Il legame tra cinema e massoneria. Intervista a Vincenzo Sacco
Screens wide shut. Cinema e massoneria è un saggio appena pubblicato da Rogas Edizioni, in cui Vincenzo Sacco, giovane regista, autore di diversi cortometraggi e direttore della distribuzione per la casa di produzione Altre Storie, racconta un tema complesso e affascinante: il rapporto inaspettatamente stretto che vige da sempre tra la massoneria e l’industria cinematografica. Questo rapporto comprende non solo l’appartenenza di un alto numero di attori, registi e produttori alla massoneria, ma anche il ruolo che temi e simboli massonici hanno assunto all’interno di moltissimi film, in certi casi come semplici citazioni a stento leggibili dallo spettatore medio,in altri assumendo un’importanza decisiva nella costruzione della trama di opere assai famose.
Il saggio si rivolge quindi sia a chi è interessato alla massoneria, sia ai cinefili, ai quali offre una rilettura molto particolare della storia del cinema. Abbiamo fatto qualche domanda in proposito a Vincenzo Sacco, ed ecco le sue risposte.
Lei si occupa fin da giovanissimo di cinema, sia come regista, sia come critico. Ma come ha avuto l'idea di accostare in questo modo il cinema e la massoneria, due mondi che a un profano possono apparire molto distanti fra loro?
Quando si pensa alla massoneria, la seconda parola che viene in mente è “segreto”. Il racconto cinematografico, riflettendoci, è uno di quelli che più di tutti gioca con il concetto di segreto: cosa è visibile, cosa non lo è, cosa è suggerito…? Senza considerare la questione del gossip, dei set blindati, delle leggende…
Il cinema ha usato tutta la sua varietà di mezzi per raccontarci della massoneria. Ci ha parlato della sua storia leggendaria (anche in maniera fantastica, si pensi a L’uomo che volle farsi re di John Huston) e di alcune parti della sua storia reale (L’intrigo della collana sull’affaire che portò all’esecuzione della regina Maria Antonietta, Rosewood sul massacro in Florida del 1923, Cristiada sulla guerra combattuta dai cattolici messicani, ecc.).
Ancor più mezzi ha utilizzato il cinema per veicolare immagini segrete: dal simbolo massonico per eccellenza della Squadra e del Compasso variamente incrociati su spille, anelli e oggettistica varia, ai simboli più legati agli Illuminati (l’Occhio sopra la Piramide) o alla religione (l’Occhio dentro il Triangolo). Immagini a volte inserite come divertissement, ma nella maggior parte dei casi per uno scopo ben preciso.
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Della massoneria l'opinione pubblica tende ad avere ancora oggi un'idea incerta, ma tendenzialmente negativa, più che altro a causa di alcuni fatti oscuri della nostra storia recente, come la vicenda della loggia segreta P2. Lei che opinione si è fatto della massoneria dopo averla studiata in questa sua versione "cinematografica"?
Lo scandalo della loggia P2 rappresenta una ferita ancora aperta nel nostro tessuto sociale e politico. Prima di allora il cinema europeo era stato piuttosto distratto nei confronti della massoneria. Infatti fino ad allora pochi film avevano sfiorato l’argomento, alcuni in maniera surreale (i rovesci di fortuna ne L’âge d’or di Luis Buñuel), altri in maniera tragicomica (la splendida sequenza con Alberto Sordi in Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli), fatta eccezione per la sola pellicola francese e spiccatamente antimassonica Forze occulte di Paul Riche. Questa era nel prima P2.
Nel dopo P2 le cose sono sensibilmente cambiate e soprattutto gli autori italiani si sono sentiti in dovere di affrontare la questione: I banchieri di Dio, Romanzo criminale, Il divo… Anche se il coraggioso primo tentativo di ricostruire l’intera vicenda è stato di Francis Ford Coppola con il terzo e ultimo capitolo dedicato alla famiglia Corleone. In anni più recenti, poi, un accenno neanche tanto velato ne ha fatto Terry Gilliam in Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo (2009).
La cinematografia americana ha assunto un atteggiamento più rilassato nei confronti della massoneria. Forse perché le fondamenta della sua Dichiarazione di Indipendenza non sono state scosse da scandali di simile portata, e anzi i Padri Fondatori vengono sovente associati alla massoneria.
Per quanto mi riguarda, la storia ci insegna che la massoneria può essere accusata di tutto, ma anche ringraziata per tutto. In fondo la storia la scrivono i vincitori e, nonostante la massoneria tendenzialmente sia una, possiamo annoverare i massoni tanto fra i perdenti quanto fra i vincenti.
