Il meglio del jazz italiano nel Dizionario di Flavio Caprera pubblicato da Feltrinelli
È stato pubblicato dalla casa editrice Feltrinelli il Dizionario del Jazz Italiano, firmato dal critico musicale e scrittore Flavio Caprera. Il saggio è un condensato del gotha del jazz italiano, che riporta i nomi dei migliori artisti e musicisti – non interpreti – italiani (viventi) in schede analitiche, con schede bio e utile discografia di riferimento. Da Franco D’Andrea a Nicola Arigliano, da Fabrizio Bosso a Gegé Telesforo, da Francesco Bearzatti a Roberto Gatto, il lungo elenco – in rigoroso ordine alfabetico – ripercorre su e giù lo Stivale alla ricerca dei nomi che hanno dato il loro contributo rilevante per la crescita della musica jazz italiana. Dunque, un’opera molto impegnativa quella di Flavio Caprera, che ha pubblicato con Feltrinelli il Dizionario del jazz italiano.
Si tratta di un lavoro, sotto certi aspetti, anche un po’ spinoso – e non meramente compilativo – a causa dell’accurata selezione che ha portato (evidentemente) all’esclusione di alcuni nomi, ma è soprattutto un tributo pieno d’amore, la volontà di lasciare nero su bianco un’impronta indelebile in grado di appassionare sia l’appassionato conoscitore che il fruitore neofita. «Il Dizionario del Jazz Italiano – spiega Caprera, che ha all’attivo altri due libri sul tema, Jazz Music e Jazz 101, pubblicati entrambi con Mondadori – ha carattere divulgativo, non ha la pretesa di proporre la storia del jazz italiano. Si tratta di un’ampia panoramica, a partire dagli inizi del Novecento, dove i grandi pionieri del passato sono presentati accanto alle giovani e promettenti leve del nostro Paese.
Il jazz italiano ha una gloriosa tradizione storica. Nasce agli inizi del Novecento, conosce una grande diffusione nel ventennio fascista, per diventare fenomeno di massa nel dopoguerra, grazie anche all’influenza degli americani».
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Pur continuando a essere un genere musicale rivolto a un pubblico ristretto, non si tratta più di un fenomeno di nicchia, per fortuna, come dimostra il grande successo di eventi come l’Umbria Jazz, ad esempio. «Il pubblico che ascolta, segue e suona questa musica è in aumento costante, così come il numero dei festival jazz cresce in ogni parte d’Italia per quantità e qualità – aggiunge – e non solo: il livello qualitativo dei musicisti italiani è cresciuto molto, dimostrando un’originalità interpretativa e una tecnica di base che li vede tra i migliori al mondo, senza tema di smentita».
Senza essere didascalico, Caprera snocciola nomi, date, luoghi, siti web di riferimento: al lettore più acuto non sfuggiranno le sfumature geografiche, le differenze tra Nord e Sud Italia: «Questo Dizionario cerca di rappresentare le diverse aree geografiche italiane – precisa – le caratteristiche intrinseche e il tipo di jazz suonato. Da Nord a Sud dell’Italia si suona un jazz differente e ogni regione presenta le sue peculiarità, dovute alle diverse tradizioni e culture. Il merito va riconosciuto anche alle scuole di jazz e ai conservatori, alle case discografiche, piccole e grandi, che investono sui talenti italiani, alle riviste specializzate. È anche grazie a loro se oggi si sente dire che il jazz italiano reca un tratto distintivo e originale, rispetto ad “altri” jazz».
Viene soddisfatta così l’esigenza di monitorare la scena musicale jazz con il Dizionario del Jazz Italiano di Flavio Caprera.
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