Il racconto dei morti nel Mediterraneo. “Venne alla spiaggia un assassino” di Elena Stancanelli
Puntata n. 78 della rubrica La bellezza nascosta
«Migliaia di persone stanno morendo affogate nel Mediterraneo, tentando di arrivare in Europa. I governi finora avevano reagito in maniera inefficace, goffa ma composta. Almeno in apparenza, almeno nei toni, conservavano misericordia per quell’ecatombe. Dopo le elezioni del 4 marzo e l’insediamento del governo che ha come ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio il leader della Lega Matteo Salvini, il linguaggio è cambiato. I morti in mare sono diventati l’esempio da dare a chi si ostina a partire. State dove siete, perché chi parte muore. A questo scopo, per evitare testimoni e sopravvissuti, si è intrapresa una crociata, morale e nei fatti, contro le ONG. Screditandole, provando a montare accuse implausibili, considerandole responsabili di quasi tutto, compresa l’abbondanza dei flussi migratori. La gente scappa perché qualcuno li tira su dall’acqua. Lasciateli crepare, che nessuno li aiuti, e vedrete come i loro amici smetteranno di partire.»
Cosa significhi essere umani è una domanda che ultimamente mi sono fatto molte volte. Basta accendere una televisione e prestare un po’ di attenzione a un telegiornale per ascoltare la cronaca di qualche barca al largo delle coste italiane, qualche barca stracolma di persone, persone che chiedono di poter essere salvate, accolte. Persone, appunto, e non cose, non merce. Essere umani vuol dire prima di tutto avere a cuore la sorte di un altro essere vivente, vuol dire, prima di tutto, essere emozionali, avere empatia, soffrire nel vedere la sofferenza; possedere una spinta, un moto verso chi ha bisogno di aiuto, verso qualcuno che in pericolo di vita.
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Leggendo le pagine di Venne alla spiaggia un assassino, questo saggio/reportage di Elena Stancanelli, ho provato diverse emozioni, ho sentito rabbia, tanta rabbia, e a tratti, quando la rabbia scemava, ho avvertito una tristezza potente, nello stomaco, dentro i muscoli. Ci sono leggi e ci sono gli uomini, ci sono spostamenti da rispettare e c’è chi non riesce a restare inerme mentre affonda lo sguardo sopra un viso stremato dalla fatica e dalla paura, ed è costretto ad agire, per il semplice fatto di riconoscere lì, tra le onde, una moltitudine uguale alla sua.
Elena Stancanelli è nata a Firenze nel 1965, Venne alla spiaggia un assassino è stato pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo.
Elena inizia a scrivere questo libro nell’ottobre del 2018, lei pensa che sia è un dovere della civiltà quello di tutelare i diritti umani, facendo il possibile per arginare rabbia, ignoranza e violenza. Una ONG è una comunità di persone, che cooperano con un obiettivo politico: salvare vite umane. E come scrive l'autrice: «Niente può tenere in piedi una civiltà, non voglio dimenticarlo mai più, se non la comunità e la politica.» Da qui, un saggio, un reportage intenso e doloroso.
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Quando ho chiuso il libro di Stancanelli ho lasciato che tutto ciò che avevo letto defluisse piano dalla mia testa. Ho cercato di prendere tempo, di lasciare che le parole lette si assopissero, per poi risvegliarle nel momento in cui avrei potuto gestirle.
Elena Stancanelli ci racconta delle condizioni di esseri umani che si trovano al largo delle coste italiane, sopra imbarcazioni dove vengono trattati come merce, come oggetti.
Uomini e donne che vengono vestiti dello stesso valore della plastica o del ferro. E ci racconta le morti, le morti in mare, dove bambini e madri annegano, dove uomini trovano la fine al termine di un viaggio che avrebbe dovuto essere speranza.
«Continuo a pensare al modo in cui stava seduta sul mio divano. Con lo sguardo fisso, dimenticando la tazza di tè che piano piano si raffreddava sul tavolo. Parlava cercando di tenere a bada le emozioni, abituata a non dover commettere errori, a spiegare con calma sempre le stesse cose, le stesse cose ovvie che alcuni giornalisti ancora fingono di non sapere. Ogni tanto sbadigliava, e frase dopo frase la tensione si allentava un po’. Così ogni tanto le uscivano parole che sembravano delle rese. I suoi discorsi erratici seguivano le emozioni, e ho cercato di mantenerli così, trascrivendoli.»
Un diario, questo, umano, feroce, che con la voce forte e decisa di Stancanelli prova a farci una violenza necessaria, tenta di farci vedere cose per cui avremmo preferito non avere occhi, che avremmo preferito non poter guardare.
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Un libro che necessita di una lettura, pagine che hanno bisogno della nostra compagnia, affinché tutti possano comprendere e capire che quello che sta accadendo a poca distanza da ognuno di noi è qualcosa che va al di là della legalità, qualcosa che assume la forma dell’incubo, qualcosa che nessuno vorrebbe mai accadesse e invece accade, e invece è tutto vero, e non basta svegliarsi e non basta provare rabbia, forse odio, come dice la scrittrice fiorentina.
Essere umani, sentirsi umani, avere cura dei nostri simili.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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