Il lato oscuro della vita di provincia. “Resti” di Gianni Agostinelli
Gianni Agostinelli, giornalista e scrittore di Panicale, in provincia di Perugia, arriva nelle librerie con il suo secondo romanzo, Resti (Gaffi/Italo Svevo, 2020), ambientato in un paese senza nome che potrebbe essere uno dei tanti borghi sparsi nella bella campagna umbra, tra agriturismi e ricordi francescani.
Qui sono nati e sono cresciuti insieme i tre giovani protagonisti del romanzo – Leo, Massimo e Alceste – che incontriamo per la prima volta quando sono appena adolescentie trascorrono insieme i lunghi pomeriggi estivi muovendosi in bicicletta per la campagna, facendo il bagno in un torrente e organizzando bravate come capita facilmente in quel periodo della vita.
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Già pochi anni dopo, però, li ritroviamo profondamente cambiati. Massimo, costretto a sposarsi giovanissimo per aver messo incinta la fidanzata, sfoga la sua inquietudine lanciandosi in imprese poco limpide al solo scopo di fare soldi il più in fretta possibile, mentre Leo, dopo aver vissuto il più possibile alle spalle dei genitori, va a lavorare come meccanico in un’officina e conduce un’esistenza del tutto monotona e solitaria, senza alcun interesse o soddisfazione, ma soprattutto senza amori.
Solo Alceste, partito da una famiglia molto più povera di quelle dei suoi amici, riesce a costruirsi una famiglia e una vita dignitosa lavorando duramente e potendo contare solo sulle proprie forze. Pur continuando a vivere come sempre nello stesso paese e a poche centinaia di metri uno dall’altro, i tre amici di un tempo sembrano essersi completamente allontanati uno dall’altro, fino alla notte in cui si ritrovano coinvolti in quella che poteva essere soltanto una bravata, in qualche modo simile alle tante compiute insieme da ragazzini, che però degenera in tragedia, mettendo allo scoperto i punti deboli di tutti.
Agostinelli è nato e cresciuto in provincia, dove vive tuttora, e dimostra di conoscerne molto bene soprattutto i lati oscuri, che ci racconta con estrema lucidità e senza fare sconti a nessuno. In questo romanzo non c’è praticamente nulla che riesca a offrire al lettore un’immagine piacevole e positiva del vivere in campagna: chi lavora nei campi conosce solo fatica e sudore, mentre chi cerca un’occupazione diversa in fabbrica, o altrove, inseguendo forse il sogno di approdare a mondi diversi, scopre che questo si rivela spesso un’illusione, oppure che richiede un prezzo troppo alto per diventare realtà.
Nemmeno le nuove tendenze vacanziere, che hanno disseminato la campagna di agriturismi nella speranza di attrarre soprattutto i turisti stranieri, affascinati dalle bellezze della campagna del centro Italia, sembrano aver modificato granché nella mentalità di chi vive in certi borghi piccoli e isolati, lontano dalle città e dalle grandi vie di comunicazione. In queste pagine la vita di paese si rivela perciò estremamente ristretta e spesso nutrita di invidie, rivalità e rancori capaci di trascinarsi per generazioni, fino a generare violenza.
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C’è infatti tanta violenza nelle pagine di Resti: prima di tutto verso le donne, che restano sempre in seconda fila e appaiono totalmente sottomesse alla prepotenza maschile, all’interno di una società vista come ancora patriarcale, ma in secondo luogo anche verso coloro che vengono considerati al di sotto degli altri nella scala sociale. In questo caso, le vittime perfette sono gli immigrati ammassati in un centro d’accoglienza, pronti a diventare con estrema facilità i capri espiatori su cui riversare tutte le tensioni accumulate in troppi anni di desideri repressi e attese mancate.
Per la prima foto, copyright: Håkon Grimstad su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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