I più importanti blog letterari – Intervista a Los Angeles Review of Books
Il lit-blog e magazine Los Angeles Review of Books, risposte del caporedattore ed editore Tom Lutz.
Los Angeles Review of Books è sia un blog che un magazine cartaceo. Il medium influenza il modo in cui ci si occupa di letteratura?
Le pubblicazioni stampate implicano sempre una preoccupazione per lo spazio. Se si hanno a disposizione 64 o 128 pagine, si può usare solo un certo numero di parole. Lo spazio online è illimitato, così la lunghezza degli articoli non rappresenta un impedimento alla pubblicazione.
Quando abbiamo iniziato, appena quattro anni fa, era opinione comune che la gente non avrebbe letto online articoli troppo lunghi, ma noi non eravamo d’accordo, e ora pochissime persone – presto non ne ce sarà più nessuna – fanno questo tipo di distinzione tra i due medium. Ovviamente, la tempistica per la produzione online è molto più veloce (a questo proposito c’è un caso estremo: ho scritto la recensione di un libro per un giornale accademico all’incirca quando ho dato avvio a LARB; recentemente è apparso nella versione stampata; nel frattempo, avevo pubblicato circa 4.000 articoli online).
La differenza principale tra la versione stampata e quella elettronica è il costo. Ogni articolo scritto comporta un insieme di costi che non cambiano: pagamento allo scrittore, pagamento all’editore, pagamento al compositore. Questi valgono sia per il cartaceo che per l’online. Ma nella versione stampata, c’è anche il pagamento a chi si occupa della stampa, e per ogni articolo stampato bisogna aggiungere questo costo.
A parte questo, però, credo che non ci siano differenze reali. Tutti noi – che siamo lettori forti – amiamo la sensazione della carta, il peso di un libro. Ma se si è impegnati, se si è sinceramente rapiti dall’esperienza della lettura, il medium scompare: libro, tablet, schermo – tutto diventa invisibile, intangibile, irrilevante quando due menti, quella del lettore e dello scrittore, sono pienamente in relazione.
LARB è definito come «una comunità di scrittori, critici, giornalisti, artisti, filmmaker e studiosi». Quali sono i principi che ispirano tale comunità?
L’idea che la cultura sia importante, che l’arte sia importante, che le arti rappresentino le forme più complesse del sapere umano di cui siamo capaci come specie, e che per questo le arti debbano essere supportate dalle nostre società, e non trattate solo come forma di commercio o intrattenimento. Siamo uniti anche dalla nostra convinzione che la conversazione sull’arte – la critica intesa nel senso più ampio – sia una parte necessaria dell’ecologia del mondo artistico.
Niente di tutto questo, speriamo, è particolarmente sorprendente od originale, né dovrebbe essere oggetto di qualche controversia. Ma noi viviamo in un Paese (gli Stati Uniti) in cui la maggior parte della classe politica vuole distruggere l’educazione alle arti, vuole eliminare tutti i finanziamenti pubblici alle arti, vuole tagliare i finanziamenti all’educazione alle arti liberali, e impoverire ulteriormente la classe creativa (ad eccezione di quel sottoinsieme più direttamente coinvolto nella vita commerciale come la pubblicità, il design di prodotti commerciali e l’intrattenimento).
Siamo anche uniti dal fatto di sapere che bisogna trovare modi per rispondere allo sconvolgimento della vita creativa in quest’era di transizione fomentata dalla rivoluzione digitale. Per gli scrittori americani – giornalisti, ma pure gli scrittori creativi – questo significa che i vecchi sistemi di supporto sono collassati, e che nuovi modi di supportare la cultura vanno sviluppati per sostituire quelli vecchi.
LARB è una «rivista supportata dai lettori». I lettori americani desiderano investire su una rivista culturale? E in quale misura?
Abbiamo costruito la nostra rivista grazie al supporto dei lettori, e anche, in una certa misura, grazie al supporto degli scrittori e del lavoro volontario. Abbiamo una qualche entrata pubblicitaria, che conta per una piccola percentuale sulle nostre entrate, e qualche sottoscrizione aziendale. Ma l’80% delle nostre entrate viene dai lettori, e principalmente, ma non per intero, dai lettori americani (abbiamo supporter in Danimarca, Gran Bretagna, Australia, Germania, Francia, Canada, Messico, Israele, Brasile, Belgio, Trinidad & Tobago, Irlanda, Tailandia, Cina – non ancora in Italia – e lettori in 150 Paesi).
Più della metà di tutto questo proviene dai nostri supporter più fedeli (il nostro board di direttori e una manciata di altri supporter, principalmente a Los Angeles), qualcosa dai lettori che vengono ai nostri eventi a Los Angeles, e il resto grazie al nostro programma di affiliazione. Siamo lontani dal numero di membri di cui abbiamo bisogno per una sostenibilità sul lungo-termine; speriamo di raddoppiare il numero di membri quest’anno, e ancora il prossimo anno. Ma centinaia di persone si sono fatte avanti, e siamo molto grati e incoraggiati.
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Qual è la relazione di LARB con i social media? Pensa che siano utili solo per promuovere i vostri articoli o che sia anche possibile utilizzarli per supportare le relazioni con i vostri lettori?
I social media sono una parte necessaria della nostra distribuzione. Un certo numero di lettori giunge al nostro sito ogni giorno perché siamo la loro homepage, o una parte standard del loro tour quotidiano, altri 30.000, più o meno, che ricevono la nostra newsletter settimanale, visitano il nostro sito quando ricevono i nostri highlights di domenica, un ampio numero arriva dalle ricerche su Google, altri da aggregatori come Arts & Letters Daily, ma altrimenti le più ampie fonti singole restano Twitter, Facebook, Reddit e altri social media.
