Il Natale di Eduardo? In casa Cupiello
Il teatro di Eduardo De Filippo ci viene in aiuto persino a Natale! Soliti dilemmi: presepe o albero? Negozi o centri commerciali? Capitone o cappone? Scelta difficile per chiunque, ma non per il grande Eduardo, il Natale per lui era tutto accartocciato intorno al presepio, ai negozietti incamerati nei bassi napoletani e al capitone, come si scopre anche leggendo una delle sue più famose e celebrate opere: Natale in casa Cupiello. Il testo racchiude il dramma della solitudine, con un nucleo familiare allo sbando e situazioni apparentemente comiche in cui si coglie però il riso amaro e il pessimismo dell'autore che s’identifica con il protagonista della storia: Luca Cupiello. Un personaggio che Eduardo farà morire «come un bambino che giocava col mondo come un grande giocattolo. Quando ha capito che il giocattolo non c'era più ha perso interesse alla vita».
Natale in casa Cupiello fu rappresentato per la prima volta a Napoli, nel 1931, al Teatro Kursaal, dove i De Filippo (Eduardo, Titina e Peppino) andavano in scena con grande successo. È una storia familiare (i nomi dei protagonisti Luca e Concetta sono i nomi dei nonni materni di Eduardo), in cui marito e due moglie rappresentano personalità antitetiche. Luca è un vecchio sognatore, un antieroe, un “Peter Pan dei presepi”, Concetta è «quella che porta i pantaloni» ma è anche «la nemica della casa», come la definisce il marito. Perché Concetta cerca di coprire le malefatte del figlio Tommasino e il tradimento della figlia Ninuccia,tenendo all'oscuro di tutto il marito,che può così continuare a credere nella serenità familiare e a preoccuparsi unicamente dell'allestimento del presepe. «O presebbio», che ogni anno puntualmente Luca ricostruisce, è un simbolo. Serve a tenere la famiglia unita,quella famiglia che invece è sempre più disgregata e non trova più nel Natale «né emozione né consolazione».
La storia è semplice e drammatica: Luca e Concetta sposati da tanti anni, affrontano un'altra vigilia di Natale, tra i malumori di Luca che rimprovera alla moglie di non saper fare un buon caffè «in questa tazza il caffè non c'è mai stato» e la preoccupazione di Concetta per suo figlio Tommasino, “mammone” e ladro, e per sua figlia Ninuccia che tradisce il marito, sposato per interesse e senza amore, con Vittorio, un amico del fratello. Sarà proprio Luca a informare involontariamente suo genero del tradimento della moglie e così quella che doveva essere una tranquilla festa familiare si trasforma in una tragedia che vedrà la morte di Luca e la fine della apparente tranquillità familiare. L'unica consolazione per Luca, assistito dai suoi cari e da tutto il vicinato, sono le parole di Tommasino «papà sì è bello 'o presepe», dopo anni in cui aveva ripetuto che il presepe proprio non gli piaceva. Cala così il sipario su Natale in casa Cupiello,con un finale drammatico e commovente insieme, che rappresenta il paradigma della nostra esistenza: tante speranze fallaci concluse con la morte!
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Luca è visto come un novello Don Chisciotte che non vuole prendere coscienza del "triste" mondo che lo circonda e così esce di scena scavato nel volto, con la coppola e il bastone, con i pastori e la colla per il presepio e soprattutto con la consapevolezza della povertà morale che ha portato la sua famiglia alla distruzione.
Nessuna festa più del Natale dunque è adatta per ricordare il trentennale della morte di Eduardo De Filippo, attore, regista, sceneggiatore e poeta di fama internazionale. Parlando di sé, nella sua ultima apparizione a Taormina nel 1984, disse «la mia è stata tutta una vita di sacrifici e di gelo. Così fa il teatro, così ho fatto». Non era un uomo“facile” Eduardo, la sua infanzia, la sua famiglia, la sua severità caratteriale anche sulla scena, portò a delle fratture laceranti, soprattutto col fratello Peppino che, prima di abbandonare la Compagnia Teatrale, lo apostrofò «Duce,duce,duce!». Ma sarà proprio questa severità (nella vita e nel teatro) a condurlo a risultati straordinari. Le sue opere saranno tradotte in tutto il mondo da Questi fantasmi a Filomena Marturano, da Sabato Domenica e Lunedì a Gli esami non finiscono mai, solo per citare alcuni dei suoi drammi più rappresentativi e rappresentati. Tanti e straordinari attori si sono cimentati nella compagnia di Eduardo: da Pupella Maggio a Regina Bianchi,da Carmelo Bene ai Fratelli Giuffré, da Lina Sastri a Lando Buzzanca, da Marisa Laurito a Marzio Honorato. Anche Dario Fo e Massimo Troisi hanno subito la sua influenza, cercando di imparare a scavare nell'animo umano come faceva Eduardo, spesso con un tocco di beffardo umorismo, grazie alla sua filosofia napoletana, che risente di una chiara e straordinaria influenza leopardiana.
Ma oggi cosa resta del mondo così caro a Eduardo De Filippo? Cosa resta della festa del Natale come festa dello spirito? Forse per ritrovare l'illusione di un tempo, dovremmo bandire la liturgia che ci porta a cercare il Natale nei centri commerciali, nelle strade impazzite e nella corsa al regalo inutile, per ritrovare i gesti di una volta: una preghiera silenziosa in Chiesa, la discreta meraviglia di un presepe, l'ascolto e la carezza verso chi soffre, e abbracci, lunghi abbracci per chi, nonostante tutto, continua ad ascoltarci.
«Sparo di botte, allume di bengala, arrust' 'e capitune, chè Natale!.. Ncoll' 'pasture! Ca mpunto mezanotte, nasce 'o Bammino [...] 'A vita dura n'anno. Tutt' 'o ssupierchio è na supirchiaria[1]». Che provando a tradurre liberamente in italiano suonerebbe così: “sparo di mortaretti, luci di bengala, arrosto di capitone, è Natale!..Incolla i pastori! A mezzanotte precisa, nasce il Bambino Gesù [...] La vita dura un anno. Tutto ciò che è superfluo è un eccesso inutile”. Il Natale secondo Eduardo.
[1] Dalla poesia ‘A vita, contenuta nella raccolta Il paese di Pulcinella di Eduardo De Filippo – Grimaldi e C. editori–1951 – ristampa nel 2013.
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