Il nuovo esodo di italiani all’estero
S’ingrossa il nuovo esodo degli italiani che scelgono di trasferirsi all’estero. Al ritmo di centomila l’anno. Un’emorragia che fa paura, che ci rivela tutta la debolezza del Paese, tutta la fragilità di un’Italia depressa, morta.
La fotografia dell’Agenzia degli Italiani Registrati all’Estero (Aire) è impietosa, a maggior ragione perché a partire sono prioritariamente i più grandi: gli over 35. Due terzi del nuovo flusso emigratorio è composto da italiani adulti, espulsi dai sistemi produttivi, marginalizzati nella miseria e nella fame. Qui non siamo nell’ambito delle percentuali, degli zerovirgola del Pil: ma nel campo delle decine di migliaia di disperati che, dopo aver affannosamente provato a farcela, vanno via.
Nuovi emigranti con titoli di studio medio alti, con bagagli di esperienza, con la voglia di riguadagnare terreno sulla vita. Sulla vita, sì, perché l’Italia non è viva. Perché l’economia e la società italiane sono inchiodate saldamente al nulla. Girare la penisola rivela l’inesistenza di un progetto produttivo nazionale. Poche isole di felicità sul volto triste e affamato della nazione.
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Nelle valigie degli emigranti c’è il necessario per farcela, ma è dura dover ammettere che non siamo più quello che eravamo, che non saremo più quello che siamo stati. E cosa siamo stati? Un terreno di buone pratiche diventato, nel tempo e complice la politica nazionale, un terreno di conquista e di rapina. Ora siamo una terra desolata e desolante. Le università si svuotano. Si rarefanno i cervelli. Si riduce la competitività interna al rialzo. Restano spesso i peggiori e i raccomandati. Non si intravede uno spiraglio di luce, né un’ancora di salvezza.
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Le retoriche della politica si frantumano davanti alla cifra dei centomila che vanno via. E vanno via pur sapendo che altrove non c’è grande desiderio di italiani. Non siamo più quelli bravi ma poveri. Siamo appena bastevoli per occupare delle posizioni medie. Perché non partono soltanto le eccellenze, ma anche gli italiani comuni, la media borghesia impoverita.
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Colpa della crisi? No. Colpa della privazione di senso e di direzione nazionali. Colpa dell’assenza di un progetto. Colpa della fiducia mal riposta in una classe politica poco intraprendente e troppo arrogante. Quando i generali sbagliano, l’esercito in rotta si ritira e si sparpaglia nella pianura. Questo accade ogni giorno. Le città si svuotano. Si svuotano le campagne. Restano gli anziani, con le loro pensioni. Gli impiegati pubblici, con le loro poche certezze. I politici, con le loro menzogne ben pagate. Gli altri sono il fiume del nuovo esodo di italiani verso l’estero.
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