I più importanti blog letterari – Intervista a Nuovi Argomenti
Nell’ambito della nostra rubrica dedicata ai più importanti blog letterari, ospitiamo un’intervista a Nuovi Argomenti, con risposte del caporedattore web Marco Cubeddu.
Nuovi Argomenti è una rivista di grande tradizione: cosa vuol dire farsi carico di questa e cercare di tenerla viva anche online? Come si è riusciti a coniugare fedeltà alla tradizione e adattamento alle dinamiche del web?
Nuovi Argomenti nasce nel 1953, fondata da Alberto Moravia e Alberto Carocci e, da allora, passando per Sciascia, Pasolini, Siciliano, Bertolucci alla direzione e redazione della rivista si sono avvicendati alcuni tra i più grandi scrittori del secondo novecento italiano. “Farsi carico” di una tradizione così prestigiosa, di una rivista che, anche negli ultimi lustri, ha avuto un ruolo determinante nello scoprire e promuovere scrittori di grande talento e grande successo – penso a Sandro Veronesi, Niccolò Ammaniti, Alessandro Piperno, Paolo Giordano, Roberto Saviano tra gli altri – è semplicemente impossibile a livello individuale.
Per fortuna, la rivista non è espressione di uno sforzo individuale, ma il frutto di un lavoro collettivo, a cui partecipano diverse generazioni di scrittori tuttora molto attivi. In primo luogo penso alla nostra direttrice responsabile, Dacia Maraini, sempre presente nel dimostrare il suo attaccamento alla rivista, e ad altri dei nostri ben 6 direttori, in particolare Giorgio van Straten, che da qualche mese ci segue da New York, e Raffalele Manica, a cui bastano due parole (o un titolo) per dare un’impostazione determinante al lavoro sui numeri a venire. E penso a Matteo Trevisani e Giulio Silvano, giovani autori e oggi valorosi redattori degli ultimi numeri (già temo di non aver evitato l’effetto “elenco”), ma senza i precedenti timonieri della rivista come Lorenzo Pavolini, o senza l’entusiasmo e la competenza di una generazione fondamentale che va da Emanuele Trevi a Leonardo Colombati, da Filippo Bologna a Francesco Longo, non saremmo e non andremmo da nessuna parte.
La “fedeltà alla tradizione” viene quindi da sé, è il nostro DNA, sono le nostre fondamenta, è quello che siamo e che vogliamo essere, Dio ci scampi e liberi da ogni conformistica deriva giovanilistica che dovesse portarci fuori strada (il nostro Dudù La Capria, a più di novant’anni, è molto più giovane di tutti i giovani che abbia mai conosciuto). Le dinamiche del web, cioè i numeri e l’accessibilità del web, in un tempo che relega inevitabilmente le riviste cartacee di approfondimento a una nicchia (che comunque ci sforziamo di rendere il più confortevole e ampia possibile), per noi significano soprattutto la possibilità di parlare col linguaggio della letteratura a un vasto pubblico. Se fossimo musicisti, il web sarebbe l’impianto che ci permetterebbe di fare concerti anche negli stadi. Ma mi viene in mente Bruce Springsteen, che ha iniziato nei club: vederlo, che so, a San Siro, è un’esperienza collettiva indimenticabile, ma la forza nel Boss era ben visibile anche nei concerti più appartati della periferia del Jersey. La differenza la fanno i contenuti e la voce, l’energia e la passione nel lavoro, non il formato con cui il lavoro si diffonde.
Il sito di Nuovi Argomenti ospita una sezione dedicata esclusivamente alla poesia. Portare poesia sul web è un’operazione che ripaga?
Molto. Se la poesia è da sempre una parte fondamentale per la nostra rivista cartacea, e anche oggi in ogni numero ospitiamo importanti inediti di autori consolidati, sia italiani che stranieri, oltre a numerosi esordi, sul sito la poesia è diventata, in parte per scelta, in parte per casualità, il nostro fiore all’occhiello.
