Henri Cartier-Bresson, fotografo e dispensatore di perfetto nervosismo
È stato appena dato alle stampe il volume edito da Contrasto su Henri Cartier Bresson: Fotografo, con prefazione di Yves Bonnefoy e una conversazione tra Bresson e di Ferdinando Scianna.
Un libro su un mito della fotografia che non solo illustra la vita straordinaria del "fotografo per eccellenza", ma che contiene le sue foto più originali, scattate dal 1933 al 1968, anno in cui limitò l'attività fotografica ai soli ritratti (straordinario quello di Truman Capote bello biondo e maledetto, come un novello James Dean).
«Mi piace la pittura, di fotografia non capisco niente» dichiarava Bresson con un pizzico d'ironia, ripensando forse con nostalgia ai suoi inizi pittorici con André Lhote che gli serviranno a «osservare quello che gli altri sanno solo vedere».
Nato vicino Parigi da una ricca famiglia borghese, a soli 22 anni Henri Cartier-Bresson lascia la Francia per la Costa d'Avorio, ritorna in patria a causa della malaria e nel 1933 si avvicina alla fotografia con la Leica (macchina fotografica preferita), iniziando il suo vagabondaggio per registrare la realtà di volti e Paesi quali l'Europa e il Messico.
Truman Capote, New Orleans, USA 1947
La seconda guerra mondiale lo vede partecipare alla resistenza dopo essere stato internato in un campo di concentramento tedesco, sperimenterà anche il cinema con il grande maestro Jean Renoir, ma sarà la fotografia il suo amore assoluto, per tutta la vita.
Simiane-la-Rotonde, Francia 1969
Hyères, Francia 1932
Insieme ad altri eccezionali fotografi, Capa, Seymour e Rodger, fonderà nel 1946 la più importante agenzia fotografica del mondo, la Magnum-Photo, che invierà i suoi collaboratori in tutto il mondo, dalla Cina all'India, dal Messico a Cuba, dovunque vi sia bisogno di immortalare un momento storico o una condizione umana straordinaria, come la morte di Gandhi o la conquista del potere da parte di Mao Zedong.
Dietro la Gare Saint-Lazare, Parigi 1932
LEGGI ANCHE – Henri Cartier-Bresson: il grado zero di un viso
Per Bresson fotografare è un momento magico, in cui riesce a mettere sulla «stessa linea di mira la testa, l'occhio e il cuore». Nessuno come lui ha saputo catturare in un minuto un perfetto frammento di realtà, con una concentrazione assoluta che lui chiama nervosismo, unito a uno sguardo agile, quasi noncurante dell'apparecchio, perché il vero fotografo deve cancellare sé stesso e concentrarsi sul soggetto, scattando nel "momento decisivo", come aveva dichiarato nel suo primo libro Images à la Sauvette.
Valencia, Spagna 1933
Il soggetto più importante per Bresson è l'uomo e la sua vita, rappresentati nella loro interezza senza fronzoli o artifizi, ecco perché questo grande fotografo non usa il flash, ama il bianco e nero, ottenendo un potere evocativo della realtà che richiama alla mente i racconti di Čechov e di Maupassant. Un altro tratto distintivo di Bresson è la capacità di confondersi tra la folla, osservare e scattare, avvicinandosi "a passi felpati" ai soggetti straordinari da lui catturati, prendendo la mira e facendo fuoco!
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Di particolare interesse nel volume Henri Cartier Bresson: Fotografo, è la conversazione con Scianna, in cui Bresson attacca il mondo contemporaneo, fatto di spreco, violenza e stupido consumismo, senza tralasciare il tema della manipolazione e della falsa interpretazione delle foto. Le foto, appunto, perché tutto il panegirico su questo grande fotografo soprannominato "l'occhio del secolo" risulterebbe sterile senza la visione delle sue incredibili fotografie. Indimenticabili appaiono le foto legate ai personaggi ed ai luoghi preferiti: come Hyeres in Francia, dove riesce a cogliere un angolo con una scala e giù, quasi proiettato da una pellicola in bianco e nero, ecco emergere un ciclista in fuga verso...
Nella foto scattata a Città del Messico nel 1963 scorgiamo un viottolo alberato da cui emerge in tutta la sua bellezza un bimbo che a fatica trasporta un quadro quasi più grande di lui. Ma quel quadro raffigura, forse, la sua mamma mora sorridente e con grandi occhi colmi di tenerezza.
Città del Messico 1963
A Trafalgar Square una folla di uomini e donne assista all'incoronazione del re Giorgio VI, sotto di loro un manto di giornali e su questa "coperta" paradossale dorme sdraiato uno spettatore stanco. Una foto incredibile anche per la capacità di rompere uno schema normale con un personaggio fuori dal coro. Infine la foto più drammatica, quella scattata in un campo di profughi alla fine della seconda guerra mondiale.
Trafalgar Square il giorno dell’incoronazione di Giorgio VI, Londra 12 maggio 1937
In un campo di concentramento, davanti agli internati con le terribili divise a strisce, viene pubblicamente accusata una informatrice della Gestapo, scoperta ed ora giudicata al cospetto delle sue vittime. Odio rabbia, dolore e speranza sono tutte riunite in una drammatica foto che ci riporta ad una terribile pagina di storia da non dimenticare. Il luogo l’evento, la luce, tutto è perfetto, come perfetta è la tecnica di Bresson.
In un campo profughi, una informatrice della Gestapo viene riconosciuta da una donna che aveva denunciato, Dessau, Germania 1945
Come tutti i grandi maestri, Henri Cartier- Bresson, con il suo sogno umanista di fermare il tempo, di cogliere il momento decisivo nel flusso in divenire della realtà, ha aperto la strada e continuerà ancora a lungo a influenzare il nostro modo di rubare frammenti di vita al mondo, magari con il modello di macchina fotografica preferita da Nadine Gordimer: i nostri occhi.
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