Il Narciso digitale. “L'insostenibile bisogno di ammirazione” di Gustavo Pietropolli Charmet
Che si sia un fautore o meno della teoria secondo la quale la nascita dell'individualismo derivi dalla scomparsa del patriarcato, appare comunque lapalissiano quanto il disfacimento ideale della figura genitoriale maschile e il contestuale rafforzamento della percezione del Sé contraddistinguano i tempi moderni. Agli appassionati della dotta contesa il compito di stabilire se tra i due accadimenti esista un rapporto diretto di causa-effetto.
Chi desideri approfondire l'incandescente materia si farà piacevolmente catturare dall'ultimo saggio di uno tra i più importanti psicoterapeuti italiani, Gustavo Pietropolli Charmet, L'insostenibile bisogno di ammirazione (Laterza).
L'autore veneziano, la cui bibliografia certifica una certosina attenzione alle inquietudini esistenziali, è uno studioso delle ripercussioni psicologiche determinate dai repentini cambi di paradigma che caratterizzano l'immaginario collettivo dei nostri giorni e la stessa natura antropologica dell'essere umano 2.0. In quest'opera dapprima analizza l'insopprimibile necessità dell'uomo di suscitare ammirazione. Un sentimento che esamina in profondità, delineandone i meandri più scabrosi e facendo indurre a emersione dinamiche e processi, relegati – dalle difese cognitive umane e dall'odierno Circo Barnum massmediatico – in un esiziale cono d'ombra ontologico, disvelandone l'intrinseca natura strutturalmente reazionaria, votata all'autolegittimazione della propria individualità e alla netta delimitazione di sé in qualità di agente politico e sociale.
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In seguito si sofferma con dettagliata perizia sulle cause all'origine della scomparsa del sentimento di colpa e dell'affievolimento del potere del Super - Io; palesando psicoanaliticamente quanto regole e valori siano stati rimpiazzati dalle aleatorie chimere della visibilità a tutti costi e dall'arricchimento tot court ameritocratico. Non esita a seppellire schemi, consuetudini e modelli comportamentali che da sempre avevano contrassegnato intrinsecamente la stessa antropologia. Destinata quindi ad acquisire una multiforme poliedricità concettuale e simbolica, non priva di contradditttori non sense e allegorici richiami filosofici, spirituali e metafisici.
Gustavo Pietropolli Charmet ripercorre (con un linguaggio specialistico, ma sorprendentemente accessibile) i più importanti ed esemplificativi capisaldi esistenziali che caratterizzano la storia dell'avventura umana, volgendo lo sguardo alle variazioni di paradigma e alle straordinarie trasformazioni che hanno suggellato l'avvento del XXI secolo. Un'epifania fantasmagorica di articolazioni e metamorfosi, la portata delle quali si è rivelata a tal punto rivoluzionaria da delineare un vero e proprio Rinascimento delle coscienze individuali, della natura stessa dell'Umanità e del senso di pietas, classicamente inteso. Risultano così stravolte usanze ataviche, convinzioni valoriali e credenze millenarie.
Infine scandaglia nel profondo le venature più recondite del senso di vergogna nel terzo millennio, osservando come financo il nostro corpo sia stato oggetto di una trasmutazione concettuale, rappresentativa e simbolica, ma nel contempo non priva di ripercussioni tremendamente fisiche e oggettive che dannola stura anche a radicali mutazioni della sfera relazionale, sociale, intima e sessuale, contaminate dalla sempre più potente forza persuasiva che l'iperconnessa multimedialità odierna esercita sui nostri tempi. Viene così erosa quella terra di mezzo che si frapponeva fra reale e virtuale, perimetrandone i contorni, limitandone le reciproche sfere d'influenza e contenendone i fisiologici impulsi di alienante apolidìa.
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In un mondo in cui l'etica ha ceduto il passo all'estetica e il conflitto tra natura e cultura ha registrato la rovinosa disfatta della seconda, l'autore, che acutamente ci descrive come «in perenne ricerca della conoscenza nel tentativo di capire quale possa essere il senso della vita se poi si muore», lancia a tutti noi un'insperata ciambella di salvataggio.
Per la prima foto, copyright: Johnson Wang.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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