, i bambini sono cresciuti e sono sempre più curiosi. Alcune vicende si sono complicate, come per Edward che non riesce più a metterci la leggerezza di un tempo nelle sue relazioni adulterine. Certi personaggi sembrano essere maturati quando sembrava impossibile persino a loro, come Zoë che adesso è mamma di una bambina splendida e ha capito che la sua bellezza non basterà a salvarla. Alcune donne che sono sempre state fedeli provano brividi nuovi. L’amore consolidato tra la dolce Rachel e l’inquieta Sid scopre delle impercettibili falle.
L’attesa, insomma, è anch’essa densa di cambiamenti.
Poi ci sono le cose che restano. Quella piccola ipocrisia dabbene che aleggia per le scale e le stanze della casa dei Cazalet, si posa sui discorsi intorno al fuoco e sulle porcellane in sala da pranzo, si attacca ai vestiti dei personaggi. La guerra sembra acuire questa tendenza: «Il peggio stava accadendo, e loro si comportavano come niente fosse. Era così che faceva la sua famiglia quando le cose andavano male», pensa Polly quando il Paese è ufficialmente entrato nel conflitto mondiale. In casa dei Cazalet non si combatte, non ci si infiamma per le vicende alterne della guerra, anche se la famiglia ne è toccata direttamente per l’esperienza di Rupert. I giorni si trascinano molli: l’attesa è soprattutto in questa sorta di apatia.
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Ma l’ipocrisia, per fortuna, resta ancora inaccessibile ai pensieri dei personaggi, che la Howard ci squaderna senza pietà, scandagliando i loro stati d’animo o dandoci a volte un assaggio con una frase laconica e imprevedibile. La varietà dei punti di vista (come per il primo volume, nel nuovo ritroviamo questa pluridimensionalità) ci permette voli pindarici da un Cazalet all’altro, ed è essenzialmente questo il motore trainante della narrazione.
Resta, inoltre, in questo libro, il desiderio dei protagonisti di stare insieme, di sostenersi a vicenda per tenere unito il filo così tenace del legame familiare. C’è poi la voglia di divertirsi, soprattutto con le bombe che cadono a Londra, e di pensare al pranzo e ai regali di Natale, che per i più piccoli resta l’evento più eccitante di tutto l’anno.
I bambini – che adesso sono più grandi, sono dei ragazzini – si prendono tanto spazio, quasi che spingessero pure sulla carta per ottenere quell’attenzione che non hanno mai avuto dagli adulti. I loro discorsi, soprattutto quelli di Clary e Polly, sono intelligenti, sono divertenti, sanno essere estremamente profondi, pur mantenendo quella ingenuità pulita e buona propria dell’infanzia. Non a caso, proprio nel finale, è Clary che diventa il personaggio chiave e che catalizza l’interesse della storia. E con i loro sguardi, soprattutto, la guerra viene raccontata in modo nuovo, come un evento enorme e al tempo stesso lontanissimo; qualcosa che non si capisce bene, che sembra assolutamente banale, eppure rende tutti così seri, e si esprime in situazioni terribili come i bombardamenti londinesi.
La guerra significa uno sconvolgimento che può portare alla morte, eppure i bambini sanno guardarla con curiosità, sanno analizzarla, ma soprattutto sanno avere fiducia che finirà.
LEGGI ANCHE – Il primo volume della saga dei Cazalet: sono “Gli anni della leggerezza”
Con questo secondo capitolo la saga entra nel vivo, raggiunge uno scopo che forse non era stato del tutto ottenuto con ilprimo volume: costringe chi legge a rimanere con il fiato eternamente sospeso, chiudendo il libro nello sconforto perché gli toccherà aspettare per sapere che cosa mai abbia voluto dire Archie (un personaggio nuovo) con quel pensiero fugace eppure così sicuro e puntuale lasciato proprio all’ultima pagina. Come tanti pensieri che ci passano per la testa per caso e che hanno il compito di cambiare per sempre le nostre vite. Elizabeth Howard, con gli intrecci delle storie dei suoi personaggi, questo sembra saperlo bene: le cose cambiano spesso all’improvviso. Il tempo dell’attesa può finire quando (e come) meno ce lo aspettiamo.
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