“Il pipistrello” di Jo Nesbø
Jo Nesbø non ha bisogno di tante presentazioni, dal momento che è un nome di cui si sta parlando molto in questo periodo. È uno che ha fatto di tutto, non solo lo scrittore – per cui è principalmente noto –, ma anche il calciatore in serie A, il giornalista, il broker in borsa, il musicista e l'attore: insomma, è un po' il Vincent Gallo scandinavo. Se alla parola “calciatore” qualcuno ha cominciato a storcere il naso, vi fermo subito: perché con i libri di Nesbø non siamo di fronte alla raccolta di barzellette di Totti, quanto piuttosto a dei gialli avvincenti e scritti benissimo, l'ultimo dei quali è stato Il pipistrello, da qualche mese edito da Einaudi e tradotto da Eva Kampmann.
In realtà, parlare “dell'ultimo dei quali” è abbastanza errato, visto che Il pipistrello è la prima avventura che vede schierato in prima linea l'ormai celebre Harry Hole, uscita nell'ormai lontano 1997 e riproposta per la prima volta in Italia a diciassette anni di distanza. Harry Hole è protagonista di una decina di storie nate dalla penna di Nesbø e ne Il pipistrello esordisce trentenne, sentimentale e fragile, segnato da un passato doloroso e da una vecchia dipendenza dall'alcol, che tornerà a farsi sentire nel corso del romanzo. L'uomo si trova in Australia per indagare sull'omicidio di una ragazza norvegese, Inger Holter, che sembra essere solo l'ultimo di una lunga scia di atti criminosi, che arrivano a comprendere storie di sesso e droga. In particolare, Harry (che in Australia tutti chiamano Holy) si troverà a collaborare a stretto contatto con Andrew Kensington, un intelligente e acuto investigatore di origini aborigene, che miracolosamente è riuscito a farsi strada in polizia – non è così scontato per un nativo –, ma che più volte nel corso della storia pare nascondere qualche scheletro nell'armadio.
Alcune delle parti più interessanti del romanzo riguardano proprio i richiami a questo continente e alle sue leggende ancestrali, legate al popolo aborigeno e alle figure della sua mitologia, tra cui il mito di Walla, Moora e del terribile serpente Bubbur; ma anche quello di Narahdarn, il pipistrello portatore di morte nel mondo. Nesbø ha dichiarato che l'idea di inserire questi passaggi sulle storie australiane è stata piuttosto casuale: tutto ha avuto inizio da una visita a un museo di Sydney, dove è entrato in contatto con alcune di queste leggende. L'aspetto che più lo colpì di questi miti fu la loro mancanza di una conclusione netta e comprensibile, una struttura profondamente diversa dalla maggior parte dei racconti, dove c'è sempre un inizio e una fine certi. Non per niente, quando nel romanzo Andrew racconta la storia di Walla e Moora, né Harry né la sua amica Birgitta riescono ad afferrare la morale dell'episodio («Che l'amore è un mistero più grande della morte. E che bisogna guardarsi dai serpenti» è la risposta tutt'altro che chiarificatrice di Andrew). Eppure queste anomalie narrative, questi ritmi irregolari, affascinarono Nesbø, che volle a tutti i costi inserirli ne Il pipistrello.
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Il risultato è una storia magica, dove realtà e finzione si intersecano in un gioco di ombre e bugie: «nessuna serie ha mai avuto un esordio tanto potente» ha affermato il «Sunday Times» e non posso che essere d'accordo, perché dopo la lettura di questo romanzo la necessità di prendere in mano tutti gli altri libri su Hole è quasi imperativa.
Vi consiglio questo link per la lettura di una splendida intervista della giornalista Susan Walker a Nesbø su Il pipistrello e il suo Harry Hole. Ma non è tutto: sentirete molto parlare dello scrittore norvegese prossimamente, perché sono numerose le indiscrezioni che lo vedono coinvolto in progetti cinematografici, tratti dai suoi libri. Intanto, l'attore Channing Tatum si è incontrato con Nesbø a Oslo per parlare di un'eventuale trasposizione di Sønnen, di prossima pubblicazione; poi, lo svedese Tomas Alfredsonpotrebbe dirigere L'uomo di neve (The snowman), dal settimo romanzo con protagonista Harry Hole, pubblicato in Italia nel 2010 da Piemme; infine, Leonardo DiCaprio sarà diretto da Daniel Espinosa in Blood on snow – il primo romanzo scritto da Nesbø sotto lo pseudonimo Tom Johansen –, a partire da uno script di Chris Sparling, autore delle sceneggiature di Buried e del prossimo film di Gus Van Sant, Sea of trees. Non dimentichiamo, inoltre, che nel 2011 Morten Tyldum ha realizzato la trasposizione di Headhunters, pubblicato in Italia come Il cacciatore di teste. E dal momento che pare proprio che Nesbø abbia preso se stesso come modello di partenza per costruire fisicamente il suo Harry Hole, chissà che a qualche regista non venga l'idea di scritturarlo nel ruolo del protagonista. In fondo, abbiamo detto all'inizio che Nesbø è stato pure un attore e sarei abbastanza curiosa di vederlo sul grande schermo nei panni del suo personaggio più celebre.
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