Il fascino dell’ombra. Intervista a Roberto Carboni
L’autore di Il giallo di Villa Nebbia torna in libreria con La collina dei delitti, sempre pubblicato da Newton Compton Editore. Un nuovo viaggio, quello di Roberto Carboni, nelle ombre dell’animo umano, alle radici delle cause di un delitto, questa volta del passato, indagando sul quale si entrerà in contatto con un universo di misteri, gli stessi che sembrano guidare le nostre pulsioni più recondite.
Proprio da questi aspetti abbiamo iniziato la nostra chiacchierata con l’autore.
Il titolo del suo romanzo è molto evocativo. Vorrei cominciare chiedendole che cos’è il delitto per un autore di romanzi gialli?
Il delitto è il punto di partenza di una storia (spesso si trova già nel prologo, che è anche l’istante in cui autore e lettore si incontrano) ma anche il momento in cui sentimenti di odio, o l’interesse materiale, sfociano nel crimine. Oltre a indagare le normali meccaniche dell’omicidio (legate alle domande classiche del genere: assassino, arma, movente) amo ispezionare e raccontare le dinamiche psicologiche che hanno spinto l’assassino a commettere il crimine. Quindi, direi che per me il delitto è qualcosa che va analizzato nei suoi aspetti profondi e a volte inconsci. Oltre a contenere il potenziale per una storia, infatti, può aiutarci a comprendere gli aspetti pulsionali dell’uomo. Come diceva il noto criminologo Robert Simon: i buoni lo sognano, i cattivi lo fanno.
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Narrando di delitti e lavorando alla caratterizzazione di assassini, che idea si è fatto dell’animo umano?
Siamo esseri affascinanti. Oltre alla psicologia amo la grafologia, perché permette di avere sott’occhio l’intera personalità umana: sulla stessa riga convivono le complessità, le incongruenze cognitivo-comportamentali, le pulsioni, i desideri e le frustrazioni. É tutto lì, messo in evidenza.
Noi temiamo spesso il nostro inconscio, gli aspetti pulsionali, appunto. Come se ciò che chiamiamo Ombra fosse nostro nemico. In realtà siamo noi a essere prevenuti nei suoi confronti. L’inconscio ha una natura arcaica ed è inscindibile da noi. Un po’ come dire che la parte in ombra della Luna è meno Luna della parte illuminata. É sempre lei, la Luna, magnifica e affascinante. Jung diceva che il vero banco di prova dell’essere umano è riuscire ad accettare i propri aspetti più “scomodi”. Soprattutto quelli che entrano in contrasto con le norme sociali. La nevrosi, semplificando, è proprio il conflitto che si crea tra ciò che il nostro istinto vorrebbe e ciò che la società impone: quindi tra individuo e ambiente. Il termine ci rimanda a Freud, ma è stato coniato addirittura nel lontano 1776 da William Cullen che la definì «Espressione simbolica di conflitti psicologici. Un accomodamento tra desideri e difese».
In esergo a La collina dei delitti ha posto una citazione di Freud, secondo il quale «il diritto è basato sulla forza bruta e […] tuttora si mantiene tramite la violenza». Che rapporto c’è tra il diritto e la violenza? E perché ha scelto proprio questa citazione?
Ho scelto questa frase perché l’ho trovata sconvolgente. Se l’avesse pronunciata Gengis Kahn l’avrei ritenuta coerente alla sua visione di condottiero. Se consideriamo che l’ha scritta Freud, in una lettera indirizzata ad Einstein, assume invece una connotazione spaventosa. Pertanto era perfetta per aprire il romanzo. Credo lo si capirà bene una volta arrivati in fondo alla storia.
E tra giustizia e vendetta?
La giustizia è la virtù sociale secondo cui si rispettano i diritti di ogni singolo individuo. La vendetta invece è un danno inflitto privatamente ad altri come rivalsa. La vendetta può dar luogo al crimine, quindi potrebbe essere uno degli elementi da cui scaturisce la storia. Ne consegue che, per lo scrittore, è anche una grande opportunità di indagare l’essere umano (e scrivere di conseguenza pagine di tensione).
Oltre che scrittore, lei è anche docente di scrittura creativa. Com’è cambiato nel corso degli anni l’approccio degli aspiranti autori rispetto a questa disciplina, che viene spesso guardata con sospetto?
La scrittura è un campo talmente vasto… I partecipanti ai laboratori sono spinti da molteplici desideri. Chi desidera diventare scrittore, chi vorrebbe riuscire a stendere qualche racconto, chi diventare blogger, tenere un diario di viaggio o magari scrivere le più svariate recensioni. Alcuni partecipanti sono incuriositi dalle tecniche letterarie e aderiscono per semplice desiderio di conoscenza.
Non so da dove nasca il sospetto nei confronti delle tecniche di scrittura creativa. “Scrittura Creativa” negli Stati Uniti è un indirizzo universitario. Forse noi pensiamo di saper progettare e stendere un romanzo solo perché a scuola ci hanno insegnato a scrivere un tema.
Tengo a precisare che lo scopo fondamentale dei miei laboratori è quello di aiutare i partecipanti a trovare una propria voce, e quindi a divergere da me, non ad assomigliarmi.
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Da autore e da docente, quali errori un esordiente dovrebbe assolutamente evitare?
Un esordiente non deve evitare gli errori, ma piuttosto comprenderli in seguito. Per farlo, deve conoscere le regole di base, i cosiddetti elementi della scrittura: l’uso degli aggettivi, degli avverbi, la costruzione dei personaggi, dei dialoghi e delle descrizioni…
Sono convinto che un esordiente dovrebbe concentrarsi su ciò che funziona già nei suoi brani. Domandare ai propri lettori: «Qualcosa ti ha affascinato? Cosa hai trovato piacevole e singolare?». In questo modo, oltre a rafforzare la propria autostima, ha occasione di comprendere i propri punti di forza. All’inizio consiglio di lavorare su ciò che funziona. Perché è motivante e perché, se diamo spazio a ciò che ci riesce bene, limiteremo quello che va corretto. Con il tempo potremo poi dedicarci, un po’ alla volta, all’affinamento. E allora non ci basterà una vita intera. Io passo ancora notti insonni, rosolando a fuoco lento nei dubbi. E non potrei desiderare una vita più avvincente.
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Per la prima foto, copyright: Denys Argyriou su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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