Il Mediterraneo, tra Cristianesimo e Islam, secondo Andrea Riccardi
Era da tempo, forse da quando lavoravo nel Maghreb, che non leggevo un testo storico così intenso e interessante sulla vicenda del Mediterraneo, su questo bacino di mare dentro il quale si sono costruite storie e religioni che hanno politicamente e moralmente governato l’evoluzione della civiltà umana.
Il testo di Andrea Riccardi – Mediterraneo. Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto, uscito per Guerini e Associati – è un saggio che esplora con grande convinzione la complessità storico-religiosa meridiana e ne interpreta la vicissitudine politica. Il lavoro mette in risalto quella “coabitazione” tra cristiani, non cristiani, ebrei e islamici nelle terre che circondano il bacino; una coabitazione stretta, talvolta coatta, guerreggiata e litigiosa. Le diverse aree e nazioni europee dove i monoteismi si sono fronteggiati e tollerati, mettendo in discussione i nazionalismi che nel Novecento hanno segnato col sangue la storia del vecchio continente.
Rientrano, nel lavoro di Riccardi, importanti disamine dell’evoluzione dei nazionalismi in un quadro di utilizzo dell’appartenenza religiosa anche su un piano politico – di contrasto tra maggioranze e minoranze – nella costruzione dei patriarcati, per esempio, o nel disfacimento dei millet come modello.
Il testo di Riccardi suddivide in aree e appartenenze le esperienze religiose e politiche, adottando un criterio selettivo che opportunamente espone il lettore a una scoperta diacronica e sincronica, nel passaggio dall’area anatolica a quella mediorientale, per esempio, nel corso dei secoli più recenti. Secondo l’autore si affermano modelli sociali di comportamento – come quello del martirio francescano o dell’omicidio rituale – che trovano origine nella ricomposizione di un terreno conflittuale tra le religioni e nel radicamento di tendenze esclusive.
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Alla base di queste v’è lo sterminio armeno, come tracciato nel testo, una forma di genocidio ancora poco esplorata dalla letteratura. Riveste interesse a sé la vicenda, “ambigua”, della liberazione di Gerusalemme, nel testo, con il portato che ancora oggi grava sulla cronaca meditteranea, sulla geopolitica nel bacino: una circostanza che lascia aperti punti interrogativi e nodi di difficile scioglimento.
Il testo prosegue nell’analisi dell’autolegittimazione della presenza cristiana in Algeria, che adopera Agostino come figura mitica ed emblematica che travalica i confini dello stato algerino e s’irradia in tutto il Maghreb o quasi. Molto interessante, in seguito, la lettura del fondamentalismo islamico più vicino a noi come guerra tra islamici e islamici, prima ancora che come forma di radicale anti-occidentalismo: una lettura laica che conduce il lettore a toccare plaghe più lontane del Mediterraneo come il Sudan e a costruirsi un’idea non repressiva né solamente securitaria del contenimento del radicalismo islamico, in una riedizione di forme aggiornate – democratiche – di riformismo.
L’approdo finale, quindi, non può che essere quello della ricerca di una convivenza che si esprima in una visione larga e civile di Mediterraneo, se vogliamo un’estensione del concetto stesso di Europa che, a nostro parere, può essere determinante nello scenario della globalizzazione dei conflitti interreligiosi ed intrareligiosi.
In conclusione, il saggio Mediterraneo di Riccardi contribuisce non soltanto alla conoscenza dei fenomeni trattati, ma traccia una pista di proposte interpretative e politiche necessarie a mantenere la complessità del bacino nella ricerca della convivenza tra monoteismi.
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