Il ritorno di J.D. Salinger
Jerome David Salinger: a ormai più di quattro anni dalla sua scomparsa, torna a far parlare di sé lo scrittore più misterioso del Ventesimo secolo.
6 maggio 2014: esce la nuova edizione italiana de Il Giovane Holden, con la traduzione di Matteo Colombo, pubblicata da Einaudi.
8 maggio 2014: viene pubblicata in Italia la biografia di J. D. Salinger, intitolata Salinger – La Guerra privata di uno scrittore (ISBN Edizioni), di David Shields e Shane Salerno.
20 maggio 2014: esce in Italia, in un numero esiguo di sale cinematografiche, solo per un giorno, il film-documentario sulla vita dello scrittore americano (tratto dall’autobiografia appena edita), dal titolo Salinger– Il mistero del giovane Holden.
Nel volgere di una quindicina di giorni ritorna prepotentemente una delle figure più enigmatiche del Novecento letterario, anche se personalmente faccio fatica a pensare che J.D. Salinger, da una sessantina d’anni a questa parte, abbia mai – nonostante la sua morte nel 2010 – abbandonato la scena. Ora, parlare de Il Giovane Holden, di Nove Racconti, Franny e Zooey e Alzate l’architrave carpentieri e Seymour. Introduzione, richiederebbe troppo tempo e probabilmente ci farebbe vomitare un sacco di “baggianate” – se vogliamo dirla alla Holden Caulfield – su di uno scrittore che anche il più esperto dei critici letterari fa fatica a inquadrare. Ritorneremmo continuamente sui temi centrali delle opere: l’ambizione e l’incoerenza, il trauma della seconda guerra mondiale e dei campi di concentramento (la famiglia dello scrittore era per metà ebrea), la voce nuova nel panorama letterario post-bellico, Il Giovane Holden come simbolo di una rivoluzione, i matrimoni e i divorzi, l’amore per la giovinezza e l’attrazione platonica verso le giovani innocenti, il rifiuto della fama e il progressivo distacco e isolamento dalla società, la costruzione del mito-Salinger, l’avvicinamento e la fedeltà alla filosofia vedānta. Sono argomenti su cui non si finirebbe mai di parlare, usurati da critici e critici. Cerchiamo quindi di fare una panoramica sulla vita di J. D. Salinger limitandoci a queste tre uscite, concentrandoci maggiormente sui due lavori di Shields e Salerno, senza nulla togliere a Einaudi, Matteo Colombo e alla nuova traduzione: lo facciamo semplicemente perché abbiamo intenzione di dedicargli un intero articolo.
L’opera dei due biografi è monumentale: 750 pagine, più di 200 intervistati, 9 anni di lavoro, 6 anni di riprese segrete. Senza contare l’influenza delle precedenti biografie (di cui Shields e Salerno criticano molti aspetti, senza troppo imbarazzo) che non sono poche. Il materiale di partenza dev’essere stato esorbitante per i due, che hanno dimostrato grande abilità nell’individuare e descrivere i momenti più incisivi nella vita di Salinger, soprattutto quelli all’apparenza più insignificanti.
Per quanto riguarda il film-documentario tratto dalla biografia, si è riusciti a mantenere l’equilibrio del compromesso tra il tono epico tipico delle biografie americane e l’intenzione di far luce una volta per tutte sul mistero della vita di Salinger. Si oscilla tra interviste, ricostruzioni di stampo teatrale, foto e letture di brani dello scrittore. Il risultato riesce a interessare lo spettatore e ad essere anche esaustivo nella ricostruzione della vita di Salinger (sacrificando, ovviamente, la minuziosità e l’attenzione ai dettagli che Shields e Salerno regalano nel libro), incuriosendo i palati più fini e intrattenendo chi solitamente evita i documentari. Soprattutto se pensiamo al finale, un vero e proprio finale col botto: l’annuncio, riportato anche dal «New York Times», che a partire dal 2015, secondo dirette disposizioni di Salinger, inizieranno a esser pubblicate le opere inedite a cui lo scrittore si è dedicato negli ultimi quarant’anni della sua vita, passati tra isolamento e religione. I lavori andranno ad ampliare e approfondire, a quanto affermano Salerno e il giornale americano, il quadro sulla famiglia Glass, di cui Salinger ha scritto principalmente nei suoi racconti, e sulla famiglia Caulfield, di cui fa parte ovviamente Holden, “l’acchiappatore nella segale” (traduzione italiana del titolo originale The Cathcer in the Rye) protagonista dell’unico e più famoso romanzo pubblicato dello scrittore. Sembra siano pronti per la pubblicazione anche un romanzo ambientato durante la seconda guerra mondiale e un manuale sulla religione vedānta redatto dallo stesso Salinger.
