Il romanzo dell’Islanda. “La ragazza della nave” di Arnaldur Indridason
La ragazza della nave di Arnaldur Indridason (Guanda, traduzione di Alessandro Storti) è un romanzo in cui i risentimenti e le emozioni muovono le numerose azioni delittuose. Considerando altri “noir”, “il fattore umano” risulta prevalente rispetto ad altre più straniate componenti. Lo stesso senso di colpa che attanaglia chi ha compiuto premeditate atrocità sembra scaturire più dal rimorso di non aver amato o amato male, piuttosto che dall'aver torturato e ucciso.
Leggendo La ragazza della nave non si sfugge alla sensazione di come dal bene possa scaturire il male; si percepisce che il male non si distingue troppo dal bene quando è l'amore a provocarlo. Mai come in questo romanzo la vendetta appare come la versione giustificata della giustizia.
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L’Islanda nel corso della seconda guerra mondiale è uno snodo strategico cruciale. Il Paese ha pochi affamati abitanti: viene occupato prima dalle truppe inglesi e poi da quelle americane mentre la paura di un dominio tedesco-danese non è completamente scomparsa nelle sue suggestioni. I sommergibili tedeschi sono la minaccia che incombe sul piccolo Paese a corto di beni di prima necessità. Il nazismo danese non manca di insinuarsi nella vita privata degli inconsapevoliprotagonisti come espressione del male assoluto. Il lato originale del romanzo risiede nella sua ambientazione storica. Il merito letterario diIndridason è di narrare i fatti con una prosa limpida che mai eccede sia in accademismi che in iperbole o comunque in costruzioni particolarmente elaborate. Il romanzo appartiene a una delle tre serie narrative di Indridason: la serie storica.
All’inizio della guerra, tutti i residenti islandesi all’estero cercano di tornare in patria. Da Petsamo, porto sul Mar Glaciale Artico, parte la nave Esja che come in un biblico ritorno a casa trasporta gli ultimi islandesi rimasti negli altri stati del Nord Europa per ragioni di studio e lavoro. Sul ponte della nave c’è una ragazza, una giovane infermiera, il cui nome sapremo solo alla fine, che aspetta il suo fidanzato, con il presentimento che sia stato catturato dai tedeschi a Copenaghen. Sulla nave incontra un altro studente islandese che sta tornando anch'egli a casa. Sono questi i personaggi da cui prende spunto lavicenda. In seguito si aggiungeranno altri personaggi, tra cui una vecchia fiamma della ragazza e due poliziotti, uno islandese e l'altro canado-islandese del Manitoba, regione del Canada dove era emigrata una comunità islandese nell’Ottocento, che indagano su un misterioso delitto. Temi come lo sfruttamento della prostituzione, l'omosessualità, la gelosia, lo stupro, l'omertà, il nazionalismo e il nazismo si intrecciano, tra salti temporali e narrativi, a intorpidire il contesto dell'indagine. Fitti interrogatori da parte dei due poliziotti rivelano una schiera di ambigui personaggi per la maggior parte equivoci, quali papponi e tenutari di locali su cui si riversano le truppe di occupazione. Tra questi non mancanocoloro che attirano i sospetti dei due segugi. Sono questi gli elementi che creano una circolarità narrativa in cui inizio e fine, presente e passato, si rincorrono sotto il controllo della penna di Indridason che non sembra cedere a facili suggestioni, tenendo il lettore in un costante stato di tensione e curiosità.
Alla fine è l'amore, con i suoi contrasti e drammi, il segno che lo scrittore intendere trasmettere. Inevitabile appare il senso di colpa, in un contesto storico tra i più drammatici qualiil nazismo con i suoi sciagurati risvolti. L'amore e la sfera privata dei protagonisti si dipanano nell’intreccio di faccende che l'autore descrive in maniera magistrale, dividendole e integrandole come in dissolvenze cinematografiche. Non dobbiamo dimenticarci che l’autore è stato critico cinematografico e sceneggiatore quindi sa come tener sospeso il ritmo di un periodo.
Certi capitoli nelle prime righe nominano personaggi con i soli pronomi, in maniera che il lettore non capisca di chi si tratti. Sono solo due righe, non più, ma l'incipit è importante per incentivare in chi legge l’attenzione e l’interpretazione. Il lettore, come in altri romanzi, segue i personaggi e a volte fatica a ricordarli per nome e qui la cosa appare funzionale proprio per avere motivi in più per attivare la memoria e lo straniamento. Pur non essendo un romanzo labirintico, la storia procede per incastri mai cervellotici o troppo spettacolari. La lettura segue la scrittura dell'autore: limpida e mai morbosa.
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L’Islanda non è New York, la vertigine metropolitana lascia il posto agli intrighi di una piccola comunità che ivolgarioccupanti americani e inglesi considerano “selvaggia”. É questo un altro innesto interessante del romanzo che indica un pur tenue rilievo antropologico. L'universalità del libro sta nell'indicazione che Indridason ci offre nel mostraci che il male non manca dello stesso coraggio con cui si compie il bene, quando tra vendetta, giustizia e punizione, non corre quella differenza che solitamente divide il delitto da chi lo compie. Che l'assassino sia un giustiziere, non è certo una miscela nuova in letteratura (e nella vita), né nuovo è il prezzo che questo tipo di giustizia deve pagare. Merito dello scrittore islandese è l'aver reso tutto ciò avvincente e convincente.
Per la prima foto, copyright: Jonatan Pie.
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