Huizinga e l’Homo ludens (Antropologia e gioco – 2)
Come già argomentato nella prima parte, in cui ho analizzato, seppur per sommi capi, i diversi approcci all’aspetto ludico dall’evoluzionismo al funzionalismo, è solo a partire dall’Ottocento che il gioco acquista una certa rilevanza sul piano etnografico.
I vari studiosi, infatti, non rimasero più completamente indifferenti verso i passatempi dei popoli presso i quali operavano le loro ricerche, ma cominciarono a elaborare varie catalogazioni e descrizioni, pur limitandosi ancora a considerare il gioco come passatempo per bambini o, al massimo, funzionale all’addestramento dell’adulto.
Nel 1938, però, Johan Huizinga propone un fondamentale tentativo di definizione del gioco come centro propulsore di tutte le attività umane, da cui si sviluppa tutta la cultura nelle sue diverse forme:
[…] la cultura sorge in forma ludica, la cultura è dapprima giocata. Nei giochi e con i giochi la vita sociale si riveste di forme sopra-biologiche che le conferiscono maggior valore. Con quei giochi la collettività esprime la sua interpretazione della vita e del mondo. Dunque ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco. (Huizinga, Homo Ludens, Il Saggiatore, 1972)
Huizinga parte dalla considerazione che il gioco possa far emergere la capacità dell’uomo di abbandonarsi ad “ un altro mondo”, oltrepassando i limiti della mera funzione biologica. Il gioco è considerato a tutti gli effetti un elemento istintuale, che, senza avere alcuna caratteristica di natura sussistenziale o di sopravvivenza, si colloca all'interno di una sfera spirituale che rappresenta l'altra grande dimensione necessaria dell'uomo. Nello stesso regno animale, secondo Huizinga, il gioco è espressione di un oltrepassamento della mera esistenza fisica, per diventare, nell'uomo, un elemento di ricerca spiriturale e culturale.
Il gioco viene definito, quindi, in base alle seguenti caratteristiche:
1- È attività libera, cui l’individuo prende parte per propria scelta;
2- Instaura una realtà diversa da quella di tutti i giorni;
3- È attività disinteressata;
4- Si svolge entro precise limitazioni di tempo e di spazio;
5- Segue un codice, delle regole prefissate, cui il giocatore decide di sottostare.
Si evidenzia in Homo Ludens anche che l’attività ludica non è congiunta ad alcun interesse di carattere materiale e economico, anche se viene identificata come una funzione che contiene un senso, inteso come capacità di favorire la formazione di gruppi che possono anche andare al di là del gioco stesso. Soprattutto Huizinga ritiene che le qualità formali dei giochi non sono importanti tanto quanto il senso che ad essi gli uomini attribuiscono.
Il contributo di Huizinga va inquadrato in riferimento alla sua concezione ludocentrica:.tutto nasce dal gioco e tutti gli altri istituti culturali vivono e progrediscono in relazione al principio ludico. Sulla base di questo postulato, Huizinga fa del gioco qualcosa di concreto, primario, che molti altri studiosi rivisiteranno. Il suo punto di vista è così uno dei più autorevoli dal momento che le caratteristiche del gioco da lui individuate sono ineludibili per tutti gli studiosi che da lì in poi hanno affrontato il problema della definizione del gioco.
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