Questo, credo, per due ragioni distinte: la prima, che più che altro è una mia supposizione, è il grandissimo numero di aspiranti poeti italiani (risaputamente di gran lunga superiore agli acquirenti su cui la poesia può contare una volta raggiunte le librerie), un’enorme massa di persone che non disdegna leggere selezioni di versi on line con il preciso intento di inviarne a sua volta di propri, nella speranza vengano pubblicati. Così, mettere “mi piace” su Facebook, commentare e condividere le nostre proposte, diventa un modo concreto per sentirsi meno soli e meno isolati, per prendere contatti con la rivista e con la comunità di appassionati che vi ruota intorno.
La seconda è invece una mia certezza: Maria Borio, la nostra responsabile della poesia. La quale, non solo lavora molto bene, che è un fatto dirimente, ma soprattutto lavora anche tanto. Ogni settimana trova per noi testi sempre molto interessanti e piacevoli da leggere anche per i non addetti ai lavori, e grazie al suo infaticabile impegno ha sviluppato una rete di collaboratori che ci consentono una programmazione “svizzera” di pubblicazioni. Grazie alla sua passione e al suo pragmatismo affronta con ammirevole coraggio l’immensa quantità di versacci che riceviamo quotidianamente, scandagliando quell’enorme massa di file alla ricerca di materiale adatto alla pubblicazione, senza dimenticare di rispondere anche al poetastro meno dotato e più arrogante con gentile sollecitudine.
Così, la poesia, attraverso una severa selezione e allo stesso tempo a una affettuosa e costante presenza quotidiana, è un terreno su cui continuiamo a essere un punto di riferimento, sulla carta e sul web, e questo anche grazie a un lavoro che coinvolge, oltre a Maria Borio, molti altri di noi, come il mio predecessore Carlo Carabba, brillante poeta oggi responsabile della narrativa italiana di Mondadori, traduttori appassionati come Damiano Abeni, capace di citare versi di poeti anglosassoni adatti a ogni occasione e scovare inediti di qualità e risonanza internazionale con entusiasmo e precisione, o Antonio Riccardi, che nella nostra rivista e nella poesia ha investito anni di lavoro come dirigente di Mondadori, districandosi tra le necessità commerciali di un grande gruppo come quello di Segrate e il suo raffinatissimo gusto in termini poetici (e penso che se le “cinquanta sfumature di grigio” permettono di pubblicare Milo De Angelis si instaura un circolo virtuoso in cui vincono tutti: lettori, imprenditori, operatori del settore).
Cosa significa occuparsi di letteratura online e quali differenze è possibile riscontrare rispetto all’approccio seguito in una rivista cartacea?
Nuovi Argomenti è una rivista di letteratura. Cartacea o on line, le differenze, potenzialmente, non esistono. Il fatto è che la nostra rivista, nei suoi quattro numeri all’anno, è cartacea e non online (ovviamente è disponibile anche in ebook, ma leggerla sull’iPad o sfogliarla è praticamente la stessa cosa). I nostri numeri, con una sezione tematica e le scritture extra, a parte qualche stralcio, non vanno sul sito o sui nostri social, quindi la differenza sta nel fatto che i contributi pubblicati sul sito sono frutto del lavoro della rivista ma non “sono” la rivista. Il nostro approccio è sempre lo stesso, anche sul web badiamo alla qualità dei contenuti, non amiamo le polemiche, portiamo avanti indagini e inchieste, o pubblichiamo interventi di stampo saggistico, ma senza seguire un filo conduttore, cosa che invece caratterizza l’uscita trimestrale in libreria. In futuro, non è difficile immaginare uno sbilanciamento della nostra attività sul web. Già nei prossimi mesi abbiamo in programma, supportati dall’editore, di ripensare e ridisegnare interamente il nostro sito, che si trasformerà probabilmente in un’appendice molto più simile al cartaceo, mantenendone sostanzialmente immutate le linee guida, ma approfittando dei tempi molto più agili, che ci potrebbero permettere, sempre senza esagerare, una maggiore immediatezza nel rispondere, con i nostri argomenti letterari, alle questioni più urgenti della quotidianità. Mi viene in mente soprattutto un numero uscito quest’anno, Dite quel bip che vi pare, dedicato alla libertà d’espressione. Lo abbiamo pensato dopo la strage di Charlie Hebdo, ma è uscito diversi mesi dopo. Vi si trovano molte decine di interventi, risposte a un questionario sottoposto a scrittori, poeti, critici e intellettuali italiani. È bello che quelle testimonianze abbiano potuto essere ragionate, e sarà bello ritrovarle raccolte in volume tra qualche lustro. Ma è probabile che, sul sito, le risposte avrebbero potuto succedersi una all’altra man mano che ci arrivavano, contribuendo a far diventare quella che nei nostri intenti era comunque una discussione collettiva (che infatti abbiamo portato in diverse città, presentando il numero) ancora più di massa di quanto il cartaceo non abbia consentito.