Prima regista, poi romanziere, lei finora è stato un narratore. Come ha vissuto il passaggio alla saggistica?
Il trasporto che ho avuto nello scrivere Screens Wide Shut non è stato inferiore a quello che mi ha animato nelle precedenti esperienze. Per muovere i primi passi nella saggistica mi è servita molta ricerca, ci è voluta tanta pazienza ma soprattutto parecchia lucidità: e non sono forse gli stessi imprescindbili ingredienti che occorrono per la scrittura di un romanzo piuttosto che per la realizzazione di un film?
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Screens Wide Shut è un saggio molto corposo, fittissimo di nomi, date e citazioni, che piacerà sicuramente ai cinefili, ma che potrebbe intimidire un po' qualche lettore proprio per la sua corposità. Corre volentieri questo piccolo rischio?
Non poteva essere altrimenti, perché i nomi, le date e le citazioni più che fittissimi, potrebbero essere infiniti. I cinefili spero apprezzeranno, ma credo che anche un amante dell’occulto e dell’intrigo possa lasciarsi rapire. In fondo le tematiche che esploro e le verità che emergono potrebbero avvincere tanto il lettore inesperto quanto quello più addentro ai misteri della massoneria. E poi chi non vorrebbe sapere come abbiano avuto a che fare con la massoneria personaggi quali Stanlio e Ollio, John Wayne o il nostro Totò?
Per quanto riguarda la corposità, la filmografia a fine libro può offrire molteplici chiavi di lettura. Di fianco a ciascun film è indicata la pagina dove se ne parla approfonditamente: così un amante di Matrix o de Il Signore degli anelli potrebbe saltare qualche pagina e andare dritto al cuore del suo film salvo scoprire (e qui scatta la mia trappola) le decine di riferimenti incrociati da film a film che pongono numerosi bivi di fronte alla sua lettura. Quindi potrebbe ritornare alla filmografia e continuare il gioco… Poi, sebbene il tema centrale sia il rapporto fra massoneria e cinema, non ho potuto neppure tralasciare quello fra massoneria e serie tv, ed ecco un nuovo indice che include Breaking Bad, Lost, X-Files e molti altri ancora.
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A proposito delle citazioni: lei ha visto tutti i film di cui si parla nel testo, che sono tantissimi? Come è avvenuta la sua ricerca, soprattutto riguardo alle immagini massoniche, o considerate tali, che appaiono, a volte di sfuggita, nei film? Quanto tempo ha richiesto complessivamente la stesura del libro?
Non parlo mai di film che non conosco. Quelli inseriti, è vero, sono tantissimi, ma molti di più sono però i film che ho lasciato fuori.
Le fonti, anche queste sono tante: dai siti dei complottisti a quelli di natura massonica, dai libri di storia alle monografie sui registi, se ci si guarda intorno si possono trovare davvero migliaia di spunti. Se da un lato questo pareva facilitarmi la ricerca, dall’altro la ostacolava proprio perché nella moltitudine di indicazioni mancava una visione chiara dell’argomento.
I problemi sono stati due sostanzialmente. Uno, dare ordine a tante fonti così eterogenee e spesso contraddittorie. Due, indagare l’attendibilità di ogni singola fonte e la veridicità di ogni singolo riferimento. Il mio compito è stato quello di incrociare le fonti fra di loro, quelle massoniche come quelle antimassoniche, e di completarne a vicenda i punti di vista spesso parziali.
In considerazione di ciò ho potuto approfondire alcuni filoni che, a una prima visione, risultavano sepolti, ma che poi naturalmente sono venuti a galla: mi riferisco, giusto per fare un esempio, agli incroci vittoriani fra Sherlock Holmes e Jack lo Squartatore. Dato che il mio studio esigeva obiettività anzitutto, sono stati numerosi i casi in cui ho considerato alcuni film non degni di menzione proprio perché il riferimento massonico risultava troppo incerto.
Per questa ragione ho relegato a capitoli minori alcuni campi d’analisi più curiosi ma anche più distanti dalla massoneria in senso stretto: parlo di quelli legati all’occulto (Moloch, Bafometto, la donna in rosso…), alla manipolazione (il Progetto Monarch, l’11 settembre 2001) e via dicendo.
Come si può capire la ricerca è durata anni e, in realtà, non è mai finita. Un campo di indagine così sfuggente, e soprattutto in continuo movimento, esige un’attenzione costante. Si tratta solo di allenare l’occhio, e le orecchie.
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