I begli occhi del Canzoniere di Petrarca
Nel capolavoro di Petrarca, tra i tanti temi umani e letterari trattati, particolare importanza hanno gli occhi e la “visione”, che si fanno potente simbolo degli stati d’animo del poeta, e divengono riferimenti alla donna da egli amata. Gli occhi e lo sguardo sono presenti in numerosi sonetti della raccolta, e attraverso essi Petrarca rinnova la memoria del primo incontro con Laura, che, a sua volta, spesso è caratterizzata proprio dall’intensa luce proveniente dal suo sguardo.
Naturalmente, per Petrarca si intendono anche gli “occhi mentali”, quelli grazie ai quali è possibile vedere anche ciò che non è presente, dunque avere una visione di Laura attraverso uno sguardo intellettivo che si serve della memoria. Il tema delle visioni e del vedere è tra i più presenti nei trattati medievali, ricordando gli studi sulla scienza de optica e sulla prospettiva, e se già Dante affermava che si “conosce tramite gli occhi”, erano numerosi gli autori che avevano trattato dell’amore legato allo sguardo, descrivendo gli occhi come il bersaglio del sentimento amoroso, e che, senza dubbio, l’amore nasceva dalla vista.
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Anche nel Canzoniere gli occhi sono inevitabilmente collegati all’amore e alla luce, fin quando Laura stessa si fa simbolo di entrambi; in più passi gli occhi della donna emanano una potentissima luce, risplendente come il sole, che tocca la mente del poeta innamorato seguendo a tener viva la fiamma del sentimento, e restando presente anche nel paesaggio che Petrarca attraversa e descrive, sottolineando come la presenza di Laura non venga meno proprio grazie alla fiamma d’amore che irradia col suo sguardo.
L’espressione begli occhi, ricorrente nei componimenti, rimanda subito con la mente a quello che è probabilmente il sonetto più celebre dell’opera, il xc, di cui la prima quartina recita:
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ʼn mille dolci nodi gli avolgea,
e ʼl vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sí scarsi;
Qui Petrarca rimembra il primo incontro con Laura, e la visione è ben fervida nella mente del poeta, tanto che seppure il viso della donna abbia subito gli inevitabili segni del tempo, non viene meno la sua bellezza né l’effetto amoroso sull’animo dell’amante. Ma gli occhi e il viso della donna sono anche dotati di una luminosità celestiale:
Quand’io son tutto volto in quella parte
ove ʼl bel viso di madonna luce,
e m’è rimasa nel pensier la luce
che m’arde e strugge dentro a parte a parte.
Siamo qui nella prima quartina del sonetto XVIII nel quale, in una raffinata combinazione di rime equivoche, Petrarca presenta lo splendore del volto di Laura; la “luce” del secondo verso è utilizzata come verbo, dunque è il viso di Laura che risplende, mentre la “luce” del terzo verso è sostantivo indicante la luce vera e propria che si è cristallizzata nella memoria di Petrarca.
Ma la luce, attraverso gli occhi, può divenire anche fonte di dolore, se non di morte; il sonetto, infatti prosegue affermando che:
i’ che temo del cor che mi si parte,
e veggio presso il fin de la mia luce,
vommene in guisa d’orbo, senza luce,
che non sa ove si vada e pur si parte
Continuando a giocare sulla rima equivoca, Petrarca evidenzia come quella luminosità lo porti a contemplare la fine della sua “luce”, cioè della sua vita, facendolo fuggire come un non cieco, impossibilitato a “vedere” a causa dell’intensità abbagliante della bellezza luminosa.
E, ancora, i begli occhi capaci di uccidere sono menzionati nel sonetto xlvi:
ma piú ne colpo i micidiali specchi
Gli occhi si fanno specchi micidiali, portatori di distruzione, Petrarca aggiungerà forgiati sugli abissi infernali. Ma il desiderio di vedere Laura è sempre presente nel poeta, anche quando l’istinto lo porta a fuggire la visione: immediatamente, la mente torna al viso di “madonna”, e il pensiero amoroso emerge con la medesima intensità, e bellezza e dolcezza riafferrano Petrarca:
Pien di quella ineffabile dolcezza
che del bel viso trassen gli occhi miei
nel dí che volentier chiusi gli avrei
per non mirar già mai minor bellezza
Siamo nella prima quartina del sonetto CXVI; Petrarca si trova in Valchiusa, e la visione di Laura lo raggiunge nuovamente attraverso gli occhi, che addirittura il poeta ci dice avrebbe chiuso volentieri per non essere in seguito costretto a contemplare bellezze inferiori rispetto a quella della sua donna.
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Specchi che trafiggono, finestre luminose, riflessi dell’animo, tutto questo sono i begli occhi di Laura, e attraverso essi Petrarca ci narra parte delle sue più profonde riflessioni, ricordando come “da” e “per” gli occhi torni sempre viva l’immagine mnemonica della donna amata, e come il poeta abbia così la mente a contemplar sola costei.
Per la prima foto, copyright: Luca Iaconelli su Unsplash.
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