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Il panorama dei blog letterari è diventato molto folto negli ultimi tempi, e questo rende necessario un discorso sulla qualità e sulla rilevanza. In base a quali parametri si potrebbe operare una selezione alla luce dei due criteri appena menzionati?
Il mondo dei blog letterari è un mondo che non è più un “a parte”, un sottobosco, una costola del mondo della letteratura ufficiale, ma che è già oggi, a pieno titolo, il mondo ufficiale della letteratura. I parametri sono gli stessi che valevano per i vecchi giornali: popolarità e autorevolezza delle firme. Il problema di Wikipedia, ad esempio, pur nella sua assoluta utilità, e in genere anche affidabilità, è che mancano le firme, manca il marchio di un editore che faccia da garanzia. Io ormai leggo essenzialmente le notizie sui social network. Delle più irrilevanti, o delle più urgenti, mi faccio una prima idea cliccando su un articolo senza sapere neanche da che giornale provenga, è come se Facebook fosse un unico giornale, senza linea editoriale, perciò leggo il titolo, e che sia Repubblica, il Corriere, Il Giornale, Leggo, Lercio, qualche rivista on line di quelle che non amo e di cui non finisco mai un pezzo, non importa. Però, una volta informato, resto col sospetto che le cose non stiano proprio così e mi dico, “chissà…”. I contenitori, le firme, sono importanti. Ci sono critici di cui mi fido, canali televisivi di cui mi fido. Ben venga la massa indistinta di realtà amatoriali, è bello che ognuno possa alzarsi un mattino e mettere in piedi il suo blog senza chiedere un euro a nessuno. Ma io resto affezionato all’idea di professionalità, e scelgo di chi fidarmi con lo stesso criterio con cui scelgo il medico da cui andare in cura. Me lo raccomanda qualcuno di fiducia, lo metto alla prova, poi continuo a rivolgermi a lui o no, in base ai risultati. Sempre più così mi immagino i blog letterari in futuro: professionisti che guadagnano bene per il loro lavoro, chiamati a rispondere del loro operato. Spero nascano sempre più blog di professionisti, che magari abbiano cominciato come amatori, per carità, ma che poi siano cresciuti e siano riusciti a ritagliarsi un ruolo cruciale, riconosciuto dal pubblico e dagli addetti ai lavori, quindi, in definitiva, a prendersi una fetta di mercato.
In Italia, si discute molto del ruolo dei critici letterari e di come la loro importanza si sia affievolita nel tempo. Da questo punto di vista, crede che i blog possano rappresentare una valida alternativa?
Un critico che avesse capacità d’analisi inarrivabili, ma rimanesse inascoltato, potrebbe essere importante soltanto da un punto di vista accademico. La rilevanza, credo, sia un aspetto fondamentale del lavoro del critico in una società di massa. E, sintetizzando, la rilevanza credo sia data da due fattori: autorevolezza e popolarità. I critici di oggi, secondo me, hanno perso peso non per mancanza di autorevolezza, ma per mancanza di popolarità. Perché autorevolezza e popolarità – quindi rilevanza – hanno perso i giornali di carta per cui scrivono.
