Gli “Ascolti d’autore” di Pierluigi Lucadei: per chi ama i libri e la musica
Gli appassionati di libri e di musica non potranno perdere Ascolti d’autore di Pierluigi Lucadei.
Pubblicato da Galaad Edizioni, il volume è uno squisito concentrato di musica e letteratura, frutto di venticinque interviste ad altrettanti scrittori e scrittrici, italiani e non, dell’ultimo cinquantennio. Leggerlo fa immediatamente venir voglia di comprare i loro libri e di ascoltare i dischi che autori come Niccolò Ammaniti, Vanni Santoni, Rick Moody, tanto per citarne qualcuno, hanno proposto nelle loro personalissime hit parade del cuore. Lucadei si diverte nel sottoporre i suoi intervistati al “fuoco di fila” delle domande, anche perché è pane per i suoi denti, visto l’amore viscerale per la musica e la letteratura che nutre e che coltiva accanto alla professione di medico legale. E diverte anche il lettore che trova decisamente stimolante confrontarsi con il mondo intimo e personale di questi autori, proposti sotto una lente nuova e inconsueta. Perché si sa, la musica può aiutare nella stesura di un romanzo, nella ricerca di un’ispirazione (per la cronaca: la colonna sonora di quest’intervista è Black is Black dei Los Bravos). Certamente da consigliare a tanti giovani scrittori e musicisti gli Ascolti d’autore di Pierluigi Lucadei.
Il binomio musica e letteratura è diventato inscindibile, specie nel XX secolo: quando si è accorto di questo legame e da quando ha cominciato ad indagarlo?
Il XX secolo, complice la nascita di generi musicali più popolari, prima il jazz, poi il rock’n’roll, poi l’hip-hop, ha vivacizzato un rapporto, quello tra musica e narrazione, le cui origini sono da rintracciare molto a ritroso nella storia della civiltà. Personalmente, sono sempre stato attratto dai romanzi che traggono dalla musica una speciale linfa, penso ai romanzi di Cortàzar, di Kerouac, a Great Jones Street di Don De Lillo, a Il soccombente di Thomas Bernhard. È venuto naturale andare più a fondo e cercare motivi comuni tra le mie più grandi passioni, i dischi e i libri.
L’elenco degli autori è davvero notevole: con quale criterio li ha selezionati? C’è qualcuno che si è rifiutato di essere intervistato?
Sono molto contento di poter dire che la lista finale dei venticinque scrittori che sono finiti nel libro è quasi sovrapponibile alla lista che avevo in mente quando ho iniziato a lavorare ad Ascolti d’autore. Ad alcuni nomi avevo pensato sin dall’inizio, ma non ero affatto sicuro che sarei riuscito ad intervistarli. E invece anche scrittori come Michael Chabon o Hanif Kureishi hanno accettato con entusiasmo di partecipare. Se avessi potuto, avrei aggiunto solamente due scrittori, Jonathan Lethem e Jennifer Egan, ma, per motivi diversi, non è stato possibile intervistare né l’uno né l’altra prima della chiusura del libro.
Ci sono poche donne, però, in questo elenco...
È vero, forse quattro donne su venticinque sono poche. Ma Dana Spiotta, Veronica Raimo, Claudia Durastanti e Antonella Lattanzi sono così agguerrite e rock che le loro interviste valgono almeno doppio.
Ci racconta qualche aneddoto simpatico o curioso legato a queste interviste?
Ho rincorso Efraim Medina Reyes per circa un anno. Non faceva che ripetermi che le risposte erano quasi pronte, ma mancava sempre qualcosa. Alla fine mi ha proposto di fare l’intervista in chat, su Skype, e io mi sono illuso di avere la mia intervista pronta. Invece lui ha pensato di mandarmi anche le due interviste che era andato scrivendo per un anno, una in italiano e una in spagnolo. Dopo aver aspettato invano per tutto quel tempo, all’improvviso avevo tre interviste! Il bello era che le tre interviste non combaciavano, così ho preso il meglio delle tre. Ho pescato soprattutto dall’intervista via chat e da quella in spagnolo. La risposta più geniale, però, l’aveva scritta in italiano: «Quante groupies hai avuto nella tua vita? Nessuna che sia disposto a riconoscere». Efraim è un personaggio formidabile!
