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Il denaro 2.0. “Pagare o non pagare” di Walter Siti

Il denaro 2.0. “Pagare o non pagare” di Walter SitiSi può comprendere la contemporaneità anatomizzando il nostro rapporto con i soldi? È possibile scandagliare l'attuale postmodernità grazie a un attento monitoraggio della nostra crescente disabitudine alla moneta cartacea? Seguendo quali direttrici, il significato storicamente attribuibile al concetto di pagare, nonché i molteplici significanti connessi, sono mutati, nel volgere peraltro di una manciata di lustri? Può questa metamorfosi escatologica assurgere a paradigmatica pietra angolare del cambiamento d'epoca che ci è dato di vivere? E in caso affermativo, quali rivoluzioni culturali tout court agiteranno i nostri costumi consuetudinari nell'imminente avvenire?

A tali quesiti tenta di rispondere Walter Siti che nel suo pamphlet Pagare o non pagare (Nottetempo) traccia un avvincente excursus (anche) autobiografico, incentrato sull'odierna concezione dei quattrini e arricchito da folgoranti e psichedeliche digressioni di carattere antropologico, psicologico e intergenerazionale. Intercalari didascalici che innervano lo scheletro dell'architrave narrativa, senza distogliere l'attenzione di chi legge, e che offrono preziose oasi di orientamento percettivo. Scialuppe di salvataggio, meteore aneddotiche, se non addirittura veri e propri razzi illuminanti di segnalazione concettuale.

 

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L'autore dapprima si focalizza sul passato, quando le dinamiche economiche ci consentivano di assaporare il piacere “sacrale” di pagare, che attribuiva fatalmente all'uomo la lucida consapevolezza della sua identità sociale. Una totale sovrapposizione tra il proprio io (occultato in maniera subdola) e l'esteriorità pubblica (esposta in modo sfacciato senza qualsivoglia sorta di titubanze). Tale periodo, la cui genesi principia all'indomani del termine del secondo conflitto mondiale, che attraversa vittorioso il periodo d'oro del boom economico, resistendo anche alle fasi storiche più turbolenti della contestazione sessantottina e degli anni di piombo, per Siti si esaurisce alla metà degli anni Novanta. Anni in cui l'atto di spendere sancisce in maniera sempre più blanda la consacrazione plastica del raggiungimento del benessere, fino a smarrire il senso di sé. Un percorso tutt'altro che virtuoso, volto ad annichilire personalità, speranze, desideri, ambizioni; fino a giungere alla deprivazione dello stesso primigènio anelito a un umanesimo permeato di sincera fratellanza condivisa.

Il denaro 2.0. “Pagare o non pagare” di Walter Siti

Si sofferma poi sul presente, attanagliato da una beffarda contraddizione: se da un lato infatti appare devastato da una marcata precarizzazione del lavoro, dall'altra non esita a proporre modelli di riferimento à la page, all'insegna del piacere e della sostenibilità economica, in realtà archetipi consolatori e illusori. La crisi economica ha difatti depresso in modo grave i consumi, ucciso il posto di lavoro a tempo indeterminato e bloccato l'ascensore sociale, facendo evaporare (materialmente e concettualmente) gli stessi soldi. Alla vaporizzazione delle aspettative e alla mortificazione delle identità, si accompagna una vera e propria dipartita della carta moneta. Intesa tanto come simbolo antropomorfizzato dell'opulenza materiale, quanto alla stregua di paradigmatica allegoria del raziocinante e circolare procedere rinascimentale.

Il denaro 2.0. “Pagare o non pagare” di Walter Siti

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E infine scruta le traiettorie del futuro prossimo nonché le insidie e le alienanti distorsioni antropologiche, con la lucida contezza che il progresso dell'informatica e l'avanzamento della robotica (i cui prodromi già si affacciano minacciosi all'orizzonte) determineranno mutazioni sociali, culturali ed economiche impensabili solo fino a pochi anni fa e trasformeranno alla radice finanche lo stesso mondo delle relazioni umane, azzerando certezze e dogmi secolari. Per Siti l'attuale società 2.0 non è che un pallido preludio dell'evoluzione prossima ventura che si farà beffe del postmodernismo, travolgerà ogni residua certezza, delineando una fantasmagorica traiettoria antropologica che inghiottirà in un buco nero coscienze, esistenze e cognizioni.


Per la prima foto, copyright: Jonas Leupe su Unsplash.

Per la terza foto, la fonte è qui.

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