“Il blu di Marte”, il nostro sarà un futuro di pace?
Con Il blu di Marte, edito da Fanucci nella traduzione di A. Guarnieri, si è conclusa questo febbraio la pubblicazione in italiano della trilogia di Kim Stanley Robinson dedicata al quarto pianeta. Dopo l'uscita del solo primo libro, Il rosso di Marte, negli anni Novanta, il resto della trilogia è stato ripreso di recente in occasione dei lavori per un adattamento televisivo.
Dopo i primi due volumi in cui il pianeta era oggetto di colonizzazione e teatro di scontri per l'indipendenza, questo terzo libro narra tutto ciò che segue, nel respiro di un'epoca che dura quasi un secolo. Dagli ultimi scontri post-rivoluzionari alla stesura di una costituzione; dai negoziati con le Nazioni Unite, all'affermarsi del lavoro organizzato in cooperative, a uno stile di vita, un'immagine del nucleo familiare, valori individuali e sociali completamente diversi rispetto al passato (il presente, per noi che leggiamo) della Terra. Infine, Robinson trova spazio per raccontarci l'emergere di altri problemi e altre situazioni, nel corso dei decenni, proprio come succede nell'evoluzione della storia, come le condizioni mediche di persone che hanno superato i due secoli di età, o la lenta transizione dalle cupole pressurizzate a un mondo di oceani, foreste e forti venti, ma anche la colonizzazione del resto del sistema solare.
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Il personaggio Ann Clayborne, autorevole mente scientifica ed esponente di un ambientalismo radicale, ha l'onore di aprire il libro all'età di centocinquant'anni e chiudere l'ultimo capitolo a duecentotrenta. Sono ottant'anni di storia che Robinson ha creato per noi. Una storia forse utopica, ma ricca di avvenimenti, conquiste e tempi che cambiano. Tanto che alla fine, con l'avvicendarsi di epoche e protagonisti, sembra di aver letto più romanzi in uno.
È una storia di guerriglia nei primi capitoli, con gli angoli delle strade presidiati da pattuglie di rivoluzionari vittoriosi, che ancora non hanno idea di come passare dalla protesta al governo e istituire un servizio efficiente di forze dell'ordine. Pochi anni più tardi, con un'atmosfera quasi respirabile, le cupole crivellate di colpi non avrebbero più spaventato nessuno. È una storia di speranza quando gran parte della popolazione si riunisce per mesi interminabili per discutere la bozza di una costituzione, giorno e notte in laboratori ghiacciati per ottenere un documento che prevenga ogni abuso da poteri forti, secondo l'esperienza della Terra, ma anche il ritorno delle società meta-nazionali che sono state cacciate dalla colonia a suon di missili.
È una storia di sport estremi e natura selvaggia negli anni in cui Nirgal, il nativo marziano che ha partecipato a una missione diplomatica sulla Terra, si rifugia nella corsa e nelle nuove frontiere offerte da una gravità ridotta rispetto al mondo di origine. Ormai perfettamente terraformato, Marte offre panorami mozzafiato, canyon profondi diversi chilometri, dighe di diamante sintetico e giovani nativi che scelgono di praticare una caccia preistorica scrollandosi di dosso la civiltà. La disciplina in cui Nirgal eccelle è nientemeno che il giro del mondo: per quanto sia piccolo il pianeta, scegliere un percorso equatoriale e impegnarsi per circa duecento giorni è una prova fisica al confine dell'esperienza mistica.
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Infine, quando la prima generazione di coloni comincia a mostrare i sintomi di un'età mai raggiunta prima, è anche una storia esistenziale. “Che cos'è la memoria?” si chiede Sax Russell, il colono già sopravvissuto a un ictus, scoprendo legami fra il "rapido declino" a cui sono soggetti i suoi coetanei e il decadimento dei ricordi. Dove risiedono i ricordi, come si conservano? In altre parole: chi sono io?
Questo secolo e il prossimo potrebbero anche non andare esattamente come ha ipotizzato Robinson, ormai oltre vent'anni fa, ma la sua ricostruzione è dettagliata e, secondo più di un aspetto, perfino credibile. Grazie a Il blu di Marte, possiamo sperare in un futuro di equità sociale, pace e paesaggi incantevoli.
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