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Il libraio deve diventare un esperto mercante. Intervista ad Achille Mauri

Il libraio deve diventare un esperto mercante. Intervista ad Achille MauriSi terrà dal 28 al 31 gennaio la XXXVII edizione dell’annuale “Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri”, unica realtà italiana creata per formare sotto tutti gli aspetti chi voglia dedicarsi all’affascinante mestiere di gestore di una libreria: se il settore editoriale appare in crisi e le statistiche ci dicono che l’Italia è un paese dove si legge poco, la passione per i libri non è sufficiente a fare di una persona un potenziale libraio. La scuola offre dunque corsi e seminari che si propongono di offrire una preparazione su tutti gli aspetti di questa professione, dalla gestione economica all’uso dei supporti tecnologici, alle scelte da operare fra le decine di migliaia di titoli che vengono pubblicati ogni anno nel nostro paese.

Achille Mauri, presidente della Fondazione Umberto ed Elisabetta Mauri e di Messaggerie Italiane, è la persona più indicata per rispondere alle nostre domande sulla situazione attuale del complesso mondo dei libri.

 

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Partiamo dal tema di questo XXXVII seminario di perfezionamento della Scuola per Librai, che è “tradizione e innovazione”. Cosa è possibile innovare realmente oggi nel mondo delle librerie?

Bisogna sapere molte cose per gestire una libreria, cosa che fino a qualche tempo fa non veniva presa in considerazione. Oggi possiamo sapere dove vanno gli occhi delle persone quando entrano in un locale, dove posizionare i libri perché vengano notati di più… il libraio deve diventare un esperto mercante, non basta più conoscere solo i contenuti dei libri. Ci sono molti più elementi che anche noi abbiamo imparato a conoscere negli anni organizzando la nostra scuola per librai: siamo partiti dai vecchi metodi empirici e abbiamo imparato delle regole che ora trasmettiamo.

L’innovazione nasce essenzialmente dall’uso del computer. Un tempo, se qualcuno chiedeva un libro che il libraio non aveva, questo doveva arrampicarsi sugli specchi per procurarselo, mentre oggi, grazie alla rete, è possibile ricevere un libro in pochissimo tempo. Si è imparato anche cosa tenere in una libreria e cosa no, elemento importantissimo, per esempio attraverso la geolocalizzazione. Una libreria che a Roma sta davanti al Senato e a due passi da piazza Navona è inutile che metta in vetrina dei libri di architettura, ad esempio, che i senatori non acquisteranno mai: potrà avere una vetrina dedicata ai turisti, magari pure con i gadget dei monumenti, e un’altra per i testi che servono ai parlamentari. Un libraio deve conoscere la propria clientela, ma oggi chi apre una libreria può sapere in anticipo che tipo di clientela potrà avere e cosa venderà, se potrà avere dei dipendenti e quanto sarà in grado di pagare d’affitto.

Sarebbe bello se le librerie fossero considerate a tutti gli effetti dei presidi culturali e avessero dallo Stato un aiuto di defiscalizzazione, se non addirittura il pagamento dell’affitto. Di questo passo, i centri storici non avranno più librerie e bisognerà spostarsi nei quartieri semicentrali o periferici.

Il libraio deve diventare un esperto mercante. Intervista ad Achille Mauri

Questi strumenti a cui lei pensa potrebbero servire a frenare un po’ la scomparsa delle piccole librerie indipendenti, che sembrano chiudere con sempre maggiore frequenza?

Non è del tutto vero che ci sia una moria delle piccole librerie. Ai corsi che facciamo durante l’anno partecipano molte persone che non hanno mai fatto i librai, e tutto sommato noi tendiamo a dissuaderli e a far comprendere loro la fatica di questo mestiere, ma continuiamo a considerarlo un bellissimo mestiere. Chi è davvero motivato a farlo ce la può fare, ma deve imparare e diventare bravo in questo campo. Non si guadagna molto, è vero.

 

Questo del resto è un problema che riguarda un po’ tutti i piccoli negozi anche in altri settori merceologici, che finiscono soffocati dalla grande distribuzione.

