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Il New Deal Numérique dell’Institut Montaigne

Institut MontaigneL’era del digitale è arrivata, ci viviamo dentro, forse ancora un po’ scomodi, allettati da grandi promesse, confusi da informazioni contrastanti, da una realtà che ci vuole tutti sorvegliati speciali, e nello stesso tempo protagonisti e attori delle scelte future. Andando a guardare in casa d’altri, non troppo lontano da noi, in Francia, proprio per dare armonia al flusso d’informazioni che dovrebbero mettere a proprio agio i cittadini, informandoli con competenza, l’Institut Montaigne, un think tank indipendente, con la vocazione di elaborare delle proposte concrete nel settore pubblico, per la coesione sociale, sulla competitività e l’utilizzo delle risorse dello Stato, ha aperto una riflessione. Ne è nato un rapporto nella forma di un piccolo libro, o meglio un manuale: Pour un New Deal Numérique. Il suo autore Gille Babinet, imprenditore nel settore digitale e presidente del Conseil National du numérique en France che rappresenta la Francia in seno alla Commissione Europea per le sfide del digitale nei vari settori, ha affrontato tutti gli aspetti legati allo sviluppo del digitale, e la relazione concreta con il mondo del lavoro, delle imprese, dei servizi, con l’azione pubblica, e naturalmente nei confronti dell’Educazione.

Del New Deal Numérique, si è parlato a Parigi in una giornata – il 15 ottobre scorso – che ha visto susseguirsi diversi dibattiti, nella sede francese della Grande Ecole e Business School internazionale Escp Europe. E non a caso, poiché questo importante istituto che forma imprenditori e manager di numerose nazionalità, tra i quali molti italiani, sta lavorando alla costruzione di un campus interamente digitale, da aggiungere a quelli esistenti “di mattoni e cemento”, a Londra, Madrid, Berlino, Torino e Parigi.

Sono dieci le proposteche l’istituto Montaigne ha elaborato per «fare della Francia un territorio attrattivo per l’innovazione». A partire dall’economia e dal fisco, sulle reti d’impresa, sui poli di competitività (digital cluster), sul Clouding destinato alle Pmi. E ancora sulla formazione digitale per gli alti funzionari di Stato, sull’Open Data e servizi ai cittadini e sulla gestione della sanità pubblica. E certamente «per favorire la sperimentazione del digitale nelle scuole, e valutarne le conseguenze sugli studenti, sulle loro scelte, sul loro sviluppo personale, e sul futuro professionale».

Anche i Francesi sembrano essere in ritardo nell’utilizzo virtuoso del digitale soprattutto nell’istruzione a tutti livelli, a dirlo è proprio l’autore del rapporto presentato e dibattuto all’Escp Europe. «Mentre in altri Paesi gli allievi giovanissimi, a pochi anni di vita, familiarizzano con l’informatica, l'Éducation Nationale Française si è distinta per un’assenza di strategia, limitandosi a incoraggiare l’acquisto di attrezzature informatiche e il loro uso nelle scuole, senza prospettare la ricerca di nuovi metodi pedagogici intorno al digitale», sostiene Gille Bobinet, (che si consolerebbe molto se analizzasse l’agenda digitale sull’istruzione in Italia).

Il capitolo del rapporto Pour un New Deal Numérique dedicato alla scuola, all’università e ai suoi laboratori pedagogici, parte da un’analisi degli investimenti, definiti minimi per i software educativi e dei famosi libri digitali: l’investimento annuo è stato di 20 milioni di euro, pochi se confrontati alla spesa pubblica dedicata ai libri di carta (300 milioni di euro) ai quali bisogna aggiungere pare 100 milioni per i servizi di fotocopie. Giustamente la Francia si paragona al Regno Unito, alla Finlandia e alla Danimarca, per quanto riguarda la presenza di computer nelle scuole: con 12,5 computer ogni 100 allievi nel 2009, le scuole primarie francesi si classificano al 12esimo posto in Europa, dietro la Danimarca (che ne ha 25 su 100) e il Regno Unito (17 su100); con il 75% di istituti scolastici connessi alla banda larga, la Francia supera la media Europea (l’Italia è ben al di sotto del 40%).

