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I rituali quotidiani degli scrittori

I rituali quotidiani degli scrittoriQuali sono (o erano) i rituali quotidiani seguiti dagli scrittori? Risponde alla domanda Mason Currey in Rituali quotidiani. La giornata di un artista, pubblicato in Italia da Vallardi, con la traduzione di Daniela Marina Rossi.

Non solo scrittori: trovano spazio anche pittori, registi, musicisti, uomini e donne che hanno segnato la storia culturale globale. La lista presente nel testo comprende circa 150 nomi, di cui vi invitiamo a scoprire le abitudini e, in moltissimi casi, i vizi, spesso molto particolari.

Di seguito, ecco qualche esempio: vi stupirà conoscere le singolari manie di Truman Capote, oppure la rigida disciplina di Stephen King, rispetto al numero di parole da stilare assolutamente ogni giorno; oppure la precisione da orologio svizzero di Thomas Mann e, al contrario, l'assoluta mancanza di rigore di James Joyce...

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Jane Austen amava scrivere nel salotto di casa. Si alzava presto alla mattina e suonava per un po' il pianoforte. Alle nove preparava la colazione per la famiglia e, in seguito, si dedicava alla scrittura, attività che interrompeva solo se riceveva qualche visita. Alla sera, poi, leggeva a tutti ciò che aveva scritto quel giorno.

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Gustave Flaubert scriveva di notte, per evitare che i rumori del giorno potessero distrarlo. L'autore si alzava alle dieci del mattino, si faceva portare i giornali, un bicchiere d'acqua fredda e la pipa riempita. Procedeva poi con un bagno caldo e l'applicazione di un tonico per arrestare la caduta dei capelli. Faceva colazione e pranzo insieme, in tarda mattinata, e, dal momento che non amava lavorare con la pancia piena, era solito consumare un pasto leggero.

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Thomas Mann, invece, si svegliava sempre prima delle otto, beveva una tazza di caffè con la moglie e si faceva un bagno. Alle otto e mezza prendeva una colazione completa, mentre alle nove si chiudeva nel suo studio e, fino a mezzogiorno, era assolutamente vietato disturbarlo nel suo lavoro. Dalle cinque del pomeriggio, Mann si occupava della stesura di lettere, recensioni e articoli. Tra le sette e le otto di sera passeggiava, mentre il resto della serata era impiegato nella lettura o nell'ascolto di musica.

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Günter Grass era solito fare colazione tra le nove e le dieci e, successivamente, lavorava tutto il giorno, interrompendo la sua attività per un caffè pomeridiano. Poi riprendeva fino alle sette di sera e non lavorava mai di notte.

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Al contrario di molti suoi colleghi, James Joyce non era particolarmente incline alla disciplina. Si alzava tardi e lavorava prevalentemente nel pomeriggio, mentre le serate le passava nei bar o nei ristoranti. Nel volume, è il biografo Richard Ellmann a offrire un resoconto particolareggiato della routine di Joyce, il quale aveva bisogno di trascorrere fuori le serate e buona parte delle notti per «ripulirsi la mente dal lavoro letterario».

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Marcel Proust dormiva per tutto il giorno e lavorava di notte. Si alzava intorno alle quattro del pomeriggio e accendeva una miscela di polveri oppiacee Legras, che usava per alleviare la sua asma cronica. Proust seguiva una dieta misera (ma c'è chi racconta che, alle volte, cenava al ristorante, mangiando molto) ed era molto freddoloso: per questo era solito coprirsi con molti maglioni durante le lunghe sessioni di scrittura, svolte sempre a letto, sdraiato, con la testa sostenuta da due cuscini.

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Jean-Paul Sartre era convinto che si potesse produrre molto, senza eccedere nel lavoro. Bastavano tre ore alla mattina e altre tre alla sera: tuttavia, Sartre, oltre al lavoro, era solito condurre una vita sociale molto frenetica, segnata da un uso massiccio di alcol e droghe. Gli venne prescritto il Corydrane (una miscela di anfetamine e aspirina), legale in Francia fino al '71: al posto delle due compresse prescritte, Sartre ne assumeva una ventina. Inoltre, la biografa Annie Cohen-Solal ha testimoniato numerosi altri vizi del filosofo, dalla nicotina (due pacchetti di sigarette al giorno) ai barbiturici e un regime alimentare particolarmente abbondante.

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Agatha Christie non ha mai avuto una sua stanza per scrivere, anche se tutti i giornalisti volevano ritrarla nel suo studio. A lei bastavano un tavolo e una macchina da scrivere, non importava il luogo. E non importava nemmeno il momento: la Christie non aveva degli orari precisi in cui si dedicava alla scrittura. Quando iniziava, però, procedeva «a tutta birra», completamente assorta nella sua attività.

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Come Proust, anche Truman Capote amava scrivere a letto (si è autodefinito un «autore assolutamente orizzontale»). Capote scriveva quattro ore al giorno e la sua attività era favorita, a suo dire, dal consumo di bevande (caffè, tè, sherry...) e dal fumo: dopo aver riletto quanto prodotto nel corso di una giornata, Capote scriveva due versioni a mano del testo e una copia finale a macchina. L'uomo aveva delle strane abitudini: non sopportava la vista di più di tre mozziconi di sigaretta nel portacenere, non cominciava né finiva mai niente di venerdì e si rifiutava «di comporre un numero di telefono o di accettare una stanza d’albergo se la somma delle sue cifre dava un numero da lui ritenuto sfortunato».

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Stephen King scrive tutti i giorni, per lui non esiste “la vacanza”. Smette solo quando ha raggiunto la quota minima di 2000 parole quotidiane. Lavora di mattina, mentre i pomeriggi e le serate sono dedicati al riposo, alla corrispondenza, alla lettura, alle attività con la famiglia e alle partite in tv dei Red Sox.

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A questo punto, non vi resta che la lettura integrale del testo di Currey, per scoprire i rituali quotidiani di scrittori e di altri nomi che hanno fatto la storia delle arti.

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