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Il racconto dei nostri fantasmi. Intervista a Nadia Terranova

Il racconto dei nostri fantasmi. Intervista a Nadia TerranovaHo avuto il piacere di intervistare una delle giovani voci più interessanti del panorama letterario. Nadia Terranova, infatti, dopo il successo di pubblico e i premi ottenuti con Gli anni al contrario (Einaudi 2015) è tornata in libreria con un nuovo romanzo, sempre edito da Einaudi che porta il titolo di Addio fantasmi. Un’opera apparentemente al femminile, ma che cela molto di più al suo interno: dolori, mancanze, strappi, male di vivere e voglia/bisogno di reagire. Una storia quella raccontata dall’autrice che dall’individuale passa all’universale abbracciando le esistenze più variegate, sono sicuro che chi di voi lo leggerà troverà tra le pagine un pezzo di sé, o comunque verrà spinto a dar voce ad angoli reconditi del proprio essere silenti da tempo.

 

Volevo iniziare col chiederle qualcosa che probabilmente le avranno già domandato un migliaio di volte, ma ci terrei che anche i lettori di Sul Romanzo potessero conoscerla meglio. Nadia bambina già sapeva che sarebbe diventata un’apprezzata scrittrice o erano altri i suoi sogni?

Volevo fare la postina o la geologa, poi invece a un certo punto in terza elementare alla maestra che mi chiedeva se volessi fare la giornalista ho risposto convintissima: no, la scrittrice. Avevo da poco finito di leggere Piccole donne.

 

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Con Gli anni al contrario ha vinto numerosi premi e ottenuto riscontri su larga scala. Cosa cambia nel cuore e nella mente di una persona che di parole vuole vivere quando accade qualcosa del genere?

È bello se arriva qualche conferma, soprattutto all’inizio, è utile a non scoraggiarsi, a rafforzare la direzione.

 

Ogni volta che si pubblica un nuovo romanzo ci si sente fragili, nudi, esposti al giudizio, come ha vissuto l’uscita di Addio fantasmi, soprattutto tenendo presente il successo del suo precedente lavoro?

Ormai lo so che quando scrivo mi sento così, ma non saprei fare diversamente.

Il racconto dei nostri fantasmi. Intervista a Nadia Terranova

Ida, la protagonista dell’opera, è una donna di trentasei anni che vive costretta dalle catene messe su da una tredicenne vittima di un dolore inaspettato, può parlarci di lei?

Il dolore inchioda e paralizza, può passare moltissimo tempo prima che si trovi davvero la via d’uscita. Vorrei dire che non è vero, che è banale, invece è proprio così che accade, e a volte quel tempo lunghissimo può essere infinito.

 

Il suo romanzo all’apparenza potrebbe sembrare un’opera al femminile, si parte con la figura della nonna paterna, poi incontriamo la madre di Ida, la sua migliore amica Sara. L’universo maschile viene raccontato quasi esclusivamente attraverso gli effetti che questo ha nella vita delle donne. Come mai questa scelta?

Il precedente, Gli anni al contrario, aveva per protagonista un uomo, Giovanni, e mi ero immersa completamente nel suo sguardo, stavolta mi è venuto naturale fare la scelta opposta.

 

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La mia impressione è che i protagonisti indiscussi del romanzo siano Ida e suo padre Sebastiano, perché la sua assenza si fa presenza ogni giorno, nei singoli respiri, nelle scelte della figlia prima, della donna e della moglie che Ida diventerà poi. Davvero i fantasmi possono condizionare a tal punto l’esistenza se non li seppellisce in modo adeguato?

Sì, al punto che per me i protagonisti non sono Ida e suo padre, ma Ida e il fantasma di suo padre.

 

La sua opera dà modo di riflettere molto sui rapporti tra genitori e figli, sugli effetti che i primi anni di vita avranno sul futuro tutto. Come scrittrice cosa intendeva comunicare raccontando la storia di Ida e sua madre e il triangolo Ida, madre, padre assente? Come madre invece come vive tale consapevolezza?

Non penso mai a me stessa dentro un ruolo, penso alle relazioni familiari come un teatro dove dietro la facciata ci sono persone più complesse di un’etichetta, chiunque è insieme figlio, genitore (persino se non ha figli), fratello, amante… Siamo tanti ruoli, tutti insieme.

Il racconto dei nostri fantasmi. Intervista a Nadia Terranova

Ida non permette a nessuno di avvicinarsi al suo dolore, neppure al marito Pietro è consentito, forse solo l’incontro con l’amica Sara, ormai adulte entrambi, e la rivelazione del giovane Nikos la scuotono al punto di sentirsi grata, accorgendosi che ogni essere vivente soffre e affronta drammi spesso non comunicati. Per lei il dolore che forma ha?

Ida a un certo punto del libro lo definisce una piccola sfera arroventata, e all’inizio è proprio così, squarcia, esplode, brucia ininterrottamente. Poi succedono altre cose – non si calma, no, ma viene sopraffatto. E alla fine, solo alla fine, si trasforma.

 

A qualche mese dall’uscita del romanzo quali sono le sue sensazioni, è soddisfatta, è stato compreso nella maniera nella quale lei lo intendeva?

Ora è il momento di lasciare parlare i lettori, ho incontrato tante persone che mi hanno detto di essersi ritrovate in un libro che parla di mancanze, che affronta il dolore così nel profondo. Ora, paradossalmente, la mia storia non è più mia, e adesso sono io che ascolto le loro.

 

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Vorrei chiudere con una domanda di rito, che potrebbe dare speranza a chi ha amato i suoi precedenti libri e non vede l’ora di leggerla nuovamente. Cosa dobbiamo aspettarci nel futuro prossimo, quali sono i progetti dei quali può accennarci qualcosa?

A marzo uscirà un libro per ragazzi a cui tengo molto, come al solito è adatto anche agli adulti. Per ora non dico di più, ma è proprio un piccolo pezzo di cuore, e sarà illustrato da un’artista che adoro.


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Per la prima foto, copyright: Artem Kovalev su Unsplash.

Per la terza foto, la fonte è qui.

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