Le risorse economiche sono il cuore di questo importante capitolo del rapporto: dal Ministero delle Finanze si stima che un investimento iniziale tra i 50 e i 100 milioni di euro sarebbe sufficiente per sviluppare una strategia di educazione digitale in Francia, basata su tre punti fermi per produrre contenuti educativi importanti: la generalizzazione dell’Open Data con la messa a disposizione gratuitamente dei dati relativi agli esami e ai concorsi nazionali; la moltiplicazione dei “supporti” pedagogici tra i quali i “Serious Games”; e la creazione di piattaforme collaborative per professori e allievi. Tutto ciò e molto altro dovrebbe farlo lo Stato, l’Education Nationale, con il Consiglio National du Numérique, creando reti per attrarre anche fondi privati.

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Education digitale, FranciaNel frattempo, la Francia è luogo di sperimentazione su nuove tecnologie ed Education da parte di privati: proprio durante l’incontro all’Escp Europe  si è fatto riferimento al Campus Microsoft France, con la classe “immersiva”, laboratorio pedagogico sul campus Issy-les-Moulineaux. È un esempio di azienda leader assoluta nelle tecnologie futuriste, in grado di sperimentare e portare avanti delle azioni a livello local. Microsoft dal suo arrivo a Issy-les-Moulineaux, un comune a meno di 10 chilometri a sud-ovest di Parigi, nel 2009, ha preso parte a dei progetti d’innovazione locali, come IssyGrid, associando le scuole della cittadina al programma di classe immersiva. Microsoft ha sostenuto – e ha contribuito al loro sviluppo – più di 1300 start up francesi, alcune sono diventate aziende produttrici di app come Xbox Music, che il presidente di Microsoft France Alain Crozier è fiero di esibire con l’etichetta "made in France". All’interno del Campus d’Issy è stato creato con l’Inria un centro di ricerca “partecipato” tra le aziende, con la vocazione di condividere una pratica di partenariato con la società e l’economia digitale francese, in grado di generare nel suo ecosistema 11mila partenariati e 75mila posti di lavoro. Microsoft France, nell’ambito del Campus d’Issy, ma anche attraverso altre azioni, alimenta un network per aiutare i giovani imprenditori attraverso l’acceleratore “Spark” e la Web Academy un programma di formazione per giovani “en rupture”. Due ultime proposte da parte dell’Institut Montaigne hanno una portata generale tale che l’Italia potrebbe farle sue. La prima riguarda una risposta da fornire alla mancanza di personale qualificato nel settore digitale. «Rinforzare il legame tra le imprese e il mondo universitario in questo settore – sostengono nel rapporto – permetterebbe di creare delle passerelle tra due universi, che hanno molto da dare l’uno all’altro». Lo sviluppo dei famosi “cluster” deve rafforzare i legami tra università e impresa e rispondere ai bisogni dell’economia digitale in termini di formazione. Sembra che un approccio troppo accademico renda difficile la formazione di quelle competenze che il mercato dei nuovi mestieri sul web richiede. L’insegnamento universitario deve adattare i corsi e le lezioni alle richieste attuali e integrare, in maniera trasversale, più competenze.

Infine, dall’Institut Montaigne viene la proposta di creare delle cattedre che integrino la formazione universitaria con l’Information Technology, e di affidare una missione d’informazione sui bisogni (di profili e di competenze) del settore digitale, alle associazioni professionali, per adattare finalmente la formazione al lavoro richiesto. Questa proposta sta trovando già diffusione e sostegno su importanti media, con rilevanza scientifica internazionale sul web, come Techcrunch che raccoglie tutte le informazioni più utili sullo sviluppo delle start up nella comunità informale su Internet. Mentre in Francia il successo della rivista on line Regards sur le Numérique, lanciata nel 2008, testimonia il grandissimo interesse che esiste a tutti i livelli sull’Education e il digitale, e gli altri aspetti connessi, anch’essi di grande attualità.

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