“Il DNA incontra Facebook”, chiacchierata con l’autore Sergio Pistoi
“Il DNA incontra Facebook – Viaggio nel supermarket della genetica” (Marsilio, 2012) è uno dei cinque libri finalisti alla settima edizione del “Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica” di Padova. L’autore, Sergio Pistoi, è un biologo, giornalista e blogger (www.divulgazionescientifica.it) all’esordio da scrittore con un libro “tutto suo”.
«Volevo trovare qualcosa di forte da raccontare – ci ha spiegato mercoledì sera dopo la presentazione del volume a Padova – per questo ho aspettato di avere quarant’anni prima di mettermi a scrivere». Quarant’anni e una laurea in Scienze Biologiche a Torino, un dottorato a Parigi e una sfilza di collaborazioni in qualità di divulgatore (dal Corriere della Sera a Nature, da La Stampa a Scientific American) e di ricercatore biomedico. Ma che cosa c’entra Facebook con il DNA? Come si conciliano due mondi sulla carta così lontani? Di certo ve lo starete chiedendo anche voi. Noi l’abbiamo chiesto direttamente all’autore.
Sergio Pistoi, sei in finale al Premio Galileo di Padova con un libro che parla di DNA e di Facebook. Ci spieghi da dove arriva questa idea?
All’inizio volevo scrivere un libro che parlasse del genoma umano, di cosa è successo da quando lo hanno scoperto e di tutte le applicazioni possibili di una sua accurata lettura nel campo della medicina e della prevenzione delle malattie. Avevo già un titolo: “Proteggi la tua salute con il DNA”. Poi ho scoperto un video su Youtube di una ragazzina che sputava dentro un provettone e si apprestava a leggere il suo codice genetico, dopo aver acquistato su internet, a pochi dollari, tutto l’occorrente per fare il test. Rientrava già nei miei piani di scrivere qualcosa di diverso dal solito saggio, qualcosa che avesse la forma di un viaggio, di un reportage all’interno di un mondo… ma a quel punto la mia ricerca ha avuto una svolta.
Hai sputato anche tu dentro al provettone.
Ho ordinato il kit per fare la lettura del DNA, spendendo 99 dollari, poi ho ricevuto i risultati su su 23andMe (www.23andme.com), uno dei tanti siti specializzat che offrono la possibilità di analizzare il tuo genoma, confrontarlo con quello degli altri, trovare i tuoi parenti in giro per il mondo. Dopo qualche giorno, mi è comparsa la lista di tutte le persone imparentate col sottoscritto, una lista di "amici" esattamente come su Facebook. La sola differenza è che non sono stato io a scegliermi gli amici, ma il mio DNA.
Un social network del DNA, quindi. Che cosa spinge una persona a sottoporsi alla lettura del proprio genoma e a renderlo pubblico al mondo?
Da una parte la curiosità. Non va dimenticato che gli Stati Uniti sono un popolo di migranti, dove l’hobby della genealogia è secondo solo al giardinaggio. Dall’altra proprio il carattere “social” della questione, la possibilità di condividere qualcosa di estremamente personale e di stringere nuove amicizie. Il fenomeno è conosciuto come “mass genomics” (genomica di massa, ndr) o “direct-to-consumer genomics” (genomica diretta al consumatore, ndr), e a tante persone ha già permesso di ritrovare un fratello di cui si erano perse le tracce, un figlio o magari i propri genitori biologici.
Lati positivi e negativi?
Non ci vedo niente di male nel fatto che le persone vogliano conoscere il proprio genoma, sconsiglio però di mettere questi dati a disposizione di tutti indiscriminatamente, come fanno alcuni, perché anche la privacy genetica va tutelata. Il fatto che poi i miei dati genetici possano essere usati in forma anonima anche da case farmaceutiche e laboratori interessati a fare progredire la ricerca e lo sviluppo di farmaci non mi disturba, purché venga fatto con il mio consenso, e in piena trasparenza.
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