Il lettore con la penna e gli ultimi americani
Ci sono diversi tipi di lettori, io sono quello con la penna.
Come un cane da tartufo, mi immergo nel prato di parole offerte dall’autore del libro che ho in mano e mi metto alla ricerca di una gemma nascosta fra le migliaia di segni neri che per convenzione mirabile il nostro cervello traduce in azioni, emozioni e ideali, in poche parole in storie.
Ci sono diversi tipi di gemme: narrative, quando la storia raccontata è così ben costruita da sorprenderti e soddisfarti al contempo; emotive, quando un personaggio ti trafigge cuore e mente con le sue scelte e i suoi errori così a fondo che non vorresti più staccartene; linguistiche, quando le parole messe in fila dall’autore sono scelte con tale perizia stilistica o oratoria da conficcarsi fra i reticoli neuronali del lettore per sempre. Quando il mio naso da lettore-segugio s’imbatte in una di queste gemme, sguaina una penna o una matita per sottolineare o riscrivere le frasi che più lo hanno colpito sui bordi delle pagine, unite a uno scroscio di domande. Più domande ci sono sui bordi delle pagine di un romanzo, più quella storia si è guadagnata un posto nella libreria delle riletture.
Il nuovo romanzo di Arianna Farinelli (Gli ultimi americani – edito da Mondadori) è decisamente un romanzo da lettore con la penna, perché ha scatenato la mia libidine scrittoria più di una volta, soprattutto per il linguaggio che utilizza, in cui l’amore dell’autrice per la letteratura e i suoi protagonisti (lo scrittore e il lettore) permea l’intera narrazione. Da lettore onnivoro e insaziabile, soprattutto di storie che uniscono l’urgenza della narrazione a una sapiente costruzione della trama, non posso che scoprire in Arianna Farinelli un mio simile. Innumerevoli sono le citazioni, a cominciare dal titolo del romanzo che si riferisce alla raccolta di poesie della beat generation curata dalla grande Fernando Pivano (Poesia degli ultimi americani), che si trovano in questo romanzo (da autori come Sartre, Borges, Márquez, Lee Masters, Majakovskij, fino a registi come Bergman, Godard e Wertmüller) disseminati dall’autrice nella storia di Alma, Lola e il loro comune amore (lo Scrittore senza nome), facendo di queste coprotagoniste lo specchio perfetto in cui il lettore si può riconoscere.
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Attraverso le loro sofferenze, i loro ideali granitici eppure traditi, il loro amore al limite dell’ammirazione priva di giudizio per il ‘loro’ Scrittore, entriamo nelle loro vite, quelle delle ultime americane, “necessarie all’economia del Paese e poi improvvisamente inutili”, poiché mai come in questo periodo storico (la storia è ambientata ai nostri giorni fra Stati Uniti, Colombia e Italia) il sistema democratico che ha promesso per secoli la possibilità di riscatto (o almeno di sopravvivenza) agli immigrati provenienti da tutto il mondo (gli Stati Uniti) sembra essere entrato in una crisi profonda da cui non è capace di uscire, facendo sentire la maggioranza degli americani e degli occidentali sperduti di fronte a questa debolezza.
E se lo Scrittore ci ricorda che non è mai stato facile distinguere fra bene e male e che spesso “il meglio e il peggio dell’umanità” si mescola come affluenti dello stesso fiume di anime in cerca di un senso per continuare a lottare, usciamo dalla lettura di questo romanzo con un sano senso di angoscia che ci porta a dubitare delle nostre convinzioni, già messe a dura prova da pandemie e guerre, domandandoci se potremmo ancora contare su coscienze vivide e capaci di mettersi in discussione come i personaggi di questo romanzo. Soprattutto le due donne attorno a cui ruota Gli ultimi americani, Lola e Alma, sono capaci di mettersi in discussione continuamente e a esporsi per i loro ideali.
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Riusciremmo anche noi a fare lo stesso? Metteremo in discussione quel piccolo giaciglio di benessere che abbiamo conquistato per fare ciò che riteniamo giusto? Domande, fra le migliori che questa storia ha ispirato e che ci fanno dimenticare alcuni rallentamenti del ritmo della storia dovuti alla quantità di subplot che Farinelli innesta nel flusso narrativo e che possono essere bacino fertile per i prossimi romanzi che ci offrirà.
Per la prima foto, copyright: Leif Christoph Gottwald su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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