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I De Filippo, una famiglia per il teatro

I De Filippo, una famiglia per il teatroAl Teatro Argentina di Roma lo scorso 30 novembre è stato dato l'ultimo saluto a Luca De Filippo, unico erede del grande Eduardo.

Raffaele La Capria, scrittore napoletano, nel commemorarlo, ha detto che «l'uomo che più lo ha amato è stato anche quello che più gli ha reso la vita complicata» alludendo naturalmente al padre Eduardo che, fin da quando Luca aveva sette anni, lo portò a calcare le scene, facendogli fare una dura "gavetta", come nella più nobile tradizione familiare. Quella di Luca è stata un'eredità pesante, perché aveva a fianco un padre che impersonava il grande teatro, ma anche perché doveva «liberarsi dalla tradizione di famiglia senza però tradirla».

Luca è riuscito in questa impresa, come ricordò Eduardo a Taormina il 15/9/84, è riuscito a essere sé stesso, nel suo stile di vita e di recitazione. Anche come capocomico Luca è stato più generoso del padre, che gli attori temevano e rispettavano, ma non sempre amavano, per loro era "il direttore" la cui parola non si discuteva. Bastava un’osservazione o uno "sgarbo" e si era fuori dalla compagnia. Forse perché la vita dei tre grandi, Titina, Eduardo e Peppino, era stata particolarmente difficile.

Eredi del patrimonio genetico di Eduardo Scarpetta, commediografo ed attore, di cui erano figli naturali, erano nati dalla relazione con Rosa De Filippo, sarta della compagnia teatrale, da cui presero il cognome perché il padre già sposato non volle mai riconoscerli. Dovevano chiamarlo "zio" e iniziarono a recitare nelle sue commedie fin dalla più tenera età, comprendendo che quello era il loro destino: respirare aria di palcoscenico e ricevere applausi. Cominciarono subito a cercare lavoro nelle varie compagnie (Galdieri, Totò) e solo nel 1931 Eduardo, Titina e Peppino fondarono la "Compagnia Teatro Umoristico I De Filippo".

I De Filippo, una famiglia per il teatro

Debuttarono con Natale in casa Cupiello che ebbe uno straordinario successo a Roma, a Napoli (al Teatro Kursaal) e a Milano, seguirà un repertorio eduardiano che sarà la base delle rappresentazioni dei tre fratelli attori, ma che farà crescere l'insofferenza di Peppino nei confronti di Eduardo, con Titina che cercava invano di fare da "paciera".

Nella commedia Non ti pago Eduardo e Peppino, nelle parti di Don Procopio e Don Ferdinando, in guerra l'uno con l'altro, rappresentarono la realtà dei rapporti "tesi" tra i due. La tempesta esplose il 20/12/44 quando al Teatro Diana di Napoli, Eduardo, dinanzi a tutta la Compagnia riunita per le prove, rimproverò aspramente Peppino, che con sottile ironia lo apostrofò «Duce, duce, duce!». Fu la fine. Peppino abbandonò le prove e il sodalizio con i fratelli e la Compagnia Teatrale, da quel momento, si chiamerà "Il Teatro di Eduardo".

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Acquistato il Teatro San Ferdinando a Napoli, Eduardo vi rappresenterà tuttii suoi capolavori da Napoli milionaria a Questi fantasmi, da Filomena Marturano, scritta per Titina «grande, immensa, unica» e da lei magistralmente interpretata, a Mia famiglia a Sabato, domenica e lunedì, scritta apposta per Pupella Maggio (altra grande attrice del teatro napoletano, insieme a Regina Bianchi, a Tina Pica, Lina Sastri, Delia Scala, Dolores Palumbo, Franca Valeri che hanno recitato tutte con Eduardo).

I De Filippo, una famiglia per il teatro

«Fino a quando siamo stati uniti I De Filippo non esistevano, c'era Eduardo e basta. Era lui il capo, lui il mattatore, lui il genio di famiglia», con queste parole Peppino manifestava tutto il suo rancore per il fratello e per «tutti gli anni di veleno amarissimo» che li aveva portati a un distacco mai più sanato, neppure dalla morte. Quando Peppino morì nel 1980, dopo un tentativo di riavvicinamento fatto da Luigi, suo figlio, Eduardo non partecipò ai funerali e durante una rappresentazione teatrale a Bologna, dichiarò «Peppino da vivo non mi mancava, mi mancherà come attore non come fratello».

Erano due grandi dello spettacolo, in contrasto tra di loro anche perché i loro stili artistici erano differenti. Eduardo, straordinario autore a livello internazionale, con la sua severità e il suo rigore mostrava la «parte amara della risata», pur descrivendo la quotidianità, Peppino era invece un comico, erede della Commedia dell'Arte, cui piaceva l'improvvisazione e la caricatura (vedi il personaggio di Pappagone) e che cercava soprattutto di far ridere con un bonario umorismo, che emergeva nelle rappresentazioni teatrali ispirate a Molière e a Goldoni, ma anche nelle innumerevoli pellicole che girò con Totò, costruendo così la storia del nostro cinema comico. Anche Eduardo e Titina lavorarono nel cinema e in televisione, (famosa la telefonata ad Eduardo: «Pronto qui parla la televisione», «Un momento che le passo il frigorifero», replica Eduardo).

I De Filippo, una famiglia per il teatro

La loro anima era il teatro che Titina, attrice poliedrica che commuoveva la platea, senza ricorrere al "mestiere", dovette abbandonare perché malata di cuore, ma che mai riuscirà a scordare, grazie alle commedie rappresentate che l'avevano vista protagonista privilegiata anche nella costruzione di quella nuova lingua teatrale che superò il napoletano e l'italiano per diventare lingua universale. C'è una poesia di Eduardo (nella raccolta Il Paese di Pulcinella, edita da Grimaldi & C.) che parla di «Tre ppiccerille, tre suricille, tre mappatelle, tre ricciulille...quanta reselle...»[1].

Mi piace immaginare che Eduardo, Titina e Peppino siano tornati così come erano da bambini e siano corsi insieme incontro a Luca per abbracciarlo, consolarlo e non farlo sentire solo.


[1]Libera traduzione dal napoletano: «Tre bambinelli, tre topini, tre fagottini, tre bambini dai capelli ricci...quante risate...».

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