Il racconto di una vita sospesa. Jonas Fink di Vittorio Giardino
A marzo 2018, largamente anticipato dopo vent’anni di attesa, e dopo essere già uscito in Francia a gennaio per Casterman, ha finalmente visto la luce editoriale il terzo e conclusivo capitolo della saga di Jonas Fink Il libraio di Praga, la straordinaria epopea grafica di Vittorio Giardino, per i tipi di Rizzoli-Lizard.
La sensazione cresciuta nel tempo era di quelle riservate a pochi prodotti intellettuali, ci si aspettava qualcosa di ragionevolmente significativo. Agli affezionati, che dal 1998 ne attendevano il finale, sarà probabilmente apparsa strana la scelta dell’editore italiano: abbandonato il formato con cui erano stati pubblicati i due precedenti volumi, si è optato per un cartonato antologico comprendente anche i precedenti episodi, già pubblicati (Jonas Fink-L’infanzia e Jonas Fink-L’adolescenza), riproponendoli con il titolo Una vita sospesa, con buona pace dei possessori della prima ora che si ritroveranno così con una collezione interrotta. Per tutti gli altri c’è la possibilità di una lettura integrale che abbracci l’intero sviluppo degli eventi dal loro inizio.
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Il volume conclude le vicende (comparse per la prima volta nel 1991, sull’ormai estinta rivista «Il Grifo») del protagonista, un giovane ebreo praghese di famiglia benestante che vede la sua vita sconvolta dalle vicissitudini della Storia socialista dell’Est-Europa, in un arco temporale tracciato dagli anni Cinquanta alla drammatica conclusione della primavera di Praga nel 1968. L’autore bolognese chiude così il cerchio ideale di una produzione intensa e partecipata, e lo fa con l’elegante meticolosità dello stile che lo ha contraddistinto presso un pubblico che negli anni si è fatto sempre più vasto e attento e che ha molto in comune con la scuola franco-belga della ligne claire. Un’ampia documentazione storica, letteraria e cinematografica sottende da sempre - in maniera evidente ma sempre con grande pertinenza – alle opere di Giardino, e il medesimo sguardo fiero e malinconico si percepisce nel racconto della maturità del protagonista Jonas, ormai giovane adulto durante i moti della primavera praghese che si sarebbe precocemente trasformata in un nuovo, rigido inverno.
All’interno della struttura narrativa il piano storico e quello letterario si intersecano con decisa armonia, e Giardino stesso ha avuto modo di dichiarare in un’interessante intervista a TV7: «Mi è sempre parsa straordinaria l’importanza che le dittature e i dittatori, nel momento del colpo di stato ma anche dopo, danno alla cultura. Io non penso che i golpisti, in questo come in altri casi, siano proprio degli uomini di cultura, però, quello che è certo è che bloccare gli scrittori, i giornalisti eccetera è una delle loro prime preoccupazioni, il che vuol dire che li considerano pericolosi, il che vuol dire che li considerano importanti».
In un contesto delicato ed entusiasmante come il ’68 mitteleuropeo, che affascinò tra gli altri anche il Milan Kundera de L’insostenibile leggerezza dell’essere, si muovono Jonas Fink e i suoi vecchi amici, tutti già familiari al lettore, ormai più maturi ma ancora illusi che la stagione stalinista abbia finalmente lasciato il passo a una nuova aria di rinnovamento, soprattutto culturale: la storia, inaspettatamente o meno, li smentirà in maniera dolorosa. Le 161 tavole che compongono quest’ultimo affresco sono dense di minuti dettagli, rimandi e omaggi di ogni genere, e invitano il lettore a tempi di lettura estesi per potersi perdere con tutta calma all’interno di una vasta cornice emozionale. Oltre che attraverso una rigorosa documentazione saggistica letteraria e iconografica (di cui si può trovare traccia nell’appendice che chiude il volume), il reperimento e il confronto di numerose fonti, è evidente come per costruire questo meccanismo d’immedesimazione Giardino abbia viaggiato tornando più volte sui luoghi narrati, su sua specifica ammissione cercando di evitarne gli angoli più turistici, concentrandosi invece su scorci sociali più lontani dallo sguardo apparente, riproposti in una successione di istantanee che sono poi il risultato di un mescolamento tra i viaggi più recenti e i ricordi della sua precedente vita di giovane ingegnere in trasferta oltre cortina negli anni Settanta.
Il viaggio verso l’esterno, la fuga, diviene invece l’ultima – e unica – soluzione per Jonas Fink, stanco di vivere una vita “sospesa” appunto, divisa tra un’incertezza perenne e un senso di incompiutezza che preme su molte delle scelte del protagonista. Caratteristica descrittiva che emerge con forza, e per chi conosce lo stile narrativo di Vittorio Giardino non è certo una novità, è l’attenzione dedicata alla dimensione morale di tutti i personaggi, costretti a scelte difficili e laceranti, oppure freddamente calcolate, descritte però sempre con un’attenzione commovente alla normalità, sempre enormemente complessa, delle vicende umane. La voce dell’autore non appare in ogni caso mossa da alcun polveroso spirito didattico: «Per rinnovare la memoria, non serve raccontare la grande storia, ma è meglio concentrarsi su una vita e osservarne le evoluzioni» evidenzia.
Chi ha seguito il lavoro di Giardino negli ultimi vent’anni ha a un certo punto nutrito il comprensibile timore che la conclusione di questa storia potesse non giungere mai a compimento; timore che in parte ha accompagnato anche lo stesso Giardino: gli anni passavano, i tempi di lavoro del maestro sono sempre rimasti adeguati alla maestosità grafica e rappresentativa dei risultati, e ad allungare ulteriormente il processo è intervenuta l’urgenza dell’autore di confrontarsi prima con un’altra trilogia eccellente, l’ultima avventura dell’agente segreto e gentleman francese Max Friedman, quel No pasaràn ambientato durante la guerra civile spagnola che ugualmente ha regalato sogni ai lettori più esigenti.
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Ma la storia di Jonas Fink, ebreo vittima del tragico e paradossale antisionismo socialista, prima forzatamente estromesso da qualunque ambiente culturale, poi commesso e infine titolare di una piccola ma fornitissima libreria di Praga, meritava di essere raccontata con completezza: il risultato non ha deluso le attese, e le prime recensioni che hanno accompagnato le anticipazioni e la prima pubblicazione in Francia sono state entusiaste. Ci uniamo a quel coro.
«Anch’io ero curioso di sapere che faccia avrebbe Jonas dopo così tanto tempo» ha raccontato Vittorio Giardino a proposito di Una vita sospesa. Il suo aspetto è cambiato col tempo, ma l’espressione dei suoi occhi è rimasta familiare.
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