I racconti della precarietà umana. “Sotto il falò” di Nickolas Butler
Sotto il falò, raccolta di dieci racconti scritta da Nickolas Butler e pubblicata dalla casa editrice Marsilio, mostra sin dalle prime pagine un carattere ruvido e deciso che cattura l'attenzione del lettore.
Chiunque si imbatta in questo genere di storie, tradotte egregiamente dalla bravissima Claudia Durastanti, e ne approfondisca il contenuto, noterà di sicuro quanto intense e profonde esse siano, perché Butler dà l'impressione che ogni particolare descritto e ogni parola utilizzata siano stati il prodotto di sudore e fatica misti a polvere e cuore.
Sullo sfondo, troviamo un'America agricola, rurale, campestre, caratterizzata da gente semplice che vive in villaggi sperduti o in mezzo a vaste praterie, che confinano con boschi ricchi di alberi secolari, spesso circondati da distese azzurre di laghi che ne lambiscono il territorio.
Sembra quasi di percepire in lontananza il suono del jukebox che suona, in loop, musica country in qualche locale scalcinato dove l'arredamento è cheap e al centro vi è posizionato un tavolo da biliardo per gli habitué o gli avventori occasionali che, con il loro pick-up, si fermano stanchi del viaggio e sorseggiano una birra in compagnia prima di ripartire.
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Nel frattempo, un nonno condivide sul suo dondolo un segreto con il nipotino; certi amici fanno festa intorno a un falò e chiacchierano allegramente; si vivono amori burrascosi e violenti che coinvolgono donne picchiate e maltrattate e si stringono legami di amicizia che, poi, sono destinati a finire.
Dunque, la raccolta mette in evidenza quelle che sono le caratteristiche intrinseche dei rapporti umani che, a volte, sono contraddistinti da fragilità e debolezze e, a volte, da una certa solidità e da una buona dose di altruismo.
D'altronde, siamo precari in questo mondo e l'autore vuole sottolineare proprio questo. La precarietà che Butler descrive ci fa sentire perennemente in bilico, come se fossimo sempre sull'orlo del precipizio pronti a cadere, e ci fa capire quanto noi esseri umani siamo sempre alla ricerca di risposte che dovrebbero giungere dal nostro animo per non sentirci più smarriti; invece commettiamo errori, ci nascondiamo per timore di essere visti, non ci assumiamo le nostre responsabilità perché non vogliamo ammettere a noi stessi di essere diventati adulti e vacillare ci sembra l'unica soluzione possibile per tirare avanti, ma così non è perché questo porta a dubitare di noi stessi e delle nostre capacità e a instaurare rapporti malati che, molto probabilmente, finirebbero in modo spiacevole.
Allora cosa fare?
Continuare a lottare per diventare persone migliori e, soprattutto, ammettere di essere anime raminghe che cercano un po' di pace su questa terra. I personaggi di Sotto il falò sono il ritratto perfetto di una generazione confusa e instabile che si trova ad affrontare i repentini cambiamenti di una società nella quale non si riconoscono. Sono individui che amano respirare il profumo della loro terra d'origine e che amano restare ancorati alle proprie radici e abitare in luoghi dove la vita scorre lenta e si può ancora ammirare il tramonto seduti su un ceppo di legno appena tagliato, ma tutti loro devono fare purtroppo i conti con la realtà e capire che quel quadro idilliaco che si sono dipinti nella loro mente non è altro che un'avvisaglia di un mondo illusorio che si frantumerà non appena prenderanno visione di ciò che non va, accorgendosi che indipendentemente dal luogo in cui si è scelto di vivere i propri demoni interiori verranno sempre a cercarli e sta a loro decidere da che parte stare.
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Così, con questa raccolta, Nickolas Butler ci offre il ritratto di una nazione che non è solamente esibizionista e, a tratti, folcloristica, ma è anche un Paese popolato da gente dal cuore semplice e abitudinario che preferisce rimanere anonima e affrontare la vita con onestà e dignità, nonostante le continue prove a cui è sottoposta e la sua natura imperfetta tipica, d'altronde, di ogni essere umano.
Per la prima foto, copyright: Kimson Doan.
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