Il primo volume della saga dei Cazalet: sono “Gli anni della leggerezza”
Gli anni della leggerezza di Elizabeth Jane Howard è soltanto il primo di una storia lunga cinque volumi, che l’editore Fazi, per la traduzione di Manuela Francescon, ha deciso di far conoscere al pubblico italiano. La saga dei Cazalet, la famiglia che si muove sulle scene del romanzo, ha un percorso intenso alle spalle: dopo aver venduto più di un milione di copie in Inghilterra, è diventata anche una fiction, in onda per la BBC negli anni Novanta.
Tutti i presupposti per incuriosirsi al libro ci sono, e la bellezza della copertina di certo contribuisce. La scrittrice spalanca le porte della casa di villeggiatura di una famiglia borghese nell’Inghilterra alle soglie della seconda guerra mondiale, e spazia dallo studio del vecchio patriarca alla camera da letto delle nipoti più giovani per raccontare le loro vicende. I genitori, i tre figli maschi con le rispettive mogli, la figlia non sposata, Rachel, tutti i nipoti, i domestici, e personaggi che ruotano intorno alla famiglia si avvicendano nel romanzo. Howard sceglie di raccontare attraverso gli occhi di tutti questi attori, assumendo di volta in volta il punto di vista di ciascuno di loro. La pluralità di voci, che si rimbalzano e si completano, o si contraddicono a vicenda, è un vero shock narrativo, che comprende (nel senso di “abbracciare”) in pieno la complessità delle storie qui presentate.
Ma l’autrice si sofferma con dovizia di particolari, a volte quasi snervante, anche su tutto quello che circonda le persone. Possiamo conoscere con certezza le pietanze preparate dalla cuoca per colazione, pranzo e cena, o i vestiti, nelle loro sfumature di colore e nei tessuti, che Villy acquista per sentirsi meglio con se stessa, o gli oggetti che riempiono la camera degli ospiti. L’occhio di chi scrive si appunta sulle cose materiali, per tratteggiare l’ambiente borghese in cui abitano i personaggi.
Perché tutto il cuore del romanzo sta nel tentativo di svelare, descrivendo un gesto o facendo pronunciare una battuta, ma anche squadernando impunemente tutti i loro pensieri, la natura profonda di ciascuno di questi numerosi protagonisti. È una natura aggrovigliata, attraversata da tensioni forti, da rancori e da desideri repressi. Alle figure più chiare, come Edward, il marito affascinante di Villy, si oppongono personaggi più combattuti, come Rachel, che ama di nascosto la sua migliore amica. Ma i problemi quotidiani presto vengono schiacciati da una preoccupazione nuova, sempre più insistente, che è la minaccia della seconda guerra mondiale. Il racconto si conclude nell’estate del 1938, quando Hitler scopre le sue carte, e il conflitto sembra ormai inevitabile. Comincia a dischiudersi una frattura nelle vite dei Cazalet, che li costringe a riflettere su alcune situazioni, a fare davvero i conti con se stessi.
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“Saga familiare” è una categoria interessante in cui inserire il romanzo della Howard: le vicende storiche si riflettono in quelle familiari, ne modificano il corso, e al tempo stesso vengono rimandate da un preciso punto di vista, necessariamente parziale. Non è la Guerra: è la guerra nelle vite dei Cazalet. La Storia si personalizza e si arricchisce di nuove sfumature. Le saghe familiari, è facile notare, sono particolarmente fortunate nella letteratura italiana degli ultimi anni. Sembra quasi una scommessa già vinta dagli editori: la storia si fa infinitamente più varia, i personaggi in cui immedesimarsi toccano tutte le età, e si possono attraversare anni e anni nel racconto, assistendo a trasformazioni palpabili. Lo stesso orizzonte rassicurante si incontra negli Anni della leggerezza, che nel titolo del fortunato originale suona come The Light Years. Titolo, a mio avviso, più aperto rispetto alla traduzione: sono gli anni che corrono ancora leggeri, perché la guerra è in agguato ma di fatto non c’è ancora; è l’inizio, ci sono piccoli drammi ma nessuna tragedia; sono anni ancora “luminosi”, come fa supporre quel light ambivalente.
La leggerezza, del resto, è una cifra della narrazione, perché a dispetto dei travagli interiori, dopo aver pianto, i personaggi si puliscono le lacrime e raddrizzano le spalle, per tornare in salotto a cenare candidamente con la famiglia. L’apparenza, sembra dirci l’autrice, è salvaguardata. E anche il racconto, nel suo andamento sobrio e in fondo lineare, è salvaguardato. Lo stile è pulito, il ritmo è veloce ma senza strappi: questa l’eleganza del romanzo, ma forse anche il suo cuore difettoso.
La critica inglese ha salutato freddamente il talento della Howard (non a caso gli interventi su questo romanzo si sono spesso soffermati sulla figura della scrittrice a lungo dimenticata), forse perché le sue scelte narrative sembravano fare un passo indietro rispetto agli sconvolgimenti del modernismo, che avevano tracciato una separazione netta dalla scrittura realistica. La Howard, invece, scrittrice di storie, di intrecci, ha uno sguardo dettagliato sugli oggetti e sui vestiti e sui cibi. Questo può non essere apprezzato. Ma quando la sua penna descrive l’oggetto, presto rialza lo sguardo su chi lo tiene in mano e lo fa vivere: Elizabeth Howard ha insomma un talento sottile. Gli anni della leggerezza sono solo un assaggio.
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