Su tutto ciò la famiglia Salinger non si pronuncia. Staremo a vedere.
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Per il libro, invece, è un altro paio di maniche. Salinger – La Guerra privata di uno scrittore, edito da Isbn Edizioni (casa editrice che a mio dire merita il plauso per aver creduto in questo investimento fondamentale e – suppongo – finanziariamente rilevante) è un bel tomo di 750 pagine, curato nel minimo dettaglio, che si legge tutto d’un fiato e questo grazie anche al modo in cui è strutturato. L’opera è costituita per il novanta per cento da testimonianze, interventi, foto e scritti (anche di Salinger stesso) relativamente brevi e in gran parte inediti, che formano un puzzle che molto spesso risulta incoerente, dato che alcune delle testimonianze riportate discordano tra loro. Sono anche (e forse soprattutto) queste incoerenze che riescono a mettere più chiaramente a fuoco l’immagine di una personalità ambigua com’era quella dello scrittore americano. Grande impatto ha questa struttura quando Shields e Salerno si trovano a dover descrivere i contesti e le situazioni che lo scrittore ha dovuto affrontare. Un esempio: la portata del trauma che Salinger ha avuto in seguito alla partecipazione alla seconda guerra mondiale (il battesimo di fuoco nel D-Day, la strage della foresta di Hürtgen, la liberazione del campo di concentramento Kaufering IV) è resa grazie alle testimonianze di chi, a tutti questi eventi al limite dell’umano ha partecipato. Sembra che Salinger abbia raramente parlato con qualcuno della guerra e della sua esperienza in Europa; i due biografi hanno così raccolto asserzioni, documentazioni e fotografie – alquanto raccapriccianti – che permettono al lettore di avvicinarsi, perlomeno emotivamente, a quegli eventi.
C’è da dire, però, che questo libro non è solo documentazioni e interviste: Shields e Salerno si riservano tre capitoli, uno a metà dell’opera e gli altri due alla fine, per far trasparire il loro punto di vista. Nel primo di questi due, intitolato Segui la pallottola: Nove Racconti, Shields si lancia in un lungo monologo in cui si rivolge direttamente a Salinger, trattando uno per uno tutti i racconti raccolti nella seconda opera più famosa dello scrittore statunitense, Nove Racconti appunto, incalzando l’immaginario conversatore con una riflessione sui più intimi episodi della sua vita, sui suoi traumi, sul suo credo. Gli altri due capitoli sono quelli finali, che chiudono il testo, intitolati uno Jerome David Salinger: conclusione e l’altro Segreti. Nel primo di questi i due si prestano a riassumere la figura di Salinger in dieci patologie, partendo da una frase dello scrittore stesso: «Non sono un uomo, sono una patologia». Nel capitolo conclusivo, invece, si riservano di rivelare in prima persona, entrambi, senza filtri o testimonianze, la prossima uscita delle opere inedite di J.D. di cui già abbiamo parlato.
Ci sarebbe un’infinità di argomenti da trattare: l’opportunismo di giornalisti, fan e a volte anche di persone che sono state vicine allo scrittore, la sua ricerca quasi ossessiva di privacy e serenità, aneddoti incredibili come i vari incontri tra Salinger ed Hemingway, gli assassinii legati a Il Giovane Holden, le aggressioni dei paparazzi e i numerosi processi che lo scrittore newyorkese ha dovuto affrontare per preservare la riservatezza dei suoi rapporti epistolari. Tutte cose che questo libro riporta nei dettagli. Non resta, quindi, che dar ragione al «The Sunday Times»quando dice: «Possiamo prevedere con una certa sicurezza che, dopo questo stupendo lavoro di ricerca, non ci sarà mai più bisogno di un’altra biografia di Salinger». Sempre che questi inediti, di cui tanto si parla, non rimettano tutto in discussione: staremo a vedere.
«Certe cose dovrebbero restare come sono. Dovreste poterle mettere in una di quelle grandi bacheche di vetro e lasciarcele. So che è impossibile ma è un gran peccato lo stesso» [J.D. Salinger, Il Giovane Holden, Einaudi, 1961, traduzione di Adriana Motti].
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