“Gli anni al contrario” di Nadia Terranova: la fatica di diventare adulti
Questo romanzo di Nadia Terranova, edito da Einaudi, è suggestivo fin dal titolo. Gli anni al contrario è la storia di due giovani vite, che si incontrano e si intrecciano quasi inconsapevolmente sotto il segno dell’illusione di chi non ha ancora esperienza, quella entro cui si ci sente forti e in grado di cambiare la realtà.
Messina 1977. Ancora prima che il destino incroci le loro strade, Giovanni e Aurora sono uniti dalle stesse aspirazioni: prendere le distanze dalla propria famiglia e trasformare la società in un “luogo” migliore in cui vivere. Così Aurora gioca il ruolo della ragazza emancipata, pronta a esplorare nuovi modi di concepire la vita, lontani dall’educazione cattolica che le è stata imposta durante l’infanzia e l’adolescenza. Negli anni dell’università partecipa con entusiasmo a dibattiti e manifestazioni, senza perdere comunque di vista lo studio, che per lei rappresenta da sempre la possibilità di raggiungere l’indipendenza rispetto al padre, uomo culturalmente limitato e convinto sostenitore dell’ideologia fascista. Giovanni, dal canto suo, è un testardo e rivela fin da bambino una certa insofferenza alle regole. Scopre attraverso il padre, un avvocato animato solo tiepidamente dai principi comunisti, la propria passione per la politica, soprattutto per quella di sinistra. La stessa passione non lo accompagna nello studio, tanto da vedersi costretto a farsi dare ripetizioni dalla studentessa più brava del suo corso.
Aurora e Giovanni si conoscono grazie a quelle differenze, che sembrano legarsi alla perfezione nella prima fase del loro rapporto; disciplinata e tenace lei, controcorrente e intraprendente lui. Si nutrono di progetti futuri, mettono a confronto le proprie idee divorandole insieme ai libri da studiare per gli esami. Il mondo si dispiega davanti ai loro occhi giovani e innamorati, come opportunità da sfruttare fino in fondo, anche quando, pochi mesi dopo il loro primo incontro, Aurora scopre di essere incinta. La dipendenza economica dai propri genitori è una preoccupazione che passa in secondo piano, rispetto a ciò che il nascituro rappresenta: l’affermazione di quella libertà che è concessa solo agli adulti. Con il sorriso sulle labbra si sposano e vanno a vivere insieme.
La nascita di Mara non coincide, però, con l’inizio di una nuova famiglia, in cui è possibile creare un proprio sistema di regole. Il personaggio della figlia, infatti, costituisce un autentico punto di contatto tra i due e la realtà, oltre che tra loro stessi, che si guardano per la prima volta alla luce di quanto li differenzia caratterialmente. Aurora rinuncia alla partecipazione politica, si prende cura della bambina e concilia con grande sacrificio studio e lavoro. Giovanni, invece, divorato da un credo politico sempre più cieco e degenerante, perde il controllo della propria vita, riducendosi come padre e marito a una figura assente e inaffidabile. Ben presto le insicurezze, mai avvertite prima, affiorano numerose e quelli che una volta erano sogni e speranze adesso si chiamano delusioni.
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Cosa significa vivere gli anni al contrario? Gli anni scorrono sempre verso un’unica direzione, e anche se questo è un dato di fatto, spesso si ha la sensazione che la fine di un percorso dovrebbe esserne l’inizio e che di conseguenza nell’andamento naturale del tempo ci sia qualcosa di sbagliato. Si guarda al passato come a una chance mancata, o ancora come a una serie di eventi necessari, che non possono più essere ripresi e rivissuti con la consapevolezza acquisita nel presente. Aurora e Giovanni si muovono in questa dinamica controversa, scoprendo troppo tardi la fragilità del loro rapporto e non riuscendo a recuperare quel poco che ne è rimasto. Si rivela anche fragile la relazione tra la vita pratica e gli ideali in cui hanno creduto, messi fuori gioco ogni volta dalle diverse esigenze quotidiane. Il senso di onnipotenza, che trovava sfogo negli incontri con i “compagni”, si traduce così in una frustrazione da consumare in solitudine.
Giovanni e Aurora potrebbero essere due giovani del nostro tempo, che percorrono la crisi attuale con le mani legate, posti di fronte a un mondo che non coincide con le loro aspettative. Gli anni ‘70 e ‘80 raccontati da Nadia Terranova non sono quelli mitici, cui si rapportano nostalgicamente anche coloro i quali non li hanno vissuti in prima persona. Qui non ci sono eroi da contrapporre ai comuni mortali di oggi, ma le tensioni che caratterizzano da sempre il rapporto tra l’uomo e il processo storico. A rendere universale questa esperienza particolare, è soprattutto il modo in cui è raccontata. Nadia Terranova sembra eclissarsi lasciando al proprio ruolo di narratore il compito di presentare le cose nella loro essenza. Nessuna parola sembra essere superflua e nessuna scena è inserita per compiacere il lettore, che può affidarsi a un proprio senso critico e non a ciò che gli viene suggerito implicitamente. Ci si sente veramente adulti e responsabili nel leggere questo romanzo, in cui i protagonisti faticano a crescere e a mettersi in linea con quanto la società richiede loro.
Questi sono gli anni al contrario di Nadia Terranova, quelli che si lasciano vivere tutti d’un fiato dalla prima all’ultima pagina.
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