Il racconto della guerra al chiaro di luna
Più ancora che come eccezionale documento storico registrato in presa diretta, il manoscritto di William Stanley Moss Brutti incontri al chiaro di luna, affidato per Adelphi alla traduzione di Gianni Pannofino, emerge come un’ulteriore tangibile prova dell’abilità narrativa di scuola anglosassone, combinazione di una prosa agile e ricca di pathos per avvenimenti bigger than life, allo stesso tempo capace di lasciare il passo a commoventi digressioni e ironiche spigolature sulla realtà.
La materia alla base del racconto è, già di per sé, di rara unicità: Creta, primavera 1944; l’inside story di come due giovani ufficiali dei servizi inglesi (poco più che ventenni), William Stanley Moss e Patrick Leigh Fermor, coadiuvati da un risoluto manipolo di partigiani, attuarono il sequestro e il successivo trasferimento al Cairo di Heinrich Kreipe, comandante della divisone Sebastopol sull’isola nonché uno dei militari di maggior spicco della gerarchia nazista in Grecia. La fuga e la caccia all’uomo che seguirono l’azione rimangono probabilmente tra le pieghe più avvincenti del confronto bellico su suolo europeo. Urge tuttavia un immediato spoiler: non si tratta di un racconto di guerra, non solo. Non per lo meno nella tradizionale accezione che solitamente affibbiamo a questo tipo di narrazione: non sono previste sequenze di combattimenti, niente bombe, nessuna vendetta. Chiaramente gli elementi che rimandano al conflitto costituiscono l’humus da cui la storia trae anima, e i riverberi sono potenti tra le righe.
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Lo spirito di lettura con cui le pagine vanno affrontate, tuttavia, appare più quello tipico del diario; per essere più precisi, il diario di un ventunenne. Certo, un ventunenne colto e dall’esagerato senso dell’avventura, che davanti a sé ha una vita di cronista che toccherà alcuni dei luoghi più remoti del pianeta, ma si parla pur sempre di un giovane uomo, pronto a tutto ma allo stesso tempo desideroso di tornare all’abbraccio degli amici di sempre, pur sapendo che si tratterà di intervalli, brevi parentesi future destinate a non durare mai troppo a lungo, e in fondo sembra giusto così. Questa chiave può agevolare buoni spunti per sintonizzarsi sulle frequenze dell’entusiasmo spericolato che innerva tutta la vicenda (e molte altre analoghe): lo spirito d’iniziativa, l’improvvisazione, l’enorme abnegazione, la possibilità del sacrificio compaiono tutti come elementi inevitabili non solo nella registrazione della realtà, ma al tempo stesso come ingredienti imprescindibili di una costruzione letteraria sviluppata al suo meglio.
Tra le righe di I’ll meet by the moonlight lo strano legame tra esseri umani che si cementa sul filo del rischio, l’accettazione dell’ignoto e il coraggio di abbracciare la casualità divengono tutti elementi funzionali alla composizione di un affresco dal ritmo forsennato ma che suggestiona proprio per la sua aderenza allo svolgersi dei fatti nella loro sequenza ritmica.
Come sottolinea anche Mattia Nesto su CriticaLetteraria, da questo punto di vista, lo stile adottato da Moss appare impressionante: non asciutto ed essenziale, ma nemmeno diluito in lungaggini satelliti che non avrebbero probabilmente agevolato gli stacchi del racconto. Lo sguardo è all’altezza di una “soggettiva critica”, attento a registrare tanto alcuni dettagli del folclore comportamentale locale quanto a vibrare di tensione al momento dell’ultima fuga, sempre conservando un punto di vista uniforme e credibile, ma rimanendo aperto al sogno:
«Poi Paddy e io ci siamo dedicati alle bottiglie di raki bevendone una quantità notevole in pochissimo tempo, per scaldarci un po'; eravamo a stomaco vuoto, e questo ci ha reso alquanto allegri. È stata la prima volta in vita mia che mi sono ubriacato per necessità, e la sensazione era piuttosto piacevole. L'alba si è intrufolata coi suoi ineffabili colori nel cielo a Oriente, e mentre il sole, come un festaiolo mattiniero dal naso verde, faceva capolino tra gli alberi, noi abbiamo borbottato qualcosa sul 'busy old fool, busy old fool', e appena distesi ci siamo addormentati.»
Sullo sfondo, ma nemmeno troppo, rimane l’isola di Creta e il suo fascino millenario; la semplice generosità dei contadini e la paura degli abitanti sconvolti da un conflitto eterno – in tutte le sue dimensioni storiche, dalle faide ad una guerra mondiale –, l’entroterra dal sentore selvatico e le sue mitiche vette, dimora di leggende e rifugio degli uomini.
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Le pagine di Moss, originariamente pubblicate da The Folio Society (casa editrice fondata a Londra nel 1947), costituiscono dunque una lettura “alta”, che coniuga sapientemente la dimensione storica dell’evento, cogliendone la portata, e quella drammatica, resa invece con una prosa ricca di sentimenti senza sbavature. In Brutti incontri al chiaro di luna troviamo mescolati nella medesima realtà possibile gli occhi di un ragazzo, e lo spirito disincantato di un uomo.
Per la prima foto, copyright: Kristen Wyman.
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