I blog potranno sostituirli, certo, in parte come strumento di critica collettivo, quindi quantitativo, attraverso pollici in su o in giù, con cui si orienterà il gusto grazie a una specie di rating in continuo mutamento, ma capace di esprimere tendenze di fondo. In parte perché, acquistando i blog stessi autorevolezza e popolarità, non potranno che formarsi figure di riferimento capaci di orientare il gusto collettivo forti del loro brand individuale. Già oggi sono emerse diverse figure critiche riconosciute dalla rete, è molto probabile che domani saranno riconosciute da tutti i lettori, che saranno tutti lettori abituati anche al web. Ma c’è un problema: perché questo avvenga, e queste figure sorgano davvero ottime e abbondanti, serve che si trovi il modo anche su internet di iniziare a pagare i professionisti che dovranno spostarsi lì, trasformandosi da analogici in digitali. Altrimenti, senza una remunerazione certa e adeguata, non si andrà da nessuna parte.
Tenendo conto dei cambiamenti in atto nel mondo editoriale, come ritiene che evolverà il settore dei blog letterari?
Per me, il problema, detto brutalmente, è che c’è troppa roba. La bibliodiversità, come valore a prescindere, mi sembra un’enorme sciocchezza. Qualità, riconoscibilità, selezione, bellezza, mi sembrano aspetti molto più fondamentali su cui concentrarsi. In questo senso, trovo ci siano troppi editori, troppi scrittori, troppi libri, troppi critici e troppo pochi lettori. Il mercato editoriale, a mio avviso, non è in flessione in attesa di una ripresa, penso si stia inevitabilmente ridimensionando, dopo essere stato oggetto di una bolla speculativa che non ne rispecchiava le reali potenzialità. La stagione del romanzo non è finita, durerà per sempre, come le opere liriche. Che umanità saremmo senza aver visto l’opera dal vivo, o senza poterci beare di certe forme di espressione artistica come, che so, le pale d’altare? Sono cose immortali, resteranno. Ma, ecco, se vogliamo dire che le pale d’altare o le opere liriche svolgono, potrebbero svolgere, o dovrebbero svolgere, oggi, la stessa funzione sociale di altri veicoli narrativi, come ad esempio le serie tv, o i videogiochi, diremmo una mostruosa scemenza. C’è stato e c’è un tempo per tutto, e il tempo per l’editoria di massa (che è durata una manciata di decenni, a ben guardare, visto che la scolarizzazione di massa non è esattamente così antica, come spesso facciamo finta di credere), il ruolo privilegiato del romanzo e degli scrittori nella società, penso sia finito per sempre. Per far fronte a questo incontrovertibile dato di fatto penso che le concentrazioni editoriali siano inevitabili, e in generale penso che si dovrebbero stampare meno libri, mantenere meno scrittori e meno editor di professione. Come vorrei libri più impeccabili, trattati come vinili (con copertine d’autore, belle, curate, su materiali migliori, anche ad un prezzo un po’ più alto), vorrei lo stesso per i blog letterari: pochi ma buoni. Autorevoli, approfonditi, importanti. Con meno lettori, ma più affezionati, più educati, più esigenti, con meno scrittori, ma più bravi, più riconosciuti, più internazionali.
Troveremo altri modi per guadagnare con la scrittura, le serie tv ne sono un esempio, qualità e popolarità stanno facendo di questa stagione seriale un vero e proprio rinascimento di forme e contenuti audiovisivi, un tempo che sono profondamente grato di vivere. I libri, e i blog letterari, si concentrino per fare altrettanto, per non essere, come sono spesso oggi, variopinti mattoncini di carta in giganteschi megastore in cui tanto si vedono e vendono solo pochissimi di essi, destinando all’oblio tutti gli altri, ma cruciali e senza tempo.
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