Il nostro altrove da scoprire, “Vinpeel degli orizzonti” di Peppe Millanta
Nella biografia disponibile sul blog Peppe Millanta scrive che questo non è il suo vero nome: «è un nome nato per mascherare le attività eversive che il nostro compiva nella sua doppia vita durante i tempi dell'Università a Roma». L'artista è poliedrico: oltre che scrittore è anche sceneggiatore, nonché musicista di gruppi come “Peppe Millanta & L'orchestrina del malaffare”, oppure “Peppe Millanta & Balkan Bistrò”. E in effetti dalle foto sembra uno di quei personaggi usciti da una pellicola di Emir Kusturica: capelli lunghi, barba fluente e sguardo magnetico.
Neo. edizioni ha appena pubblicato il suo romanzo, Vinpeel degli orizzonti. Il libro ha la struttura di una favola che racconta di un luogo immaginario, Dinterbild, composto da un pugno di case e da ottanta persone. Un posto dove nessuno va e nessuno viene, un posto sperduto nel nulla. Vinpeel è l’unico ragazzo di questa comunità, ma si è creato il suo amico “fantasma”, Doan, con cui condivide le preghiere da recitare per espiare i propri peccati (si confessa dalle tre alle sei volte al giorno). Il ragazzino è infatti rimasto impressionato soprattutto dall'Apocalisse di Giovanni recitata da Padre Sloan durante la funzione religiosa («non era stata una grande idea quella di accompagnare il racconto dell'arrivo dei Cavalieri con tanto di grida, fumo e voce camuffata»).
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Suo padre, Ned Bundy, non gli presta attenzione; come se lui, Vinpeel, fosse trasparente. È occupato, ogni sera, a scrivere lettere che verranno poi messe dentro delle bottiglie e affidate quindi alle onde del mare (come una specie di rito). Ned ha poi un'altra occupazione, quella di raccogliere conchiglie: «le raccoglieva dalla spiaggia e se le portava all'orecchio. Lo vedevi sorridere, commuoversi, adirarsi, perché ogni conchiglia gli suscitava un'emozione diversa... Negli anni ne aveva raccolte a migliaia. All'inizio occupavano soltanto una stanza, ma ormai erano dovunque, sotto i letti, nei cassetti, dentro la credenza. Conchiglie su conchiglie accatastate l'una sull'altra, ognuna con una propria storia».
A Dinterbild la gente è strana (vengono svolte delle gare chiamate “Il lancio del nano”), non ci sta tanto con la testa, forse perché ha la testa per aria. Soprattutto Doan che nella forma delle nuvole cerca il suo “dannatissimo attimo” perduto, visto che Jla sua vita si era bloccata come un disco rotto che ripete lo stesso attimo all'infinito nell'attesa di quello successivo». Nel paese c'è una locanda che non si chiama locanda, ma locanba Biton: da quando il proprietario ebbe la malaugurata idea di costruire un'insegna luminosa per far concorrenza alle stelle. Le lettere da appendere vennero distrutte o dimenticate da chi era incaricato del lavoro (Selmer e il Dottor Fros). La locanba fa le zuppe più buone di Dinterbild («perché sono le uniche» dicono le solite malelingue del villaggio). Vinpeel e Doan hanno un sogno. Quello di raggiungere le luci che vedono al di là del mare, quelle luci magnifiche che non hanno attimi persi o Cavalieri dell'Apocalisse: l'Altrove. Perché Dinterbild è un posto dove la speranza, il ricordo della felicità si è spento, è entrato in un letargo che sembra infinito; la tristezza sembra aver avuto la meglio.
I due amici fanno i più svariati tentativi, ancora una volta suggestionati dalle letture sacre di Padre Earl (provano persino a camminare sulle acque del mare, prendendo a modello Gesù). Poi incrociano sulla loro strada una bambina, Mune, scaraventata lì perché anche lei ha avuto un inciampo nella vita. Insieme al pazzo del villaggio Krisheb (l'uomo alla ricerca della sua gamba di legno perduta) cercano il modo migliore per partire verso l'altrove. E così aspettano la festa più fredda dell'anno, quella della Merla, per fare un fuoco potente e col proprio pallone volante allontanarsi finalmente verso l'orizzonte luccicante. Ma ci vuole «un fuoco più grande» per raggiungere la luce e dimenticare il buio. C’è bisogno di tutti gli abitanti di Dinterbild...
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È un romanzo non banale Vinpeel degli orizzonti. Ci sono degli echi cinematografici (proprio “il realismo magico” di Kusturica) e letterari: alcune suggestioni che si ritrovano nelle cose scritte da Benni, Cavazzoni, ma anche Baricco (soprattutto Oceano Mare, ad esempio). C’è infatti il fascino suggestivo e “affabulatorio” del mare: «perché il mare è come una spugna, e prima o poi dentro ci vanno a finire tutte le storie del mondo, anche quelle che sembrano non entrarci nulla». È la grande, illimitata fiducia nel potere delle storie, le uniche che riescano a far “alzare la testa” all'uomo, così da dimenticare gli inciampi della vita e magari riannodare legami un tempo perduti (Vinpeel che attraverso le conchiglie finalmente torna ad avere un dialogo affettivo con suo padre). Soltanto raccontandoci delle storie riusciamo a toccare gli orizzonti lontani, a farli sentire prossimi a noi. È questo il grande, indistruttibile fascino della letteratura. Da Omero in poi.
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