Le riviste specializzate perdono sempre più lettori: che idea si è fatto in merito?
È tutto il sistema della discografia, così come lo conoscevamo fino a qualche anno fa, che vive una crisi irreversibile. Le riviste musicali fanno parte di quell'indotto delle case discografiche che paga un prezzo salatissimo e, così come sono scomparsi i negozi di dischi, credo che anche le riviste musicali spariranno tra non molto. È piuttosto triste. Per quanto inizialmente si pensasse il contrario, possiamo oggi pacificamente dire che dall’avvento di internet la musica non ci abbia guadagnato affatto. Resiste solo il business dei concerti. Che almeno non ci tolgano la musica live!
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La postfazione di Nicola Lagioia è una chicca che impreziosisce il suo lavoro: come ci è riuscito?
Nicola Lagioia, intanto, è stato uno dei primi scrittori che ho intervistato per Ascolti d'autore. Poi siamo rimasti in contatto, soprattutto per concordare gli articoli che di tanto in tanto scrivo per il blog minima&moralia e, quando gli ho chiesto di scrivere quel pezzo che, come dice lei, impreziosisce il mio lavoro, lui ha accettato con grande generosità. Non ero nemmeno sicuro di chiederglielo, poi mi sono autorizzato a osare. Non so spiegare bene il perché, ma ho pensato solamente a lui. Se non avesse accettato, il libro sarebbe uscito senza postfazione, non avrei chiesto a nessun altro. Considero un grande privilegio avere il suo contributo sul mio libro, Nicola è un intellettuale acutissimo e uno degli autori italiani più interessanti degli ultimi anni.
Ascolti d’autore avrà un sequel?
Non credo. L’esperienza di Ascolti d’autore è stata molto divertente ma penso che non mi divertirebbe più se si ripetesse all'infinito. Vorrei fare altre cose. Certo, se dovesse presentarsi la possibilità di fare un’intervista musicale a... che ne so, Philip Roth, rimangerei subito quello che ho appena detto.
Lei è un divoratore di libri e musica: a questo punto è d’obbligo chiederle la sua personale Top Five, visto che in questo momento sto intervistando un autore...
I miei cinque dischi: Darkness On The Edge Of Town di Bruce Springsteen, The Boatman’s Call di Nick Cave, Yankee Hotel Foxtrot dei Wilco, Philophobia degli Arab Strap, The Doctor Came At Dawn degli Smog. Non esiste, invece, che riesca a scegliere cinque romanzi.
È altrettanto d’obbligo un cenno alla copertina…
Jack Kerouac è in copertina per una serie di motivi. Intanto perché l’iconica foto di John Cohen che lo ritrae dedito all’ascolto della radio rende alla perfezione lo spirito del libro. Poi perché Kerouac è stato uno degli scrittori in assoluto più influenzati dalla musica. Nel suo caso si trattava del jazz ascoltato nei club di Harlem dove nacque il bebop, il Monroe’s e soprattutto il Minton’s. Proprio da quella musica e dai suoi principali protagonisti, Dizzie Gillespie e Charlie Parker, entrambi legati a Kerouac per diversi motivi, nasceva la febbrile prosa bop dell’autore di Sulla strada. Infine, ho scelto di mettere Kerouac in copertina perché anche a lui devo il mio amore per i libri. Sono stati i romanzi scoperti in adolescenza a rendermi schiavo del demone della letteratura e, tra questi, c’erano Sulla strada, I sotterranei, Big Sur. Sono libri che ho cercato di rileggere in epoche diverse della mia vita, senza trarne lo stesso senso di liberazione. All’epoca dei miei sedici anni, però, quei romanzi hanno avuto un effetto dirompente.
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