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Grandi fotografi grandi narratori – 35 Oliviero Toscani

La pubblicità è stata, insieme alla moda, il settore in cui i fotografi hanno trovato molto presto grandi opportunità di lavoro, anche se, talvolta, hanno dovuto sacrificare parte della loro creatività alle esigenze del mercato e alle scelte operate a priori dai creativi delle agenzie.
C’è stato, però, anche chi ha saputo compiere un percorso opposto, imponendo ai committenti il proprio stile e le proprie idee, tanto che di alcune celebri campagne pubblicitarie il pubblico rimane colpito molto più dalla forza delle immagini che dai prodotti che queste dovrebbero presentare.

Oliviero Toscani, Jesus JeansMaestro indiscusso di questa tendenza è sicuramente Oliviero Toscani (Milano, 28 febbraio 1942), a tutt’oggi il più importante fotografo pubblicitario italiano.
Figlio di Fedele Toscani, primo fotoreporter del «Corriere della Sera» e fondatore dell’agenzia Publifoto, Oliviero segue molto presto le orme paterne, laureandosi in fotografia e grafica all’Università delle Arti di Zurigo, dove subisce l’influenza del dadaismo e del Bauhaus, la celebre scuola tedesca di architettura, arte e design.
Inizia a scattare le sue fotografie nel vivace periodo alla fine degli anni Sessanta, documentando soprattutto i nuovi comportamenti e le tendenze giovanili e guadagnandosi presto contratti sia con le riviste di moda, sia con importanti aziende che gli affidano le proprie campagne pubblicitarie.

Raggiunge una certa fama presso il grande pubblico grazie a una campagna per i jeans Jesus, che suscita accese polemiche per l’uso di citazioni evangeliche accostate a immagini provocanti, ma questo è solo l’inizio di una carriera destinata a svolgersi quasi sempre all’insegna della provocazione. Cura per una quindicina d’anni le campagne della Benetton, vera palestra sperimentale in cui, evitando il blando pseudo-realismo della fotografia pubblicitaria convenzionale, utilizza immagini proprie e di altri autori per sbeffeggiare svariati tabù su razza, guerra, sesso, religione, morte e funzioni corporali.
Nel 1992, arriva a mostrare un malato di AIDS moribondo, mentre le fotografie di alcuni condannati a morte ripresi in un carcere del Missouri suscitano quasi un caso diplomatico, costano alla Benetton un contratto milionario negli USA e, dopo molte tensioni, portano alla rottura definitiva tra il fotografo e l’azienda.
Negli stessi anni, Toscani crea «Colors», la prima rivista globale, e Fabrica, una scuola internazionale di arti e comunicazioni che ha curato la pubblicità per vari enti e organizzazioni internazionali.

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Oliviero Toscani, Famiglia gaySpesso impegnato anche in politica, sia a livello locale che nazionale come militante del Partito Radicale, e ormai a capo di un’azienda pubblicitaria di notevoli dimensioni, a cui collaborano anche i suoi figli, dagli anni Duemila in poi Toscani è andato sempre più oltre la fotografia e si è dedicato alla creatività della comunicazione in un senso assai ampio, occupandosi tra l’altro anche di programmi televisivi.

Spesso le sue campagne pubblicitarie più recenti sono state oggetto di censura, come quella choc del 2007 contro l’anoressia, che mostrava il corpo devastato dalla malattia di Isabelle Caro, modella e attrice francese, che a 27 anni pesava 31 chili per 1,65 metri d’altezza, e che sarebbe morta tre anni dopo. Anche la vita quotidiana di coppie omosessuali è stata protagonista di diverse immagini, mentre negli ultimi anni ha curato le campagne informative del Ministero della Salute e di quello dei Trasporti.

Insegnante di comunicazione visiva in diverse facoltà universitarie e autore di libri sulla comunicazione, Toscani è stato denigrato e ammirato quasi nella stessa misura da chi lo considera animato da un reale fervore morale, oppure da esibizionismo e puro calcolo: ma è certo che il suo approccio iconoclastico ha spesso colpito in modo efficace le nuove generazioni di consumatori, influenzando profondamente tutto il settore della fotografia pubblicitaria anche al di là dei confini italiani.

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