I “Corpi minori” di Jonathan Bazzi
La copertina del nuovo romanzo di Jonathan Bazzi (Corpi minori – edito da Mondadori) raffigura una moltitudine di corpi aggrovigliati attorno a quello che a prima vista può sembrare un buco nero, ma che, a uno sguardo più attento, si rivela un cielo stellato, richiamando alla mente il famoso dialogo shakespeariano fra Amleto e Orazio su quanto ci sia per l’essere umano ancora da scoprire del mondo, se si ha l’apertura mentale per accoglierlo.
È proprio da questo tema che vorrei partire avvicinandomi alla seconda opera di Jonathan Bazzi (dopo il clamore che generato da La febbre e la candidatura al Premio Strega) che narra le relazioni sentimentali di un ventenne nella “Rozzangeles” dei primi anni del XXI secolo (come l’autore chiama Rozzano, comune dell’hinterland milanese). Un luogo pericoloso e inospitale per un ragazzo che non si sa imporre con la forza e si sente fuori posto negli schemi sociali e culturali che la famiglia prima e la società poi tentano di imporgli (sessualità, lavoro, soldi, carriera). Per questo l’eroe queer di questa storia cerca di scappare da quel mondo ordinario per conquistare la scintillante metropoli che si estende oltre la torre di duecento metri di cemento della TIM che presidia Rozzangeles.
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A Milano spera di trovare un futuro migliore in cui essere se stesso, senza doverne temere le conseguenze e senza dover accettare le etichette che gli altri gli impongono. Agganciato a un’idea di amore totalizzante, il protagonista passa di rapporto in rapporto e di appartamento in appartamento alla ricerca della scintilla eterna che lo farà sentire realizzato, completo, ma come ci dice lo stesso Bazzi uscire dalla propria zona di comfort per entrare in territori emotivamente inesplorati, fare delle scelte «significa omettere, sacrificare. Gli adulti sono tutti amputati». Non va meglio sul fronte della realizzazione personale. La filosofia, lo yoga, l’insegnamento, ogni futuro possibile si scompone subito in una miriade di possibilità fra cui decidere sembra impossibile. Fluido nei suoi pensieri così come nei suoi obiettivi, il personaggio creato da Jonathan Bazzi si perde nel flusso interminabile di idee e di infiniti se stessi che vorrebbe realizzare senza avere il tempo di metterli a fuoco.
Tutto scorre davanti agli occhi della voce narrante, mischiandosi con strade e quartieri di una Milano feroce e competitiva, che riserva la sua polvere di stelle a chi è disposto a tutto pur di ottenerla, a chi punta al suo obiettivo con una tenacia granitica in cui il dubbio è un nemico e mettersi in discussione è una forma inutile di debolezza, riservata agli emarginati, a quei corpi minori che arrivano qui dalle periferie italiche ed europee alla ricerca di uno spazio senza riuscire a essere accettati da Milano anche se vivono a Milano, riducendosi a «un granello di niente».
Con una prima persona che trasforma il suo fitto flusso di pensiero in scrittura senza apparenti filtri, ritornando su alcuni temi più e più volte nel corso del romanzo, Jonathan Bazzi rischia, in alcuni casi, di ingolfare la mente del lettore, come se volesse aprirgli una vista sul suo multiverso e poi fornirgli una guida per esplorarlo che non lascia spazio a deviazioni. È un peccato perché con questo romanzo Bazzi ci apre una porta sul mondo delle personalità queer, provando a uscire dalla soggettività di chi non si sente né maschio né femmina, mostrando non solo la comunità da proteggere e i soprusi subiti, ma anche le ombre, le contraddizioni e la crudeltà che la rende umana.
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Con i suoi racconti di voracità sessuale, gelosie, nevrosi, paure e manie, l’autore di Corpi minori tenta di aggiornare il nostro immaginario emozionale dimostrandoci che, come diceva Emily Dickinson, la bugia è uno squallido esilio in cui non possiamo continuare a vivere.
Per la prima foto, copyright: Fernando Meloni su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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