Il ritratto della nuova malavita romana
Giancarlo De Cataldo è tornato in libreria con un nuovo romanzo, La Svedese (Einaudi, 2022) che aggiunge un nuovo capitolo al grande affresco della malavita romana che lo scrittore ed ex magistrato ha costruito nel corso degli anni attraverso una serie di libri di grande successo, come Romanzo criminale, Nelle mani giuste, Io sono il Libanese, Suburra: un successo poi confermato e ampliato dalle trasposizioni televisive e cinematografiche.
Chi è questa Svedese? In principio si chiama Sharon ed è una ragazza come tante, che vive in una disastrata borgata romana chiamata Le Torri e cerca di arrangiarsi come può, lavorando in nero come aiuto parrucchiera, sopportando una madre invalida e carica di rabbia verso il mondo e ritagliandosi anche qualche momento di serenità con le amiche di sempre e Fabio, un fidanzato bonaccione ma dalla vita non proprio specchiata: del resto, se vivi alle Torri, dove la droga scorre come acqua e bande di albanesi, rom e calabresi si contendono il controllo del territorio, è davvero difficile riuscire a mantenersi puliti.
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Persino Sharon, che si è sempre tenuta lontana dal malaffare e ha perso un sacco di lavori, sempre rigorosamente precari, per evitare le molestie di datori di lavoro attratti dal suo strano fascino, ad un certo punto finisce per rassegnarsi ad aiutare Fabio che deve effettuare una consegna illecita, senza sapere che questo segnerà un cambiamento totale della sua vita.
Il destino la mette infatti in contatto con il Principe, un ricco e stravagante abitante del centro di Roma, quella zona che ai borgatari appare sempre come un luogo mitico e inaccessibile, che rimane colpito da Sharon e intuisce tutto il potenziale di questa strana ragazza curiosa, desiderosa di studiare e di migliorarsi a dispetto della sua sfortunata posizione di partenza, fino a cercare di aiutarla pur non avendo nessuna mira sessuale su di lei in quanto gay.
L’insolito rapporto che nasce tra Sharon e il Principe porta la ragazza a costruirsi una posizione di rispetto nel mondo della malavita, nel momento particolare in cui lo scoppio della pandemia, con il suo corredo di divieti e limitazioni, non mette in crisi soltanto la vita quotidiana di tutti, ma anche le dinamiche preesistenti tra bande rivali che si muovono tra le varie borgate senza schemi e senza controlli.
Se però il fatto di essere una ragazza giovane e bella in un primo momento sembra costituire un punto di forza nell’ascesa della Svedese, come tutti ormai la chiamano, col passare del tempo il suo potere inizia a infastidire fin troppa gente, scatenando soprattutto la rabbia di chi sente di aver perso potere per causa sua.
Sempre attento ai cambiamenti della società, De Cataldo costruisce una storia attualissima, in cui il punto focale è costituito dai mutamenti avvenuti nel mondo della droga, dove l’avvento della Gina, o “droga dello stupro”, ovvero l’acido gamma-idrossibutirrico (Ghb) ha trovato molti consumatori: si tratta di una sostanza che si può acquistare con relativa facilità in quanto venduta in certi settori per altri scopi, e che assieme all’alcool e a farmaci come le benzodiazepine serve a organizzare festini a base di chemsex, ovvero sesso facilitato e aumentato dall’apporto chimico, con conseguenze spesso devastanti quando i dosaggi diventano eccessivi.
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Sullo sfondo dei traffici tra spacciatori e consumatori, che in un certo senso riflettono in modo simbolico i rapporti tra il centro e le multiformi periferie della capitale (il centro vive anche grazie alle periferie, ma resta per esse pressoché inavvicinabile), si svolge la vita anonima e rassegnata dei borgatari, ai quali le restrizioni dovute alla pandemia appaiono solo come l’ennesima beffa perpetrata ai loro danni: La Svedese è una donna che prova in qualche modo a combattere questa rassegnazione e ad allontanarsi dalle Torri per conquistarsi un posto nell’inarrivabile centro.
Per la prima foto, copyright: Federico Di Dio photography su Unsplash.
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