Ian McEwan contro i transgender. Ed è subito polemica
Ian McEwan, l’autore di romanzi come Amsterdam, Espiazione e Miele (editi in Italia da Einaudi nelle traduzioni di S. Basso i primi due e di M. Balmelli il terzo), questa volta balza agli onori della cronaca per una polemica che ha poco a che vedere con la lettura e molto, invece, con sessualità e diritti civili.
Questione di peni?
La frase di Ian McEwan al centro di aspre discussioni è stata pronunciata durante un discorso alla Royal Istitution, dove a McEwan è stato chiesto se fattori come la biologia e le norme sociali potessero limitare la nostra libertà di adottare un genere sessuale diverso.
La risposta di McEwan è stata netta:
«Il sé non si può prendere dagli scaffali di un supermercato dell’identità personale, come se fosse un piccolo capo nero pronto da indossare. Per esempio, alcuni uomini, che hanno un pene perfettamente funzionante, si identificano come donne, e richiedono di entrare in college per sole donne, e il diritto di cambiarsi negli spogliatoi delle donne».
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Alla richiesta di chiarire meglio il suo commento McEwan ha rincarato la dose:
«Datemi pure del vecchio, ma tendo a pensare che le persone con un pene siano uomini. Ma io so che entrano in un mondo molto difficile quando diventano transessuali e ci dicono che sono donne, che diventano donne, ma è interessante prestare attenzione al conflitto tra le femministe di oggi e le persone di questo gruppo. È un conflitto piuttosto aspro. […] Il sesso e la razza sono diversi, ma entrambi hanno una base biologica. C’è differenza tra l’avere un cromosoma X e uno Y».
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Le reazioni
Non si sono fatte attendere le risposte, anche piuttosto dure.
Stonewall, associazione per i diritti LGBT, ha immediatamente stigmatizzato le parole di McEwan:
«La complessità dell’identità di genere va oltre i genitali. Le persone trans hanno bisogno di essere accettate e di essere trattare con uguaglianza, e lo meritano. Questo genere di commenti non denigra soltanto l’esperienza dei trans, ma nega la loro stessa esistenza, e questo è dannoso per un gruppo di persone che ha trascorso la vita a lottare per farsi ascoltare e comprendere».
L’attivista per i diritti umani Peter Tatchell è intervenuto sull’argomento, descrivendo l’argomentazione di McEwan come una forma di autoritarismo etico:
«Sembra ci sia una classifica dell’oppressione, in cui alcune persone combattono altre persone per rivendicare il titolo di “più oppressi”. Questa rivalità tra chi è più santo non è mai stata al centro della politica dell’identità».
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Va detto però che, già qualche mese fa, la scrittrice australiana Germaine Greer, durante una lezione all’università di Cardiff, aveva espresso forti perplessità sul fatto che gli uomini, anche una volta operati, potessero essere donne:
«Non credo che una donna sia un uomo senza un pene. Potrete battermi una mazza da baseball sulla testa, ma questo non mi farà cambiare idea».
La risposta di Ian McEwan (aggiornamento 07/04/2016)
Ian McEwan ha, infine, deciso di intervenire nuovamente, provando a sedare la polemica. E in una lettera inviata ai media e pubblicata dal «Guardian» si è detto «sopreso che un paio di frasi pronunciate durante una conferenza abbiano causato un così grande scalpore» e aggiunge:
«L'argomento del mio intervento era la rappresentazione letteraria del sé nelle opere di Montaigne, Shakespeare, Pepys, Boswell e altri. In risposta a una domanda, ho proposto che possedere un pene o, per essere più precisi, l'eredità del cromosoma XY, è connesso in maniera inalienabile alla mascolinità. Come dichiarazione, questo mi sembra ineccepibbile dal punto di vista biologico».
Chiarendo, inoltre, che «la biologia non è sempre un destino» e che la volontà o la necessità di abbandonare il genere di appartenenza per nascita o di ridefinirlo radicalmente è un diritto dei transgender, un diritto che «dovrebbe essere rispettato e celebrato».
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