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Grandi fotografi grandi narratori – 33 Margaret Bourke-White

Margaret Bourke White, LifeNon sono moltissime le persone che possono vantarsi di aver compiuto per prime determinate imprese, nei settori più disparati dell’agire umano. Margaret Bourke-White, fotografa statunitense (New York, 14 giugno 1904 – Stamford, 27 agosto 1971), è stata la prima ad avventurarsi in settori della fotografia che fino a quel momento erano riservati esclusivamente ai suoi colleghi di sesso maschile, tanto da essere considerata a lungo un modello per le generazioni successive.

Nasce nel Bronx da una coppia piuttosto anticonformista per l’epoca – padre inventore e naturalista, madre casalinga atipica – e viene avviata agli studi di biologia, ma, dopo aver frequentato alcuni corsi di fotografia, ne rimane talmente coinvolta da decidere di farne subito la sua professione. La sua prima passione è la fotografia industriale, scelta già inconsueta per una donna, a cui inizia a dedicarsi dal 1927. Nelle sue immagini di fabbriche si possono leggere influenze dell’arte astratta e del cinema espressionista, oltre che l’entusiasmo per un progresso tecnologico che allora si credeva ancora illimitato.

Nel 1929, la Bourke-White incontra Henry Luce, allora caporedattore di Time, che la invita a partecipare alla creazione di una nuova rivista illustrata, Fortune, per la quale realizza molti servizi, anche se tra un viaggio e l’altro mantiene uno studio personale a New York.
Negli anni immediatamente successivi, che sono quelli della Grande Depressione, viaggia nel Sud degli Stati Uniti con il marito, lo scrittore Erskine Caldwell: insieme pubblicano un libro, You Have Seen Their Faces, testimonianza delle drammatiche condizioni di vita degli agricoltori ridotti alla fame dalla crisi economica.
Nel 1936, Henry Luce pubblica una nuova rivista, destinata a diventare per decenni un modello per la stampa illustrata di mezzo mondo: si tratta di Life, settimanale fino al 1978, quindi mensile fino al 2000 e poi pubblicato in modo irregolare fino al 2007, ma di cui resta consultabile in rete lo sterminato archivio fotografico.

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Margaret Bourke WhiteA Margaret Bourke-White tocca l’onore di scattare l’immagine della prima copertina di Life, il 23 novembre 1936: si tratta di una potente inquadratura della diga di Fort Peck, nel Montana, una delle grandi opere varate dall’amministrazione Roosevelt con il duplice scopo di rilanciare l’economia e favorire l’occupazione. Questa fotografia diventa subito famosissima, sia per la bellezza intrinseca, sia come simbolo del livello raggiunto dalla professionalità femminile, perché fino a quel momento le donne fotografe tendevano a restare chiuse nei loro studi, a scattare soprattutto ritratti e immagini “di genere”.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Margaret Bourke-White aggiunge un altro primato alla sua carriera, diventando la prima donna corrispondente di guerra. Documenta fin dal 1938 l’invasione tedesca della Cecoslovacchia e nel 1941, trovandosi con il marito in Russia durante l’avanzata delle truppe tedesche, diventa l’unico fotografo americano testimone dell’evento. È suo anche il primo ritratto non ufficiale di Stalin, il solo a circolare per molti anni al di fuori dell’URSS. Concentrata nella sua missione di diffondere il più possibile le testimonianze degli eventi storici, come dichiara più volte nel corso della sua esistenza, non esita a imbarcarsi sui bombardieri americani in volo sulla Germania, entra tra i primi nel campo di sterminio di Buchenwald e al principio degli anni Cinquanta segue la Guerra di Corea.

Poco tempo dopo, colpita dal morbo di Parkinson, è costretta a ridurre progressivamente la sua attività, dedicandosi alla stesura di un’autobiografia, Il mio ritratto, che nel 1963 diventa un bestseller. Muore nel 1971 per i postumi di una caduta accidentale.

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