Grandi filosofi e fenomeni culturali di massa, la “pop filosofia” delle serie tv
La filosofia e i suoi grandi rappresentanti appartengono al passato o al futuro? Per Tommaso Ariemma, docente universitario ora dedito all'insegnamento liceale, la filosofia si studia con le serie televisive che tanto piacciono ai ragazzi proprio perché incentrate su aspetti determinanti del filosofare che attirano l'attenzione del pubblico, in questo caso degli studenti. Ed ecco che nasce la “pop filosofia” che attrae ragazzi e insegnanti ma anche qualche critica.
Ne abbiamo parlato in un'intervista con Tommaso Ariemma, autore de La filosofia spiegata con le serie tv edito da Mondadori.
Per “svecchiare”, mi consenta il termine, una materia dai più ormai considerata “antica” lei ha inventato un metodo alquanto singolare. Perché e da dove ha origine l'idea?
L’idea ha innanzitutto origine dalle mie ricerche filosofiche, maturate negli anni di insegnamento universitario presso le Accademie di Belle Arti di Perugia e di Lecce come titolare della cattedra di Estetica. Lì ho potuto studiare attentamente molti fenomeni della cultura di massa, come le nuove serie tv, pubblicando numerosi volumi in merito. Una volta entrato a scuola, ho pensato di applicare la mia “pop filosofia” ai programmi liceali, con risultati sorprendenti soprattutto in termini di attenzione e partecipazione dei ragazzi. Si è trattato di applicare le mie competenze filosofiche, ma anche di un felice incontro con la passione dei ragazzi per le nuove serie tv.
La Filosofia si sposa alle serie tv come si adatta a ogni aspetto della vita e della quotidianità?
Si può fare filosofia di qualsiasi cosa. Tuttavia, le nuove serie tv come Lost, Breaking Bad, True Detective sono singolari proprio per la filosofia (o le filosofie) che veicolano. La componente filosofica è determinante, al punto da attirare enormemente l’attenzione del pensiero (e il desiderio di seguire dello spettatore). C’è quindi oggi un’affinità elettiva tra filosofia e serie tv che va colta. Usata in classe, rivoluziona in modo inaspettato la didattica.
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Gli antichi ci insegnano che fare politica equivale a vivere perché ogni scelta che compiamo, dalla più banale alla più complessa, è una scelta politica, consapevole o inconsapevole. Filosofare è un po' come fare politica secondo lei?
Non si può vivere senza una filosofia più o meno spontanea. Le nostre scelte, la nostra vita, sono orientate da pensieri. Lo studio della filosofia porta a perfezionare i pensieri che ci permettono di orientarci nel mondo. E quindi a renderci più vivi.
Come hanno accolto i suoi alunni l'innovativo quanto originale metodo di studiare i grandi filosofi?
All’inizio i ragazzi sono stati colti di sorpresa: non si aspettavano lezioni di filosofia così vicine al loro immaginario. In un secondo momento, non ne hanno più potuto fare a meno. Soprattutto non hanno potuto più fare a meno di intendere le ore di filosofia come un momento di produzione e trasformazione. L’insegnamento con le serie tv è infatti solo la punta dell’iceberg: studiando insieme i meccanismi alla base della nuova serialità (e uno fra tutti: la Poetica di Aristotele), i miei ragazzi sono invitati a produrre testi transmediali, ebook, video performance, ovvero a mettere in atto (davvero, questa volta) quella “scuola digitale” tanto promossa da governo, quanto poi inattuata per tutta una serie di motivi, come lo scollamento dalla concreta pratica didattica dei formatori. Io quest’anno ho tenuto delle prime lezioni di formazione sul mio metodo “pop filosofico” e ho riscontrato un grande entusiasmo.
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E i suoi colleghi invece come hanno reagito alle sue scelte didattiche?
Bene, in generale. Sono in tanti, da tutte le scuole italiane, a chiedermi suggerimenti e confronti su questa sperimentazione pop. C’è ancora però qualche diffidenza, ma solo da parte di colleghi che hanno, a mio parere, un’idea molto sterile (e in alcuni casi imbarazzante) dell’insegnamento della filosofia: irrigidito su contenuti arretrati, senza confronto con il testo del filosofo e senza una sua attualizzazione problematica. Per applicare il metodo pop c’è bisogno di fare ricerca, di sperimentazione e soprattutto del desiderio di far crescere tutta la classe, senza lasciare nessuno indietro. Alcuni docenti hanno ancora il mito del programma (che, tra le altre cose, con il metodo pop viene davvero svolto fino al contemporaneo), secondo cui bisogna andare “avanti”. Ma dove? Io voglio, invece, che i miei studenti siano “avanti”.
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Tre nomi tra i più noti: Nietzsche, Kant e Spinoza. In quali serie televisive bisogna andarli a cercare e perché?
Non credo che si tratti semplicemente di “andarli a cercare”. Spesso sono loro stessi a manifestarsi: come Parmenide o Nietzsche in True Detective, o Spinoza in The Young Pope. I filosofi vengono esplicitamente citati. Ma si possono fare anche interessanti esperimenti mentali, come accade nel mio libro: immaginare, ad esempio, Kant sull’isola di Lost. In questo modo non rinunciamo alla complessità, anzi la moltiplichiamo. Con il risultato di rendere il tutto ancora più avvincente e interessante per i ragazzi.
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