“Guarigione” di Cristiano De Majo: la malattia come mezzo per una maggiore coscienza di sé
Sin dalle prime pagine di Guarigione (edito da Ponte alle Grazie) si ha l'impressione che Cristiano De Majo sia uno scrittore dalle ambizioni frustrate, incapace di trovare una dimensione professionale stabile al di fuori delle mura domestiche. Proseguendo nella lettura, la voglia di conoscerlo da vicino si fa più forte e, a questo punto, si scopre che De Majo non è per niente un loser a livello professionale, anzi, scrive di libri e letteratura per «Rivista Studio», «la Repubblica» e «IL Magazine» del Sole24Ore. I suoi lavori in narrativa spaziano tra generi diversi, dal reportage al romanzo, e in Guarigione affronta il delicato tema della malattia.
La prima è la sua: un tumore a un testicolo, a cui segue una fortunata guarigione. Poi, la voglia di un figlio a tutti i costi. La moglie Laura resta incinta di due gemelli, chiamati nel libro semplicemente M e T. Ed ecco che entra in gioco una seconda malattia, che colpisce uno dei gemelli, la maledetta epidermolisi bollosa. Si tratta di una malattia di natura genetica, e il protagonista non può non chiedersi se il suo passato tumore abbia avuto una qualche incidenza sul male del figlio. In realtà, prima del cancro, De Majo non aveva mai pensato alla possibilità di diventare padre, neanche quando la chemioterapia avrebbe potuto compromettere in modo irreversibile la sua possibilità di concepire. È sua madre a pagare, presso una clinica, la conservazione degli spermatozoi «ante-chemio» del figlio, nella speranza di diventare un giorno nonna. Per fortuna De Majo vince la sua battaglia contro il tumore, la compagna resta incinta, ma l'imprevisto è di nuovo dietro l'angolo: l'epidermolisi di M, che provoca ferite dopo un qualsiasi trauma da contatto. M non ha la forma più acuta della malattia e questo è un sollievo per il padre, ma non per la madre.
La malattia del figlio è il punto di partenza per ripensare al passato e a certi momenti e incontri dell'autore: gli studi a Roma, il ritorno a Napoli, i viaggi, gli amici e, soprattutto, Laura. C'è il microcosmo famigliare da tenere unito, nonostante le difficoltà per la condizione di M. Nel testo è Laura che lavora, spesso fino a tarda notte, mentre De Majo resta a casa: più volte in Guarigione il protagonista si ritrova a riflettere sul proprio mestiere, sul successo di altri colleghi, sul fatto di non avere uno stipendio fisso (e da qui la sensazione del lettore di un intellettuale insoddisfatto e poco produttivo, menzionata in apertura del pezzo).
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Precarietà che si respira anche in casa, nei conflitti con Laura e nel tentativo di far funzionare lo stesso le cose, per essere ancora una volta una famiglia, dopo tanti anni trascorsi insieme e un ricco bagaglio di ricordi. Lui è un uomo che non ha mai tradito la sua compagna, ma l'ha trascurata; lui è un ottimo padre, paziente e presente, ma non sempre affidabile nelle questioni di natura concreta. Qualcuno potrebbe pure dire che De Majo è la «donna di casa», ma questo è in parte sbagliato: la parità dei sessi (quando effettivamente messa in pratica) ha proprio trasformato le donne in imprenditrici che provvedono ai bisogni economici della famiglia, mentre ci sono uomini che non hanno più paura a mostrare il loro lato umano e affettivo, il legame empatico con i figli, il timore di separarsi da loro (anche semplicemente per mandarli all'asilo), lo sforzo di prendersi cura della propria vita di coppia, di sanare ferite, incomprensioni e cercare soluzioni ai problemi.
La guarigione di cui si parla nel libro non ha a che fare solo con le malattie fisiche: si tratta di guarigione anche mentale, di nuove consapevolezze che aiutano a superare gli ostacoli quotidiani, di ritrovarsi, dopo una dura giornata, su un lettone in due, a parlare dei gemelli, di quanto siano cresciuti, «come due coniugi di mezza età con i figli universitari e il nido vuoto». Aspettare una guarigione significa anche «dare un'immagine al futuro», che nei disegni di T e M è rappresentato da una balena e un leone. C'è da chiedersi se il loro futuro sarà proprio quello, se in quelle immagini c'è qualcosa della loro personalità, del loro destino: certo è che quando all'avvenire diamo un volto, la strada da percorrere diventa più definita, più certa, è più facile capire dove stiamo andando e come fare per arrivarci. È soprattutto da una maggiore coscienza di sé e di ciò che di importante si possiede che, secondo Cristiano De Majo, passa la guarigione.
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