Haruki Murakami e il suo amore per la musica. Dialogo con Ozawa Seiji
Ci ha messo otto anni per vedere la luce in Italia, ma alla fine ce l’ha fatta. Parliamo di Assolutamente musica, un lungo discorso a due voci tra Haruki Murakami e l’altrettanto prestigioso, se non di più, direttore d’orchestra giapponese Seiji Ozawa, intervistato nel 2011 dall’amico e scrittore. Il volume è uscito in Italia per Einaudi nell’ottobre del 2019, con una traduzione a cura dell’ormai “storica” Antonietta Pastore, e fin dall’introduzione firmata da Murakami, chiarisce il tentativo di quest’ultimo di dialogare con uno dei più importanti Maestri del panorama musicale internazionale pur nello sforzo «di restare un ascoltatore dilettante pieno di onestà e di curiosità. Perché forse anche la maggior parte di coloro che leggeranno questo libro sono dilettanti in fatto di musica» (pag. 8).
A dispetto della sua modestia, tuttavia, l’autore giapponese rivela conoscenze e capacità critiche fuori dal comune, che gli consentono di interloquire con Ozawa in maniera onesta e stimolante fin dalle prime battute. I due si lanciano così nel commento del Concerto per piano n. 1 di Brahms, passando poi per il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 di Beethoven e arrivando con gradualità – e talvolta con discontinuità – a parlare di jazz, scrittura e opera lirica, oltre che di musica sinfonica. L’opera, infatti, è suddivisa in sei conversazioni e cinque interludi: le prime ripercorrono via via la carriera del direttore, le sue esperienze con altri grandi musicisti e il suo punto di vista su diversi aspetti più o meno tecnici tanto dell’esecuzione musicale quanto della lettura degli spartiti, mentre i secondi riportano una serie di conversazioni “fuori tema” intavolate dai due artisti durante le pause.
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Grazie a una simile impostazione dei contenuti e una trascrizione dei dialoghi con Ozawa particolarmente scrupolosa, emerge dunque in tutta la sua poliedricità il carattere ispirato e riflessivo del Maestro, la cui umiltà e predisposizione al confronto sono forse i tratti che più colpiscono già dalle prime pagine. A ciò si aggiunge man mano uno stupore crescente per il suo talento precoce, per la sua visione della musica e per il modo in cui è stato capace nei decenni di interagire con altri grandi protagonisti del suo mondo, da Leonard Bernstein a Glenn Gould, da Herbert von Karajan a Mirella Freni, senza mai perdere di vista il proprio approccio interpretativo.
«Prenda Brahms, ad esempio, del quale parlavamo prima, o Richard Strauss», commenta a titolo esemplificativo Ozawa a pagina 117. «Basta un’occhiata allo spartito per farsi grosso modo un’idea dell’armonia. È una questione di esperienza. Ma quando ci si trova davanti a un compositore come Charles Ives, mettiamo, succede spesso che dell’armonia non si riesca a capire nulla finché non lo si suona. D’altronde Ives lo fa intenzionalmente, con spirito distruttivo. Provare al piano quello che dovrà suonare l’orchestra non serve a granché, perché dieci dita non sono sufficienti. Bisogna sentire il suono reale. Anche perché quando si fa l’orecchio al suono, si capisce il trucco, quali note saltare per farsi bastare le dieci dita. O piuttosto, quali note sono indispensabili».
Le sue considerazioni, sempre sapienti e misurate, sono perennemente stimolate e commentate da Murakami, che si pone come parte attiva nel dibattito e non manca di esprimere un punto di vista soggettivo e mai filtrato sugli argomenti trattati. È così che apprendiamo qualcosa di nuovo e di curioso anche sul celebre autore giapponese, oltre a toccare con mano il suo profondo interesse per la musica e i punti di contatto che a suo dire essa ha con la scrittura. Per di più, non va dimenticato che proprio lui ha trascritto le interviste con l’amico direttore, creando quindi un ritmo narrativo non meno fluido e piacevole dei suoi più famosi romanzi, non ultimo grazie al magistrale lavoro di traduzione compiuto da Pastore nell’edizione italiana.
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Un’unica precisazione risulta necessaria nel consigliare di buon grado la lettura dell’opera. Come già accennato, Murakami ne sa ben più di un neofita e ben più dell’appassionato medio. Ne consegue che il suo dialogo con il Maestro è in molti passaggi piuttosto tecnico, o riferito a specifiche esecuzioni di concerti e sinfonie con cui non necessariamente chi legge ha già familiarità. Per tale ragione la lettura è consigliata a chi, avendo già un minimo di dimestichezza con il linguaggio e il repertorio musicale, voglia imparare di più al riguardo, o a chi, pur non essendo in possesso di una solida conoscenza preliminare, sia disposto a lasciarsi guidare da due esperti tra contrappunti e fraseggi senza soffrire di vertigini.
Per la prima foto, copyright: Lorenzo Spoleti su Unsplash.
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