Forse è più un problema dei negozi di alimentari che delle librerie. Al supermercato trovo una scelta di carne maggiore rispetto a una piccola macelleria, ma col libro non è così. Fra i settanta-ottantamila titoli che si pubblicano ogni anno ce ne sono senz’altro alcuni che ti riguardano e che potrebbero cambiare la tua vita. Quando visito i nostri grandi depositi, dove si riforniscono i librai, finisco sempre per riempirmi un carrello di testi potenzialmente interessanti e che potrebbero riguardarmi, anche se so che non li leggerò mai tutti. Non si può prescindere dalle librerie.

 

In Italia si legge poco ma si pubblica molto, forse anche troppo se guardiamo alle copie mediamente vendute dai singoli volumi, così che restare aggiornati sulle nuove uscite può diventare difficile e faticoso.  La sovrabbondanza di offerta costituisce un problema per i librai?

Noi abbiamo quasi la stessa offerta dei tedeschi, che è gigantesca, ma alcune categorie, come la saggistica, stentano davvero a sopravvivere. Alla fine dell’Ottocento, in un censimento europeo l’Italia era alfabetizzata al cinquanta per cento, la metà rispetto agli altri paesi europei, e dopo un secolo la percentuale non è cambiata. Spendiamo l’uno per cento del Pil per l’istruzione contro il 3,4 della Francia.

L’ignoranza paga politicamente perché semplifica qualsiasi discorso, ma poi subiamo tutti il danno del nostro tremendo analfabetismo nazionale, che non è certo un problema solo per gli editori, ma riguarda lo sviluppo del paese. Tutto cresce dal basso, ma se questo non avviene anche l’alto si riduce.

La nostra popolazione universitaria è la stessa di quella coreana, però abbiamo quarantamila brevetti universitari, di cui poi chissà quanti verranno applicati, contro i duecentosettantamila dei coreani. Se non ci si dà una mossa nella direzione della spesa per l’educazione, spostandola dall’uno al tre-quattro per cento, resteremo sempre al palo.

È una questione di cecità politica e di mancanza di una visione a lungo termine: i nostri politici si fermano alle prossime elezioni e non sanno mai andare oltre, guardare al futuro.

Il libraio deve diventare un esperto mercante. Intervista ad Achille Mauri

I siti di e-commerce come Amazon permettono di far arrivare i libri anche in quei territori dove di librerie non ce ne sono mai state, come i piccoli paesi, però sono considerati i maggiori responsabili della crisi del settore. Dal suo punto di vista è davvero così?

No: che il mercato oggi sia liquido e mi metta a disposizione il libro che voglio leggere nell’arco di cinque minuti per me è fantastico. Si tratta di un’economia vincente per tutti, dall’editore all’autore, al traduttore, per cui i vantaggi che porta sono enormi, soprattutto per gli editori, che se non avessero Amazon o IBS venderebbero molto meno. C’è sempre molta gente che fa fatica a entrare in libreria, non sa cosa chiedere, si vergogna di non ricordarsi il nome di un autore o di poterlo sbagliare, mentre consultando i siti in rete si libera di qualsiasi paura. In questo momento io ho sul mio tavolo due libri acquistati su IBS, perciò cosa posso dirle? Ne avevo bisogno con una certa urgenza e me li sono procurati così. Lo strumento della vendita online per me è imbattibile.

 

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Ci può anticipare qualcosa riguardo alle “Grandi sfide” di cui parlerete nella giornata conclusiva del Seminario?

Il punto centrale sarà l’intervento di Amitav Ghosh, che nel suo ultimo libro, L’isola dei fucili (Neri Pozza, 2019 – traduzione di Anna Nadotti e Norman Gobetti), ci parla di una cosa che tutti noi dovremmo sapere: del nostro essere fatti in gran parte d’acqua, di cui non rispettiamo più il valore, fino a rendere imbevibile il bicchiere che ci troviamo davanti. Profitto e Natura sono in guerra nel nostro mondo, e Ghosh ci racconta il cambiamento climatico e le migrazioni in modo avvincente.

Ma come inquiniamo e danneggiamo il mondo, facciamo lo stesso anche con le parole, con cui possiamo aggredire una persona e farle del male, mentre se noi questa persona la lodassimo e l’apprezzassimo potremmo invece farle del bene. Leggendo Ghosh ho imparato a diventare più prudente nell’uso del linguaggio, a usare meglio le parole, e il suo messaggio in questo preciso momento dovrebbe poter arrivare ai politici attuali, perché imparino tutti a moderare i toni.


Per la prima foto, copyright: Ria Puskas su Unsplash.

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