Se un nostro articolo è menzionato, con un link, sul «New Yorker» o sul «New York Times» o sul «Guardian» o su «AtlanticWire», ci sarà un picco nelle letture, ma i picchi più importanti vengono da Reddit. Circa il 30% del nostro traffico è pilotato dai social media.
Ci piace pensare che la relazione reale con i nostri lettori sia basata su ciò che offriamo loro da leggere, ogni nostro articolo è mille volte più lungo di un tweet, ma i social media sono una parte importante della conversazione in corso, e sono importanti per l’espansione della nostra audience – noi esistiamo da pochi anni, ci sono ancora molte persone che non hanno mai sentito parlare di noi, e ogni settimana notiamo che centinaia di nuovi follower si uniscono a noi. Siamo ancora all’inizio, e i social media ci hanno aiutato a ottenere questo, e ci aiuteranno a sostenere il nostro lavoro.
Occuparsi di letteratura sul web: quali sono le opportunità e i rischi?
Noi vorremmo essere una “grande tenda” – cioè ci piacerebbe ospitare un’ampia gamma di opinioni su una quantità vasta di scrittura. Non è particolarmente rivoluzionario a questo punto della storia culturale mescolare l’alto e il basso, distruggere le vecchie gerarchie culturali, ma cercare di andare oltre e consentire a persone di differenti prospettive e background di dire la loro. Questo ha fatto sentire frustrate alcune persone, che credono che dovremmo avere una posizione editoriale più coerente, ma io sono interessato a fare in modo che i comunisti parlino come i comunisti, che i liberali parlino come i liberali, gli atei come gli atei e i religiosi come religiosi e anche, in una certa misura, che i reazionari parlino come i reazionari. E penso che il modo in cui gli amanti della science fiction parlano tra di loro non è il modo in cui gli amanti di Elena Ferrante o Karl Ove Knausgaard parlano tra loro, e voglio che entrambi abbiano il loro spazio. Abbiamo i nostri limiti, ovviamente, e non siamo interessati a dare una piattaforma ai mercanti d’odio.
Ma noi copriamo un’ampia gamma di espressioni culturali, e perciò abbiamo costruito un gruppo di pubblici più di un unico pubblico. Quando pubblichiamo un saggio su Heidegger abbiamo molti lettori, e quando pubblichiamo qualcosa sull’hip hop o sulla TV ne otteniamo molti altri; c’è un miscuglio, ma le persone che ci visitano per le nostre discussioni sul memoir non sono, nell’insieme, le stesse che ci visitano per la teoria critica.
A volte, per scherzo, dico che se volessimo avere il numero più ampio possibile di lettori, dovremmo pubblicare solo articoli di cultura pop, e mai poesia. Ma, nei fatti, abbiamo un ampio pubblico interessato alla poesia, e io considero quegli articoli e quel pubblico parti molto importanti di ciò che facciamo (e facciamo cose molto interessanti; per esempio, abbiamo coperto le Olimpiadi con testi scritti interamente da poeti-atleti), anche se non ottengono lo stesso risultato, in termini di numeri, di un articolo di Kendrick Lamar.
Penso che il romanzo sia la regina delle scienze, la forma più sofisticata di comprensione che gli esseri umani abbiano sviluppato, così non mi preoccupo dei rischi che ci sono; coglierò ogni occasione per discutere del tema del romanzo (e lo intendo nel senso più ampio, bachtiniano) come forma vivente. Il rischio, suppongo, è che alcune persone ci troveranno irrilevanti. Ovviamente, noi non lo pensiamo.
Da alcuni anni, in Italia, si discute dell’importanza e del valore dei critici letterari. Qual è la sua opinione sul loro ruolo?
La critica letteraria ha molte forme e dimensioni – la Poetica di Aristotele e ogni testo teorico hanno una certa funzione, la breve recensione di un libro ha una funzione diversa. Non c’è una risposta semplice a questa domanda.
In una società semplice e omogenea, ci potrebbe essere poco bisogno dei critici – ognuno legge quello che legge il re. Ma nel nostro mondo diversificato e cosmopolita, in un mondo in cui ogni anno sono pubblicati milioni di titoli, una certa cura sulla massa di testi rappresenta un servizio ovvio. Ho rispetto per l’expertise, e voglio che sia il mio medico (se posso trovarne uno che non sia stato corrotto dall’industria farmaceutica) a dirmi quale medicina prendere; non mi fido della mia abilità nel cercare da solo queste cose.
La moltitudine è la fonte vera della nostra critica, anche, e leggere è un’attività condivisa; il modo in cui noi parliamo agli altri, il famoso “passaparola” che decreta il successo di un libro, questo è importante, ma non sufficiente. Pochissime persone hanno letto così tanti libri quanto un critico di professione o un professore di letteratura; loro conoscono della scrittura più di quanto conosca un individuo medio. Se qualcuno vuole andare a cavallo, non ci si dovrebbe aspettare che questo inventi la briglia e la sella. La maggior parte della gente non dovrebbe istallare il proprio impianto idraulico e non dovrebbe lasciare che sconosciuti su internet senza alcuna formazione si improvvisino dentisti sui loro denti. L’expertise è un valore.
È anche vero che nessun grande critico discute mai un libro a vuoto; ogni grande articolo di critica si mette in comunicazione con il mondo, è un saggio sul modo in cui viviamo ora, e non solo una valutazione di un singolo testo. Parlare di letteratura è uno dei modi più fruttuosi di parlare della nostra comune umanità e dei nostri conflitti, di chiederci da dove veniamo e dove stiamo andando. Questo è vero per tutta la grande critica, non solo quella letteraria. È il criterio per il quale noi di LARB ci impegniamo, seppure non ci si senta all’altezza, ogni giorno.
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